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Intervista

Ison (Columbia Threadneedle): ecco le tre domande per capire se un’azienda è davvero sostenibile

Come fare a capire se un’azienda è veramente sostenibile e non farsi irretire da slogan che possono nascondere pratiche di greenwashing? Il tema è di grande attualità e riguarda gli investitori, che vogliono assicurarsi di indirizzare i propri risparmi verso società virtuose. Ma tocca anche le stesse società, soprattutto quando si guarda alla fascia delle piccole e medie imprese, che sono interessate a capire come intercettare l’interesse degli investitori istituzionali e quali messaggi dare per mostrare la credibilità del proprio impegno ESG.

“Certo per le società di minori dimensioni è più difficile farsi scorgere nel panorama delle società sostenibili”, osserva Dan Ison, Gestore di portafoglio di Columbia Threadneedle Investments, “non hanno a disposizione staff numerosi e quindi per loro è più faticoso predisporre i dati e fornire le informazioni necessarie per mettersi in luce agli occhi degli investitori. Tuttavia, con un po’ più di lavoro di analisi, si riescono a trovare aziende con profili interessanti, anche tra quelle di minori dimensioni”. Quindi la sostanza non manca. Anzi, è spesso proprio andando a puntare sulle aziende meno conosciute, che non rientrano nel radar dei grandi fondi indicizzati, che si trovano quelli che saranno i campioni di domani. Ison ha spiegato in questa intervista a ESGnews quali sono le priorità da verificare per scoprire se un’azienda sia veramente green.

Quali sono le domande giuste da porre per capire se un’azienda farà veramente quello che promette in ambito ESG?

Un aspetto importante riguarda il coinvolgimento diretto dei manager ai risultati. Bisogna valutare quali sono gli incentivi posti dai piani di incentivazione ai dipendenti in termini di quota del bonus, sia annuale sia di lungo termine, legata al raggiungimento degli obiettivi ESG. Anche i business plan più promettenti possono fallire se non c’è allineamento tra gli obiettivi dei piani e quelli della struttura.

E sugli obiettivi come comprendere se sono credibili?

In secondo luogo, non bastano solo i piani di lungo periodo. Senza obiettivi dettagliati e verificabili a breve e medio periodo, le promesse di lungo temine rischiano di risuonare come slogan vuoti di sostanza. È facile dichiarare “saremo Net Zero al 2050”, ma se non si dà modo di controllare passo dopo passo i miglioramenti ottenuti si rischia di scivolare nel greenwashing. Infine, è fondamentale che i target climatici, siano scientificamente provati secondo i cosiddetti science based targets. Per noi gestori è importante avere la garanzia da parte di un ente esterno che gli obiettivi siano fissati secondo un framework che certifichi che sono in linea con l’Accordo di Parigi per mantenere il riscaldamento climatico al di sotto di 1,5 gradi.

E le società più piccole come per esempio quelle dell’EGM, il mercato alternativo della Borsa Italiana (ex AIM), come sono messe sul fronte della sostenibilità?
Dan Ison, Portfolio Manager di Columbia Threadneedle Investments

L’Italia ha moltissime eccellenze tra le piccole aziende anche sul fronte della sostenibilità. Per le società più piccole, e non solo per quelle italiane, è certamente più complesso riuscire a predisporre tutti i dati che servono agli investitori e quindi l’analisi richiede un maggiore lavoro.

Ma questo non ci spaventa anche perché è spesso proprio andando a riconoscere le potenzialità di alcune imprese che si trovano i titoli più interessanti.

Noi abbiamo investito in diverse società medio piccole con un focus sulla sostenibilità.

Come possono quindi fare le piccole per mettersi in luce?

Penso a Brunello Cucinelli, un’azienda eccellente focalizzata sul sociale, che ha portato avanti il concetto di profitto equo e di qualità dei prodotti, valori che sono stati riconosciuti dal mercato.

Uno dei temi imprescindibili per le aziende che vogliono dirsi sostenibili è quello della decarbonizzazione. Quali indicazioni trarre dalle sfide emerse dalla COP26?

Da eventi come quello della COP26 emergono macro-indicazioni di tendenza molto importanti, ma che è difficile tradurre in decisioni di investimento. Per esempio, è un ottimo segnale che l’India abbia dichiarato di voler diventare carbon neutral nel 2070, mostrando la direzione verso cui vuole tendere.

Ma dalla COP26 sono arrivati anche segnali contraddittori. Pensiamo ai messaggi pro ambiente del presidente americano Joe Biden, quando al contempo gli Stati Uniti stanno facendo pressione sull’Opec perché aumenti la produzione di petrolio. Sono tuttavia elementi che vanno a influire più sullo scenario di fondo e che però non hanno un effetto diretto sulle decisioni di portafoglio. Diverso è il caso di piani più specifici come per esempio il Fit for 55 della Commissione europea. Si tratta di proposte che, se approvate, danno una chiara indicazione su quali settori puntare. Anche il pacchetto di incentivi all’efficienza energetica in Italia e in Francia rappresentano un ottimo punto di partenza per capire quali aziende potranno essere beneficiate da tali misure.