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Intervista a Daniela Bernacchi, Executive Director, UNGCN Italia

UNGCN: la sostenibilità è sempre più percepita dal settore privato come investimento e non come costo

Con oltre 20.000 imprese, provenienti da 160 paesi, l’UN Global Compact (UNGC) è l’iniziativa di sostenibilità aziendale più grande al mondo. In Italia attualmente sono più di 550 le aziende che vi hanno aderito impegnandosi così nel progresso continuo in ambito ESG e nel raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU, gli SDGs. Un numero, quello delle realtà affiliate, in costante crescita negli ultimi anni e che dimostra come, nonostante la forte instabilità del contesto geopolitico internazionale, lo sviluppo sostenibile è un cammino che sempre più aziende decidono di percorrere.

“Le ragioni di questa crescita possono ridursi ad una: la sostenibilità è sempre più percepita dal settore privato come investimento e non come costo” afferma Daniela Bernacchi, Executive Director, UN Global Compact Network Italia, in questa intervista a ESGnews in cui spiega come un approccio sostenibile al business e l’integrazione dei principi di sostenibilità al livello strategico apportano benefici su vari fronti, traducendosi nel lungo periodo anche in un vantaggio economico. A una condizione: l’approccio della corporate governance deve essere “trasformativo”. Le aziende devono riuscire a verticalizzare e a integrare nei piani pluriennali gli elementi di sostenibilità e i CdA devono poter contare su competenze specifiche, interne o esterne.

“Il concetto di Governance Trasformativa”, prosegue Bernacchi, “nasce dalla consapevolezza di quanto sia necessaria un’accelerazione dell’impegno business per gli SDGs al fine di dare pieno compimento all’Agenda 2030 ONU. Secondo questo approccio, infatti, la sostenibilità agisce da fattore di accelerazione sia al livello interno all’azienda – orientando il purpose in ottica di pianificazione strategica e allineamento dei processi – sia al livello esterno, coinvolgendo gli stakeholder classici (fornitori, clienti/ consumatori, settore finanziario) e allargando lo spettro anche agli attori dell’ecosistema nel quale l’azienda opera (Istituzioni, terzo settore)”.

Il 2024 ha visto una grande crescita nelle adesioni al Global Compact Italia, con oltre 110 nuovi partecipanti. Come leggere questo interesse da parte delle aziende?

Il 2023 aveva portato oltre 110 nuove adesioni all’UN Global Compact da parte di aziende italiane, ed il 2024 sta confermando una tendenza positiva. Il Global Compact delle Nazioni Unite è in crescita in tutto il mondo, non solo in Italia, e questo dimostra come lo sviluppo sostenibile – nonostante la forte instabilità del contesto geopolitico internazionale e il proliferare e propagarsi di drammatici conflitti bellici – sia un cammino, uno sforzo congiunto e sinergico, senza possibilità di ritorno. In altre parole, la comunità internazionale già impegnata per lo sviluppo sostenibile non intende arretrare di un solo passo nel percorso di avanzamento dell’Agenda 2030 e degli SDGs. Anzi, cresce ed accelera il suo impegno. Come rete locale del Global Compact, ci arricchiamo anno dopo anno della presenza di nuove realtà imprenditoriali, anche attive in settori strategici dell’economia italiana. Cresce la partecipazione sia dei big player che delle piccole e medie imprese, a testimonianza della capacità del Network di far fronte a diversi gradi di maturità e strutturazione dei profili di sostenibilità aziendali, e di garantire un’offerta di programma varia e customizzata. Inoltre, la partecipazione di attori di diversa tipologia alla rete italiana del Global Compact Onu, favorisce anche lo scambio e l’interazione, anche in una logica di filiera. Aumenta anche la diversificazione tra i vari settori merceologici che toccano comparti chiave dell’economia italiana e spaziano dall’energia alla moda, fino alla grande distribuzione e le utilities.

Le ragioni di questa crescita possono ridursi ad una: la sostenibilità è sempre più percepita dal settore privato come investimento e non come costo. Un approccio sostenibile al business e l’integrazione dei principi di sostenibilità al livello strategico apportano benefici su vari fronti, traducendosi nel lungo periodo anche in un vantaggio economico. Per fare alcuni esempi: miglioramento della brand reputation; catene di fornitura più stabili e affidabili; maggiore benessere sul posto di lavoro per i dipendenti e collaboratori, che si traduce in performance migliori; maggiore accesso al credito e alle opportunità di finanziamento.

