Negli anni gli azionisti si sono abituati a votare su un ampio spettro di proposte, dall’elezione dei membri del consiglio alle delibere sulle politiche di diversità, alle modalità di remunerazione dei dirigenti. Ultimamente, però, nelle stagioni di assemblee generali più recenti si sono diffuse sempre più proposte legate al cambiamento climatico, come nel caso delle proposte relative all’iniziativa Say on climate. Ciò indica la crescente rilevanza di questo tema per investitori e imprese. In particolare, le proposte Say on climate sono spesso il risultato della pressione degli azionisti che invitano un’azienda ad adottare una strategia climatica e sottoporla a votazione. Gli azionisti votano su queste proposte in funzione della posizione dell’impresa, se avviata su un percorso di decarbonizzazione ragionevole, o nel caso in cui reputassero il programma carente, rendendo necessario qualche intervento. In questa intervista Luisa Florez, Head of Research in Responsible Finance di Ofi Invest AM ripercorre le ultime proposte e risoluzioni relative al cambiamento climatico della società di asset management, che ha votato recentemente alle assemblee di TotalEnergies ed Engine.
La questione climatica è ancora un punto centrale nelle agende delle assemblee generali delle società. Qual è la posizione di Ofi Invest AM in proposito?
Tra le risoluzioni delle imprese in materia di cambiamenti climatici, dette anche Say on climate, Ofi Invest AM presta particolare attenzione a quelle riguardanti gli obiettivi di abbattimento delle emissioni di CO2 per il breve, medio e lungo periodo. In particolare, verifichiamo che questi siano compatibili e in linea con l’obiettivo di mantenere l’innalzamento medio delle temperature al di sotto degli 1,5°C, come previsto dalle direttive dell’IPCC.
Come Ofi Invest AM, siamo soliti affrontare la tematica del clima seguendo due direttive parallele: le imprese stanno mettendo in campo dei piani credibili? E gli azionisti hanno davvero la possibilità di essere parte integrante della discussione e di votare alle assemblee generali? Questa seconda domanda è particolarmente importante perché gli investitori devono essere consultati e devono avere la possibilità di partecipare attivamente al dibattito su queste risoluzioni, sia che provengano dal management, sia che provengano dagli azionisti stessi.
Ofi Invest AM ha sostenuto una risoluzione non vincolante sui piani per il clima contro TotalEnergies. Quale era il vostro obiettivo?
Insieme all’ONG, Follow This, e ad altri investitori europei, abbiamo deciso di presentare una risoluzione all’assemblea generale di Total Energies che chiedesse alla compagnia obiettivi più ambiziosi soprattutto nell’ambito dell’abbattimento delle emissioni indirette (Scope 3), che rappresentano la fonte di circa il 90% dei gas serra prodotti dalla società. Siamo orgogliosi di poter affermare che questa risoluzione Say on climate ha ottenuto un vasto sostegno e ha portato a cambiamenti importanti, avendo raccolto il 30% dei voti favorevoli (in crescita dal 17% ottenuto due anni prima). Questa risoluzione era parte integrante dell’approccio di Ofi Invest AM, che attraverso il dialogo e l’esercizio del suo diritto di voto spinge le imprese attive in settori che generano molte emissioni ad accelerare il processo di transizione, in linea con quanto previsto dall’Accordo di Parigi.
Voi avete sostenuto anche una risoluzione all’assemblea generale di Engie…
Esattamente. Insieme al FIR (Forum pour l’Investissement Responsible) e ad altri 15 azionisti abbiamo chiesto a Engie di fornire maggiori dettagli circa la sua strategia sulla lotta ai cambiamenti climatici. Il nostro gruppo rappresentava circa il 2% del capitale azionario di Engie e la risoluzione ha attratto più del 24% dei voti e anche se alla fine non è stata approvata, ha comunque raccolto la maggioranza dei voti degli investitori di minoranza, riflettendo la loro crescente richiesta di informazioni chiare circa i provvedimenti presi a sostegno della questione climatica. Inoltre, stiamo anche riscontrando che sempre più investitori stanno prendendo coscienza delle loro responsabilità verso i loro clienti e la società tutta, tanto da spingerli sempre di più a chiedere alle imprese di prendere dei provvedimenti in linea con l’Accordo di Parigi.
Ogni anno, uno dei temi che genera maggiore dibattito è quello della remunerazione dei manager. Voi avete notato degli aumenti in queste remunerazioni? Qual è la vostra posizione su questo?
Nel 2022 abbiamo assistito a un aumento delle remunerazioni dei manager presentate alle assemblee e, sebbene alcune imprese abbiano effettivamente fatto dei progressi, questa questione rappresenta ancora un problema. In generale, il nostro modo di affrontare questa tematica prevede la valutazione di tre punti prima di esprimere un giudizio. Il primo di questo è la valutazione del pacchetto remunerativo, ovvero, la valutazione di quanto questo sia vincolato alle performance della società stessa, sia in termini finanziari, sia extra-finanziari. Il secondo punto riguarda l’equity ratio, attraverso il quale calcoliamo la differenza tra la retribuzione di un manager e quella di un lavoratore dipendente e la differenza tra la retribuzione di un manager e la media di quel determinato paese. Infine, il terzo punto è la trasparenza. Questi sono i tre criteri che prendiamo in considerazione prima di esprimere il nostro voto, che sarà contrario se la società non raggiunge i nostri requisiti minimi anche in solo uno di questi. Questi non sono requisiti di poco conto, infatti votiamo contro circa la metà dei pacchetti remunerativi, soprattutto negli Stati Uniti.
Qual è la vostra posizione sul riacquisto da parte di una società quotata delle sue stesse azioni?
Il cosiddetto “buyback” azionario è uno dei trend che stanno caratterizzando questo 2023 e merita di essere tenuto sotto attenta osservazione. La nostra politica di voto, che viene aggiornata e pubblicata ogni anno, è molto chiara su questo punto e presenta alcuni casi specifici in cui noi ci schieriamo contro questa pratica. Per fare alcuni esempi, votiamo contro il buyback se questo autorizza un acquisto superiore al 10% del capitale azionario della società o se la società detiene già più del 10% delle sue azioni. Inoltre, rigettiamo la proposta anche quando le risorse impiegate per il buyback potrebbero essere usate per pagare i dividendi.