Oggettivamente non è esagerato affermare che negli ultimi 12 mesi le banche centrali dei mercati sviluppati hanno compiuto un cambiamento totale della politica monetaria. La domanda che sorge spontanea è: l’uso precoce dello strumento dei tassi di policy smussati sarà efficace per riportare l’inflazione verso il target nel breve periodo? La risposta è “sì”. Gli effetti di base, l’inverno mite in Europa, le condizioni di domanda e offerta quasi completamente corrette ed equilibrate nei mercati dei beni (di base e tecnologici) rendono le prospettive promettenti. L’inflazione dei servizi negli Stati Uniti sta rallentando. L’UE seguirà. Negli Stati Uniti e nell’Unione Europea i dati sull’inflazione si adegueranno con forza nei prossimi 6-9 mesi.
Rimane però una domanda: “Le banche centrali saranno in grado di mantenere l’inflazione intorno al livello target del 2,00% nel lungo periodo?”. Dall’inizio del 2022 si è verificato un cambiamento particolare. La politica delle banche centrali basata sulla forward guidance e sull’interventismo del QE è stata abbandonata e sostituita da un ciclo di rialzi tradizionali. Si è deciso di abbassare molto la domanda aggregata per placare l’inflazione. Il fatto è, tuttavia, che l’accelerazione dell’inflazione è di natura esogena ed impatta i costi nei settori energetico, alimentare e dei microchip…. Inoltre, il commercio globale è una rete che coinvolge molti paesi e ciò. favorisce l’inflazione. Questo approccio è molto probabilmente inadeguato, poiché i potenziali danni collaterali potrebbero essere elevati per quanto riguarda la capacità produttiva e la crescita potenziale.
Nei prossimi sei mesi, le banche centrali giocheranno l’ultimo atto dei rispettivi giochi al rialzo. Ma, ripetiamo, l’impatto è altamente incerto. Esistono valutazioni contrastanti sui ritardi della stretta monetaria sui mercati del lavoro. Le masse di baby boomer che andranno in pensione, un’importante fetta della società, accanto a un ostinato squilibrio di competenze, ha portato a condizioni di lavoro persistenti e rigide. Tuttavia, le aziende potrebbero reagire con forza quando i licenziamenti aumentano di numero e di dimensioni in tutti i settori. La dinamica del mercato del lavoro potrebbe subire una svolta.
Le preoccupazioni per l’inflazione vengono sostituite da quelle per la crescita. Le economie dei mercati emergenti verranno in soccorso? Nel 2024 (ma anche in seguito) potrebbero manifestarsi venti di deflazione. Inoltre, l’impatto negativo delle attuali condizioni finanziarie rigide danneggerà gli obiettivi di transizione energetica fissati dai governi dei Paesi sviluppati. L’aumento del costo del capitale ritarda le strategie di efficientamento energetico. Aumenta anche l’onere delle politiche fiscali che diventano vincolanti nel sostenere i programmi di investimento pubblico in mobilità, tecnologie verdi e infrastrutture sostenibili.
Notiamo un aumento del rischio di “blocco” delle emissioni di CO2. Inizialmente, le tecnologie sostenibili sono più capital intensive rispetto alle tecnologie basate sui combustibili fossili. Questo rischio cresce quando un contesto di “crisi-multipla”, in cui i rischi attuali (costo della vita, disastri naturali, confronto geoeconomico…) si intersecano con le crisi emergenti (mancata mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, migrazioni involontarie su larga scala…), favorisce il prevalere di “vecchi e noti modi di produzione e consumo”.
È strano vedere come la BCE, ad esempio, si sia allontanata da una serie di politiche altamente interventiste e mirate che hanno avuto un impatto sul settore bancario (TLTRO), sul settore aziendale (CSPP) e su quello pubblico (PSPP). La credibilità della BCE (e della FED) nella lotta all’inflazione non è a rischio, poiché osserviamo aspettative di inflazione a lungo termine normalizzate, in linea con gli obiettivi di mercato. Perché spingersi oltre e rischiare condizioni recessive che potrebbero persistere in un ecosistema in crisi-multipla?
Le banche centrali mantengono un’aura di misticismo. Eppure, l’approccio per tentativi ed errori cui si è assistito negli ultimi tre anni merita attenzione. Come la reazione allo scoppio della pandemia è stata fuori misura, chiaramente anche l’attuale zelo nell’inasprimento dei tassi potrebbe essere fuori misura.