La scelta di orientarsi alla sostenibilità può comportare una ri-organizzazione dei processi produttivi. Questo è tanto più vero, quanto più l’orientamento aziendale verso i principi dello sviluppo sostenibile avviene al livello strategico, generando un effetto a cascata su dimensione esterna e interna, interessando Unit e funzioni, politiche, processi, operazioni e attività. L’ambizione di “essere sostenibili” implica anche l’attivazione di procedure di monitoraggio e valutazione dei rischi e degli impatti, che prima o riguardavano solo alcuni ambiti (per esempio la dimensione economico-finanziaria).
Per l’azienda, l’adozione di un approccio sostenibile al proprio business può certamente costituire un costo nel breve termine, per poi trasformarsi in un investimento con un ritorno anche di tipo economico nel lungo periodo. Diversi studi, dimostrano come le aziende sostenibili performino meglio, oltre ad essere più resilienti.

La normativa europea, infine, con le recenti Direttive CSDDD e CSRD, ha dato ulteriore propulsione al coinvolgimento delle filiere nelle strategie di sostenibilità aziendali, e all’impegno sul reporting di sostenibilità da parte del settore privato.

A che punto siamo nell’orientare i modelli produttivi verso principi di sviluppo sostenibile?

Focalizzandoci sulla dimensione europea, un recente studio realizzato da dieci Country del Global Compact (tra i quali, Italia, Francia, Spagna, Turchia), European Private Sector SDG Stocktake 2024, ha registrato che le aziende del Vecchio Continente dimostrano un forte grado di comprensione degli SDGs, con il 69% che ritiene di averne una conoscenza approfondita e il 59% che afferma di integrarli all’interno della sua strategia di sviluppo sostenibile. Per il 32% degli intervistati, inoltre, i 17 Global Goals costituiscono uno schema, o una linea guida, utile ed efficace per far fronte alle crescenti prescrizioni della normativa su sostenibilità della filiera e rendicontazione non finanziaria.

Secondo lo studio, il settore privato europeo intraprende principalmente azioni a favore della parità di genere (SDG 5 – 44%), del lavoro dignitoso e della crescita economica (SDG 8 – 44%) e del contrasto al cambiamento climatico (SDG 13 – 40%). Ciò conferma come l’impegno del settore privato sulla dimensione ambientale della sostenibilità (approccio circolare, riduzione delle emissioni dirette e indirette, tutela e rispristino di biodiversità ed ecosistemi, ecc.) sia progressivamente accompagnato da una crescente ambizione delle aziende in ambito sociale. Le due dimensioni sono infatti fortemente interconnesse.

Come Network italiano, proprio un anno fa, abbiamo lanciato il nostro primo “Manifesto delle Imprese per le Persone e la Società”, a supporto di un maggiore impegno delle imprese nella dimensione sociale della sostenibilità, documento che in dieci punti declina l’impegno del settore privato per i diritti umani, i diritti del lavoro, la non discriminazione, il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici, la parità e l’inclusione, le comunità locali, e che al momento conta oltre 170 aziende firmatarie. 

Sicuramente, sia al livello europeo che nazionale, resta ancora un buon margine di sviluppo nell’attività di reporting sulla sostenibilità da parte del settore privato. Lo studio European Private Sector SDG Stocktake 2024 mostra che contributo allo sviluppo sostenibile e agli SDGs non è ancora misurato dalle aziende in modo sistematico ed efficiente, poiché solo un terzo degli intervistati ha fissato obiettivi specifici, misurabili e vincolati nel tempo per verificare il proprio impegno e la propria azione, così come i progressi. Lo scenario migliora leggermente guardando ai dati italiani: per misurare il proprio contributo ai Global Goals, il 43% delle imprese del campione italiano utilizza indicatori di performance specifici, misurabili e fissati nel tempo, mentre il 46% si limita a utilizzare semplici KPI di performance senza obiettivi temporali e misurabilità. Un 11%, invece, non utilizza alcun tipo di misurazione.

