Quella della rendicontazione aziendale degli aspetti non finanziari legati alla sostenibilità è una questione ormai all’ordine del giorno nelle priorità delle aziende. Non a caso, è in costante aumento il numero delle società che stilano un bilancio di sostenibilità, spesso anche in maniera volontaria quando non obbligate dall’attuale legislazione.
Siamo oggi sempre più vicini all’approvazione della direttiva europea CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) che indicherà le misure da seguire nella stesura della documentazione di rendicontazione delle attività aziendali e normerà il sistema del reporting in merito agli aspetti ambientali, sociali e di governance (ESG). La direttiva, che si baserà sugli standard comuni europei di rendicontazione della sostenibilità (ESRS) attualmente in fase di sviluppo da parte dell’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG), andrà a sostituire l’attuale NFRD (Non Financial Reporting Directive) in vigore dal 2014 e interesserà, a partire dal 2024, oltre 50.000 aziende, rispetto alle 12.000 attuali.
Indice
Cos’è il bilancio di sostenibilità?
Il bilancio di sostenibilità è un documento di rendicontazione aziendale nel quale un’impresa comunica la propria performance ESG e gli eventuali progressi effettuati in ambito ambientale, sociale e di governance.
Per decidere come rendicontare gli aspetti legati alla sostenibilità le aziende hanno due opportunità: stilare un report integrato dove gli aspetti non finanziari sono contenuti nello stesso documento di quelli finanziari, oppure separare le informazioni e pubblicare a parte una dichiarazione non finanziaria ossia il bilancio, appunto, di sostenibilità.
In Italia il decreto legislativo con cui è stata recepita la direttiva del 2014, e che stabilisce le regole da seguire nella redazione del bilancio di sostenibilità, è il Dlgs. 254/2016. Secondo quanto definito dal decreto, il documento dovrà contenere almeno informazioni relative all’utilizzo di risorse energetiche, distinguendo fra quelle prodotte da fonti rinnovabili e non rinnovabili, e all’impiego di risorse idriche; alle emissioni di gas ad effetto serra e inquinanti in atmosfera; all’impatto, ove possibile sulla base di ipotesi o scenari realistici anche a medio termine, sull’ambiente nonché sulla salute e la sicurezza, associato ai fattori di rischio. Dovranno poi essere rendicontati gli aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale, incluse le azioni poste in essere per garantire la parità di genere, le misure volte ad attuare le convenzioni di organizzazioni internazionali e sovranazionali in materia, e le modalità con cui è realizzato il dialogo con le parti sociali; le informazioni riguardanti il rispetto dei diritti umani, le misure adottate per prevenirne le violazioni, nonché le azioni poste in essere per impedire atteggiamenti ed azioni comunque discriminatori; infine informazioni riguardanti la lotta contro la corruzione sia attiva sia passiva, con indicazione degli strumenti a tal fine adottati.
Nel caso in cui un’azienda non ponga in essere politiche in relazione a uno o più di questi ambiti, il decreto prevede che sia necessario fornire all’interno della medesima dichiarazione, per ciascuno di tali ambiti, le motivazioni della scelta adottata, indicandone le ragioni “in maniera chiara e articolata”.
Ciascun aspetto, infine, dovrà essere rendicontato seguendo “le metodologie ed i principi previsti dallo standard di rendicontazione utilizzato quale riferimento o la metodologia di rendicontazione autonoma utilizzata ai fini della redazione della dichiarazione”. Al momento è in atto il processo di stesura di nuovi standard, sia da parte dell’EFRAG sia dell’ISSB (International Sustainability Standards Board) che sta lavorando assieme al GRI, per armonizzare e uniformare i bilanci a livello sia europeo che internazionale e favorirne la lettura e la comprensione da parte degli enti interessati, tra cui gli operatori finanziari.
Chi deve pubblicarlo?
A oggi, l’obbligo di rendicontazione è previsto solo per gli enti di interesse pubblico che abbiano avuto un numero medio di dipendenti superiore a 500 durante l’esercizio e, alla data di chiusura del bilancio, soddisfino almeno uno dei seguenti criteri: o un totale dell’attivo dello stato patrimoniale superiore a 20 milioni di euro; oppure un totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiore a 40milioni di euro. Per lo più, dunque, sono soggetti ad obbligo grandi emittenti con valori mobiliari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato dell’Unione europea, grandi banche (quotate o non) e grandi compagnie di assicurazione (quotate o non).
