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Sustainability Masterclass

Schroders: per valutare gli investimenti non basta il binomio rischio-rendimento, ma conta l’impatto

Sostenibilità e investimenti ad impatto. Due termini molto utilizzati ultimamente, ma che possono lasciare dei dubbi sul loro autentico significato. Eppure, cercare di comprendere le implicazioni di queste due espressioni sull’approccio agli investimenti è importante, perché i risparmiatori sono sempre più attenti ad allineare le decisioni di portafoglio ai propri valori e sono sensibili alle ricadute delle proprie scelte finanziarie sull’ambiente e sul benessere delle persone. Per capire cosa si intenda per investimento ad impatto, se sia possibile misurarne gli effetti positivi sulla società e come influenzi il ritorno finanziario Schroders ha organizzato una Masterclass virtuale dal titolo “Sustainability: Expect more than financial returns” in cui sono intervenute Kate Rogers, Responsabile della Sostenibilità di Schroders Wealth Management e Katherine Davidson, Gestore del fondo Schroder ISF Global Sustainable Growth Fund.

“Stiamo entrando in una nuova fase. Gli investitori non dovrebbero più guardare ai propri investimenti attraverso una lente bidimensionale di rischio e rendimento. Il futuro della gestione degli investimenti considera una terza dimensione, l’impatto” osserva Kate Rogers, “questa evoluzione è già in corso e ciò che è già chiaro è che la sostenibilità e l’impact investing sono qui per restare”.

Kate Rogers,
Head of Sustainability Schroders WM

Anche perché, numeri alla mano, questa strategia si dimostra vincente. Negli ultimi cinque anni c’è un’evidente correlazione tra un alto punteggio ESG da parte delle aziende e minori declini dei titoli in borsa nei momenti di ribasso, così come nel 2020 le aziende con un migliore profilo ESG hanno evidenziato una maggiore resilienza degli utili nel contesto della pandemia.

“Secondo le Nazioni Unite la sostenibilità consiste nel rispondere ai bisogni presenti, senza compromettere la capacità delle prossime generazioni di rispondere ai loro. Continuare a fare quello che facciamo nel tempo senza provocare danni. Un obiettivo” spiega la manager di Schroders, “che si fonda su tre pilastri: profitto, ambiente e persone. Il rispetto delle persone rappresenta il fondamento alla base di tutto e lo sviluppo può spingersi fino al punto di non compromettere l’ambiente. Lo sviluppo sostenibile è quindi quello che avviene all’interno di questi due limiti. Pensare solo alla crescita e al profitto ci ha portato ai problemi sul clima e agli squilibri sociali che tutti vediamo. Una risposta viene dai 17 obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Onu che definiscono una linea di azione per le società”.

Nel tempo, una più forte consapevolezza di queste tematiche ha modellato l’approccio all’investimento da parte delle società di asset management. Dal principio delle esclusioni verso le aziende meno etiche, si è passati al concetto di investimenti responsabili ossia in aziende che apportano un beneficio alle persone e all’ambiente, negli anni 2000 hanno poi preso piede gli investimenti tematici e ad impatto positivo che contribuiscono a soluzioni specifiche a problemi.

“Oggi non basta integrare i fattori ESG nel portafoglio, ma il futuro degli investimenti si basa sulla valutazione dell’impatto di tutto il portafoglio, con un approccio che porta a evitare alcuni investimenti, scegliendo quelli che portano beneficio e contribuendo alla ricerca di soluzioni. Un sistema che noi chiamiamo ABC (Avoid harm, Benefit people and planet, Contribute to solutions). La sfida è arrivare a misurare tale impatto” aggiunge Rogers.

A questo scopo Schroders ha creato uno strumento, SustainEx che, grazie a un database di oltre 400 studi accademici e di settore sugli impatti sociali e le esternalità delle aziende e l’analisi di 70 tipologie di dati esaminati per ogni società, permette di tradurre gli impatti sociali in costi finanziari (o crediti se positivi), integrando la stima sull’utile atteso con gli impatti sulla società, per oltre 9000 gruppi quotati. Arrivando così a un cosiddetto “Impact adjusted return” per parafrasare l’ormai classico concetto del “Risk adjusted return”. Un altro strumento è ThemeX, che permette di calcolare come la strategia di un’azienda contribuisca al raggiungimento dei 17 SDG dell’Onu.

Ma per arrivare a cambiare veramente qualcosa occorre anche l’engagement, ossia la capacità che un investitore ha, in quanto azionista, di influenzare le strategie delle società in cui investe per allinearle con il 17 SDG dell’Onu. “L’investimento ad impatto deriva dall’interazione di intenzioni e azioni. Le intenzioni infatti indicano la scelta di effettuare investimenti allineati con i propri valori e attese finanziarie e l’azione è il modo in cui investiamo insieme alla capacità di usare la nostra influenza nei confronti di aziende e autorità per spingerle per favorire progressi nel raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile” precisa Rogers.

Katherine Davidson, Fund Manager Schroders

Ma come si traducono in pratica questi principi? Da quali titoli è formato un portafoglio sostenibile? Un esempio viene da Katherine Davidson, che gestisce il fondo Schroder ISF Global Sustainable Growth Fund.

“Il concetto di sostenibilità per me è legato a quello di capacità di essere durevole dell’investimento, quindi scegliamo società che abbiano un modello di business che sia in grado di generare crescita continuativa nel tempo. E per fare questo occorrono due caratteristiche: un’azienda deve essere gestita con un’ottica di lungo periodo e deve tenere in considerazione tutti i propri stakeholder” osserva Davidson.

“Questo è l’approccio che noi seguiamo e ci dà un vantaggio competitivo per il fatto che il mercato non è ancora in grado di valutare a pieno i fattori che guidano l’andamento di una società nel lungo periodo e spesso analisti e investitori mantengono un’ottica di troppo breve termine” aggiunge la fund manager.

Per esempio se un’azienda paga poco i propri dipendenti e non investe nella loro sicurezza, nel breve termine si può avvantaggiare di minori costi, ma nel lungo periodo rischia di avere un turnover elevato e costoso, nonché di subire cause di lavoro.

“Per valutare un serio approccio alla sostenibilità da parte delle aziende bisogna procedere a un esame più qualitativo che quantitativo e instaurare con loro un franco dialogo” osserva Davidson, “evitando l’approccio superficiale di “spuntare una casella” in di domande predefinite che non danno un senso profondo di quello che fa l’azienda”.