Neutralità tecnologica e installazioni futuribili, mix di fonti di produzione e ricerca di efficientamento energetico e ancora investimenti significativi per far fronte ai nuovi modelli di consumo energetico. Di tutto questo, e non solo, si è discusso al Transition to Net Zero – Innovare l’Energia, primo incontro dei tre Green&Net Zero Talk 2024 organizzati da RCS Accademy, e di cui ESGnews è media partner, in questa sesta edizione che mette a confronto i principali operatori del settore su come condurre la transizione e la trasformazione del panorama energetico e su quali alleanze internazionali puntare per garantire la diversificazione delle fonti e l’approvvigionamento. L’obiettivo è chiaro: arrivare ad un’energia del futuro accessibile, sicura e inclusiva, ponendo un freno al riscaldamento globale e rivedendo profondamente i sistemi energetici nazionali e dei settori industriali chiave italiani. Molto più articolato, neanche a dirlo, il percorso per giungere a questi risultati.
Indice
- 1 Transizione graduale e politiche low carbon: obiettivi e scelte governative
- 2 Neutralità tecnologica e ingegneria – Le sfide della green technology per la sostenibilità
- 3 Diversificazione, sostenibilità e innovazione delle infrastrutture per l’energia del futuro
- 4 Ricerca e innovazione nell’industria energetica per la ridurre le emissioni: tecnologia e fonti alternative
- 5 Combustibili fossili e crescita della domanda di energia elettrica. Il peso di demografia e tecnologia
- 6 Transizione energetica e sicurezza degli approvvigionamenti. Il ruolo della geopolitica
- 7 Perché non esiste un costo unico europeo dell’energia
- 8 Sfruttare i punti di forza, le potenzialità del riciclo
Transizione graduale e politiche low carbon: obiettivi e scelte governative
Per Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, l’obiettivo per quest’anno è di superare i 7 GW di rinnovabili installati, mantenendo il ritmo degli ultimi anni, anche se il tema delle autorizzazioni è ancora sfidante. L’obiettivo è avere energia, la sicurezza e far pagare meno ma soprattutto il coraggio di fare delle scelte: e le rinnovabili da sole non permettono di raggiungere gli obiettivi di produzione di energia necessari al Paese. Non si può, quindi, dire no a priori al nucleare, per il quale è stato dato incarico per scrivere le regole ad un gruppo di lavoro guidato da Giovanni Guzzetta in modo da avere un quadro di riferimento in vista dell’utilizzo di tali centrali che il PNIEC stima possa avvenire nel 2035.
Ma, in generale, le imprese quanto credono in una transizione sostenibile? Molto secondo Elio Catania, presidente di Innovatec il cui lavoro di ricerca biennale su 500 imprese ha messo in luce che poco meno del 70% delle imprese italiane ha fatto investimenti nella sostenibilità contro il 45% di due anni fa. Inoltre il 73% delle imprese si attende vantaggi economici da questi investimenti e il 50% li ha già ottenuti mentre per il 25% delle imprese è importante la circolarità, vale a dire il riutilizzo delle risorse ( in cui l’Italia si distingue). A contrastare questi elementi positivi due dati: solo il 20% delle imprese ha definito un piano aziendale di sostenibilità, e l’80% afferma che i costi sono elevati e che non ci sono risorse.
I cambiamenti importanti, ha aggiunto Catania, non nascono dal basso ma devo partire dai vertici delle aziende perché possano tradursi in realtà. La sostenibilità, quindi, non può essere relegata ai tecnici l’introduzione della CSRD accelererà l’integrazione del piano di sostenibilità in quello industriale di un’azienda accelerando i cambiamenti attesi.
Neutralità tecnologica e ingegneria – Le sfide della green technology per la sostenibilità
Saipem realizza progetti per i clienti tra cui anche una tecnologia propria di cattura della CO2 che lo posiziona tra i pochi player al mondo in grado di coprire tutta la catena del valore, ha reso noto Filippo Abbà, Chief Technology & Innovation Officer di Saipem.
Saipem lavora anche sulle nuove molecole, dall’idrogeno al blue e green ammonia ai biofuel. Ma questo non vuol dire che oil e gas siano dei capitoli chiusi. Molti gli sviluppi tecnologici: come la robotica sottomarina con droni dotati di IA che possono operare anche senza il collegamento con le navi in superficie (con ulteriore risparmio di emissioni) e che permettono monitoraggi e manutenzione di cavidotti e infrastrutture sottomarine, con periodi di permanenza sott’acqua anche di 6 mesi. O ancora la nuova frontiera del solare galleggiante, ibridato con sistemi off shore eolici.
