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Settimane SRI

PMI: sostenibilità importante, ma basso il ricorso a finanza ESG

La stragrande maggioranza delle PMI riconosce ormai un ruolo importante alla sostenibilità, ma è ancora basso sia il livello di conoscenza che l’applicazione concreta degli aspetti ESG. È quanto emerge dalla ricerca PMI italiane e transizione ecologica: profili ESG e finanza sostenibile condotta dal Forum per la Finanza Sostenibile, in collaborazione con Cerved Group e Cerved Rating Agency. Dall’indagine, presentata in chiusura delle Settimane SRI, a cui hanno partecipato 415 PMI prevalentemente attive nei settori più coinvolti dalla transizione ecologica, emerge che per oltre il 45% delle PMI la sostenibilità riveste un ruolo “importantissimo” o “molto importante” in azienda, guidando le scelte strategiche e di investimento. Tuttavia, circa il 40% delle imprese intervistate non sa stimare l’entità della propria esposizione ai rischi climatici, solo il 17% si è rivolto alle banche per finanziamenti legati a progetti di sostenibilità e solo il 3% ha fatto ricorso a strumenti finanziari diversi dal credito legati ad aspetti ESG

La ricerca è stata realizzata con il sostegno di Eurizon Capital SGR, EY, Generali Investments, Riello Investimenti Partners SGR.

La percezione della sostenibilità da parte delle PMI

La stragrande maggioranza delle PMI riconosce ormai un ruolo importante alla sostenibilità. Oltre al 45,1% delle società rispondenti che ha sostenuto che le tematiche ambientali, sociali e di governance rivestono un ruolo “molto importante” in azienda, il 39% degli intervistati ha attribuito un ruolo “abbastanza importante”. Al questionario hanno risposto in prevalenza (65,8% dei casi) dirigenti e manager aziendali che quindi si occupano delle strategie aziendali e hanno visione dell’evoluzione del business e consapevolezza delle scelte di investimento. I settori più attenti ai temi della sostenibilità sono il manifatturiero e le utility.

Fonte: Forum per la Finanza Sostenibile, Cerved Group e Cerved Rating Agency

Secondo quanto rilevato dall’indagine, la catena del valore rappresenta il primo elemento che porta a includere i temi di sostenibilità nelle strategie aziendali e nei processi produttivi: le aziende dichiarano, infatti, che nell’ultimo anno hanno ricevuto richieste su questi temi soprattutto da parte di clienti, sia imprese, sia individui (30%), e fornitori (18%). Altre pressioni arrivano dalle banche (13,5%) e dagli investitori (4%).

Fonte: Forum per la Finanza Sostenibile, Cerved Group e Cerved Rating Agency

Ma qual è il l’impatto delle nuove normative in ambito di sostenibilità e di informativa non finanziaria per le PMI? In questo caso il dato è sorprendente. Se il 48% di imprese considera l’evoluzione normativa una spinta rilevante o molto rilevante per adottare politiche di sostenibilità, contro il 35% che la ritiene, al contrario, poco rilevante, la quasi totalità (91%) delle PMI coinvolte nell’indagine dichiara di non conoscere il testo della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), uno dei recenti provvedimenti fondamentali a livello europeo.

A tal proposito, occorre evidenziare che, tra le 415 imprese intervistate, solo 1 è inclusa nel perimetro di applicazione della Direttiva, anche se diverse rispondenti rientrano nella catena del valore di aziende più grandi, a loro volta soggette alla CSRD. Cosa che evidenzia l’impatto indiretto della normativa, ma anche la poca informazione e conoscenza in quelle aziende di piccola e media dimensione che non sono direttamente investite dalle novità normative ma che al contempo rappresentano circa il 39% del valore aggiunto dell’Italia e ne subiranno in ogni caso le conseguenze.

Il dato è simile rispetto alla tassonomia europea delle attività economiche ecosostenibili; l’86% degli intervistati, infatti, si ritiene “per niente informato” in merito.