La governance di un’azienda rappresenta le fondamenta su cui costruire le policy e la strategia. Voi avete introdotto il concetto di governance trasformativa. Cosa si intende?

La decisione di UN Global Compact di approfondire e lanciare una nuova visione (e ambizione) del concetto di corporate governance, la cosiddetta Governance Trasformativa, nasce dalla consapevolezza di quanto sia necessaria un’accelerazione dell’impegno business per gli SDGs al fine di dare pieno compimento all’Agenda 2030 ONU. Secondo questo approccio, infatti, la sostenibilità agisce da fattore di accelerazione sia al livello interno all’azienda – orientando il purpose in ottica di pianificazione strategica e allineamento dei processi – sia al livello esterno, coinvolgendo gli stakeholder classici (fornitori, clienti/ consumatori, settore finanziario) e allargando lo spettro anche agli attori dell’ecosistema nel quale l’azienda opera (Istituzioni, terzo settore). Il concetto di Governance Trasformativa – approfondito proprio nell’ultimo Position Paper redatto da UNGCN Italia e presentato durante l’High-Level Political Forum 2024 di New York – può assumere diverse forme e concretizzarsi in varie tipologie di attività: al livello di pianificazione strategica (obiettivi) e risk assessment; in termini di formazione ed engagement dei dipendenti per creare una consapevolezza diffusa; o, come ulteriore esempio, nell’adozione di processi aziendali di due diligence che si basano su considerazioni di tipo ambientale e sociale. Guardando alla dimensione esterna, l’approccio di Governance Trasformativa punta non solo a sensibilizzare stakeholder tradizionali, quali fornitori, Istituzioni e comunità, ma anche a dar vita a partnership strutturate con il terzo settore per aumentare l’impatto sul territorio e ad alleanze strategiche con associazioni di categoria con cui condividere le best practices.

Dall’indagine condotta alla base del Position Paper, senza dubbio sono emersi poi chiaramente il tema dell’indirizzo strategico dell’azienda e quello delle competenze specifiche. Tanto più un’azienda riesce a verticalizzare e a integrare nelle strategie pluriennali gli elementi di sostenibilità, tanto più si sta già muovendo verso una Governance TrasformativaL’altro elemento fondamentale è, però, quello delle competenze apicali: non tutti i Consigli di Amministrazione, infatti, possono contare su competenze di sostenibilità. Per colmare questo gap, soprattutto nelle aziende quotate, sono valutati i comitati endoconsiliari, ma ci sono anche altre opportunità da cogliere: ad esempio, con quelli che vengono definiti come “NED”, Non Executive Director, cioè Direttori senza deleghe esecutive che entrano nei board con competenze specialistiche. Oppure, anche la possibilità di affiancare ai board esperti esterni: sono tutte modalità utilizzate per rendere trasversali le tematiche di sostenibilità in assenza di competenze specifiche al livello apicale.

Quali sono i prossimi appuntamenti dell’UN Global Compact?

Abbiamo presentato di recente al Salone CSR e IS di Milano, le nostre nuove Linee guida per la stesura di un Codice di Condotta per i Fornitori, a supporto delle aziende impegnate sulla sostenibilità della filiera. Ci prepariamo ora alla nona edizione del nostro Italian Business & SDGs Annual Forum, che quest’anno si terrà a Genova e sarà incentrato sul tema della Sostenibilità e Transizione Digitale, esplorando il duplice ruolo che questo connubio rappresenta: da un lato la digitalizzazione e le nuove tecnologie sono fattori abilitanti per accelerare l’implementazione di modelli di business più sostenibili ma, dall’altro, pongono delle sfide e rischi importanti, che vanno affrontati in un’ottica di sistema.

La due giorni riunirà oltre 150 professionisti di settore, principalmente attivi in aziende aderenti al Network italiano dell’UNGC. Leader e manager d’impresa impegnati sullo sviluppo sostenibile all’interno delle rispettive organizzazioni, si incontreranno per approfondire tematiche considerate attuali e prioritarie, dialogare e scambiare percezioni, esperienze e buone pratiche. Al loro fianco, ci saranno anche rappresentanti di organizzazioni stakeholder, come Università e NGOs, essendo tra gli obiettivi del network anche quello di favorire sinergie e partnership fra profit e non profit.