Il bilancio di sostenibilità è inoltre obbligatorio, dal luglio 2019, anche per gli enti del terzo settore in applicazione al decreto ministeriale “Adozione delle Linee guida per la redazione del bilancio sociale degli enti del Terzo settore”.
Come accennato all’inizio, però, l’Unione Europea è al lavoro ed estenderà tali obblighi. È già stato reso noto, per esempio, che i nuovi requisiti dell’UE in materia di rendicontazione della sostenibilità si applicheranno a tutte le grandi imprese, quindi con oltre 250 dipendenti e un fatturato di 40 milioni di euro, e a tutte le quotate, a eccezione delle microimprese; seppur soggette a standard meno stringenti, anche le PMI aderiranno al nuovo sistema a partire dal 2026, mentre altre potranno scegliere di non farlo fino al 2028.
I vantaggi per chi redige un bilancio di sostenibilità
Redigere un bilancio di sostenibilità ha numerosi vantaggi che riguardano aspetti differenti. Per esempio, permette di monitorare la correlazione e i legami tra performance non finanziaria e finanziaria; ha sempre più un’influenza positiva in termini reputazionali, dal momento che la sostenibilità sta diventando un requisito fondamentale soprattutto nelle decisioni di consumo delle generazioni più giovani e nelle scelte degli investitori; favorisce la mitigazione degli impatti ambientali, determinato dal monitoraggio degli impatti e lo sforzo nella riduzione degli stessi; e, infine, permette di individuare rischi e nuove opportunità aziendali.
Best practice: alcuni esempi
In Italia sono 210 le società che, secondo quanto riportato dalla Consob, hanno pubblicato al 31 dicembre 2021 la dichiarazione di carattere non finanziario. Tra queste vi sono Eni ed Enel. È a partire dal 2006 la prima e dal 2009 la seconda, infatti, che hanno iniziato a presentare un documento relativo agli aspetti non finanziari.
Eni ed Enel operano nel settore energetico. Nella lotta al cambiamento climatico la transizione energetica verso fonti di energia rinnovabile è centrale e anche per questo motivo è diventato sempre più importante monitorare gli impatti delle società che operano nel settore dell’energia e le azioni da queste intraprese.
Bilancio di sostenibilità di Eni
Il bilancio di sostenibilità di Eni, Eni for 2021, presenta i risultati in abito ESG del gruppo e il proprio contributo per una “just transition”, una transizione energetica che garantisca l’accesso ad un’energia efficiente a emissioni nette zero e sostenibile sia da un punto di vista economico che sociale. Il documento si articola secondo le tre leve del modello di business integrato dichiarate dal gruppo, ossia la neutralità carbonica al 2050, l’eccellenza operativa e le alleanze per lo sviluppo, ed è composto anche da uno speciale che racconta l’obiettivo di Eni di raggiungere la neutralità carbonica al 2050, redatto sulla base della Task force on Climate-related Financial Disclosure – TCFD, e da un allegato sulle performance di sostenibilità degli ultimi cinque anni.
Anche quest’anno, per la terza volta consecutiva, World Business Council for Sustainable Development, l’organizzazione guidata dai CEO di oltre 200 grandi aziende sostenibili, ha incluso Eni tra le 10 aziende più performanti per la sua reportistica di sostenibilità.
Bilancio di sostenibilità di Enel
Il bilancio di sostenibilità di Enel, Open power for a brighter future. We empower sustainable progress, racconta gli impegni e i risultati raggiunti in ambito ESG. È diviso in due sezioni principali. La prima, Il nostro progresso sostenibile, descrive la società nel suo complesso, il suo modello di business e i principali indicatori di performance, il contesto ESG di riferimento in cui opera, le priorità d’azione e i principali obiettivi del Piano di Sostenibilità 2022-2024, oltre che il posizionamento nei rating e indici ESG. La seconda, Le nostre performance, con una vista per tema, descrive i risultati del piano di sostenibilità, i pilastri della strategia sostenibile, i cosiddetti acceleratori della crescita, nonché le fondamenta sostenibili.
In un’appendice finale, poi, sono riportati i criteri di redazione del bilancio; i principali indicatori quantitativi relativi alle performance di sostenibilità; i “Content Index” che forniscono chiavi di lettura semplificate in relazione a GRI, SASB, TCFD, WEF e diritti umani; e, infine, il prospetto della proporzione delle attività considerate ecosostenibili per la tassonomia europea.