Rischi e opportunità derivanti da una maggiore attenzione alla sostenibilità

Rispetto ai rischi connessi a una maggiore attenzione agli aspetti di sostenibilità, emerge un’importante convergenza sulla necessità di sostenere maggiori costi di gestione (citata dal 42,5% degli intervistati), ascrivibili per esempio all’implementazione di processi di reportistica e comunicazione, all’aggiornamento continuo sui temi ESG e all’integrazione di nuove attività nel business. Altro rischio identificato è quello legato alle difficoltà burocratiche (32,5%), seguite dalla necessità di adeguare e integrare le competenze interne (22%).

Fonte: Forum per la Finanza Sostenibile, Cerved Group e Cerved Rating Agency

Le principali opportunità individuate sono invece collegate ai maggiori vantaggi reputazionali (citati dal 39% degli intervistati), oltre che ai risparmi derivanti dai processi di efficientamento energetico (36,5%).

Fonte: Forum per la Finanza Sostenibile, Cerved Group e Cerved Rating Agency

Cambiamento climatico e gestione aziendale

La maggioranza delle aziende intervistate (62,5%) è consapevole che il cambiamento climatico comporterà ripercussioni sul proprio business nel breve o nel lungo periodo (rispettivamente per il 12% e per il 50,5% delle società coinvolte).

Ma a una consapevolezza qualitativa, non ne corrisponde una quantitativa. Circa il 40% delle imprese coinvolte, infatti, non sa stimare l’entità della propria esposizione sia in riferimento al rischio fisico (danni che possono derivare da un aumento della frequenza e dell’intensità dei fenomeni meteorologici estremi) che a quello di transizione (maggiori costi per allineare i processi produttivi agli standard di sostenibilità e per adeguarsi alle normative).

Il dato dimostra che, nonostante le dichiarazioni in merito all’importanza dei temi ESG, gran parte delle PMI non ha ancora avviato un processo concreto di analisi su aspetti così urgenti.

Dallo studio emerge che solo il 9,6% delle aziende ha adottato misure di adattamento al cambiamento climatico, vale a dire azioni specifiche per limitarne gli effetti negativi. In particolare, vengono citate misure legate alla riduzione del consumo di risorse (tra cui energia, materie prime, acqua) e la promozione di processi produttivi in ottica di economia circolare. Il 19% poi ha avviato valutazioni in merito, ma dichiara al contempo che,nel 32,5% dei casi, impiegherà dai 6 mesi a 1 anno per il completamento del processo e, nel 36,4% dei casi, da 1 a 2 anni.

Fonte: Forum per la Finanza Sostenibile, Cerved Group e Cerved Rating Agency

La ricerca evidenzia inoltre che il 24% delle imprese ha invece condotto una valutazione dell’impatto delle attività aziendali sull’ambiente, identificando soprattutto un’incidenza negativa in termini di inquinamento e consumo di risorse naturali. Il 21% delle aziende, pur non avendo ancora svolto analisi dei propri impatti sull’ambiente, ha avviato valutazioni in merito.

Le principali motivazioni per cui queste pratiche non vengono implementate riguarda il fatto che non vengano viste come prioritarie (per il 52,9% nel caso delle misure di adattamento e circa il 62,4% per le valutazioni degli impatti ambientali), oltre che per carenza di budget e tempo (51,4% nel caso delle misure di adattamento e 20,5% per le valutazioni degli impatti ambientali).

PMI e finanza sostenibile

Dalla ricerca emerge che nonostante circa il 70% delle società intervistate si rivolga abitualmente a istituti di credito, solo il 17% ha usufruito di finanziamenti legati a progetti di sostenibilità. Tra queste, sono soprattutto le PMI del settore logistico (21%) e le utility (40%) ad aver richiesto tale supporto.

Inoltre meno della metà (il 41,5%) delle aziende è a conoscenza del fatto che gli aspetti ESG saranno integrati nelle analisi del merito di credito. Potrebbe spiegarsi anche così la scarsa disponibilità di dati che le PMI sono in grado di fornire: in effetti, solo il 7,5% rende disponibili informazioni sui temi ESG ai dipendenti e agli stakeholder esterni (investitori, fornitori e clienti).

L’analisi ha anche approfondito il ricorso a strumenti finanziari diversi dal credito legati ad aspetti ESG (per esempio, le emissioni di green bond o l’accesso a fondi di private equity/debt). È emerso che solo il 3% ha già sperimento il loro utilizzo, con riferimento soprattutto al private debt, per finalità riguardanti principalmente l’implementazione di soluzioni per il trasporto a basso impatto ambientale e per una gestione più sostenibile delle risorse naturali.

PMI e Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)

L’indagine ha infine anche approfondito il livello di conoscenza delle imprese rispetto alle opportunità previste dal PNRR in tema di transizione ecologica. Più della metà dei rispondenti (55,5%) si dichiara “poco informato” in merito e oltre il 20% “per nulla informato”.

Le PMI, inoltre, che sono pronte a richiedere i fondi del PNRR (il 48,5%) intendono utilizzarli in prevalenza per la riduzione degli impatti ambientali di alcuni processi operativi (nel 45% dei casi) e per la digitalizzazione (nel 37%).

Passare all’azione

C’è bisogno ora, dunque, di passare all’azione e di colmare i gap – emersi anche da questo studio – in termini sia di conoscenza normativa e tecnica sui temi di sostenibilità che di applicazione degli strumenti finanziari esistenti. Proprio per questo, Francesco Bicciato, Direttore Generale del Forum per la Finanza Sostenibile, ha sottolineato, in chiusura dell’evento, che il Forum nel 2023 si impegnerà nella creazione di strumenti per informare di più e meglio.

Certo le sfide sono numerose, tra cui non ultimo, per Federica Loconsolo, Responsabile Business Development e ESG di Riello Investimenti Partners SGR, intervenuta alla Tavola Rototnda, quello del linguaggio e della divulgazione della cultura ESG. Capita infatti che le PMI portino avanti iniziative ascrivibili sotto la sfera della sostenibilità, ma che non vengano denominate come tali nè identificate come pratiche virtuose, dalle stesse. L’SGR, pertanto, deve avere anche un ruolo culturale per la Loconsolo che ha dichiarato: “Da queste analisi, notiamo che per certi versi la sostenibilità fa già parte dell’attività delle PMI più virtuose e aperte, ma spesso non ne hanno piena consapevolezza o per lo meno non associano le diverse iniziative intraprese al gergo tipico delle valutazioni ESG. Il ruolo a cui siamo chiamati noi operatori del settore, quindi, non è tanto quello di generare nelle PMI un interesse verso la sostenibilità, che già esiste, quanto quello di stimolarle ad intraprendere percorsi virtuosi verso una maggiore formalizzazione dei processi e una maggiore quantificazione dei dati, affinché la sostenibilità esca dall’essere un sottinteso e diventi uno specifico tema di gestione aziendale da affrontare proattivamente per la generazione di valore”.

Il ruolo degli operatori finanziari, dunque, può essere anche quello di acceleratore dei processi per l’adozione dei modelli sostenibili. Ruolo che deve essere giocato in particolare dagli investitori istituzionali, secondo Anna Stagnoli del team ESG & Strategic Activism – Sustainability di Eurizon, intervenuta all’evento. “L’obiettivo è che il mercato si orienti verso un modello sempre più integrato che includa le PMI e sia in grado guidarle ad adottare modelli sostenibili.” ha aggiunto la Stagnoli, ”A questo proposito, le attività di Stewardship rappresentano uno strumento strategico: attraverso l’esercizio del diritto di voto e attraverso l’engagement possiamo influenzare i comportamenti degli emittenti nel rispetto delle priorità che riteniamo essere più urgenti sia dal punto di vista normativo, sia per le esigenze economico finanziarie delle società stesse”.