Diversificazione, sostenibilità e innovazione delle infrastrutture per l’energia del futuro
Il futuro è nell’elettrificazione dei consumi e questo comporta che le infrastrutture (a partire dai cavi) debbano diventare adeguate agli aumentati volumi da trasportare e da rendere disponibili. Una rete obsoleta, infatti, fa aumentare il rischio di black out. E rafforzare la rete vuol dire anche potenziare il collegamento con le nuove fonti di generazione di energia che spesso si trovano molto distanti dai luoghi in cui avviene il consumo, come nel Mare del Nord, ha spiegato Massimo Battaini, CEO di Prysmian. A livello globale si sta parlando di una rete di circa 80 milioni di km. E se 4/5 anni fa i progetti relativi ai cavi sottomarini e terrestri di grande potenza erano di 2 miliardi oggi valgono dieci volte di più, circa 20 miliardi, ha aggiunto Battaini.
Ricerca e innovazione nell’industria energetica per la ridurre le emissioni: tecnologia e fonti alternative
L’approccio più condiviso sulla transizione energetica è quello legato alla neutralità tecnologica e quindi alla ricerca dell’equilibrio nel ricorso a diverse forme di energia e relative tecnologie, senza esclusioni di carattere meramente ideologico. Per Alessandro Bresciani, senior vicepresident Climate Technology Solutions di Baker Hughes la CCS (Carbon Capture and Storage) ha una parte importante in questo processo “Ne siamo convinti perché crediamo che il gas resterà con noi per un lungo periodo. Il gas può essere prodotto senza emissioni, quindi c’è la possibilità di avere un gas pulito, ma questo richiede la cattura della CO2”, una tecnologia che richiede diverse applicazioni e ha costi più elevati in caso di basse concentrazioni di CO2.
L’Italia oggi, secondo Ugo Salerno, presidente di RINA, non è competitiva nel produrre energia con le fonti rinnovabili, lo è con i combustibili fossili. “Ci siamo concentrati solo sulla tecnologia delle rinnovabili, che sono importantissime, ma dobbiamo investire anche sulla CCS e sul nucleare”.
Il tema della competitività a livello europeo è stato messo sotto attenzione durante il convegno e posto a confronto con i due attori principali della scena energetica globale, Cina e Usa, evidenziando la carenza di produzione industriale per sostenere questa transizione. Maggiore supporto potrebbe giungere anche da una minore frammentazione a livello commerciale e fiscale in Europa, come indicato nel rapporto Letta su questi temi.
Combustibili fossili e crescita della domanda di energia elettrica. Il peso di demografia e tecnologia
I combustibili fossili, ha fatto notare Claudio Descalzi, Amministratore Delegato di Eni, dominano ancora la scena energetica globale. Da oltre 20 anni l’80% dell’energia mondiale proviene da fonti fossili e il carbone domina la produzione di elettricità a livello globale. E anche in Europa, dove si è lavorato intensamente per cambiare l’offerta energetica e far crescere le rinnovabili, nel mix energetico prevalgono i combustibili fossili.
Qualche numero può dare l’idea del fenomeno a livello globale: la produzione elettrica è coperta per circa il 36% dal carbone, dal gas al 23%, dal nucleare al 9% e dalle rinnovabili al 12%. Inoltre, ha sottolineato ancora Descalzi, la domanda di energia elettrica è destinata ad aumentare anche in funzione della crescita demografica e tecnologica. Nel 2023, ad esempio, il fabbisogno di energia necessario per alimentare i data center e le tecnologie legate all’intelligenza artificiale di realtà come Google, Amazon e Microsoft ha superato quello della Nigeria (che ha una popolazione di 180 milioni di abitanti).
Oggi il sistema elettrico italiano (circa il 25% dell’utilizzo dell’energia) è cambiato: nel mix di generazione il 44% deriva dalle rinnovabili, 40% circa dal gas e il restante è importazione ha ribadito Nicola Lanzetta, direttore Italia di Enel, aggiungendo che per cambiare il sistema energetico occorre innanzitutto il buon senso, per capire come affrontare le diverse sfide tecnologiche: dal come e quando cambiare il mix energetico a come rafforzare le reti, all’elettrificazione.
Transizione energetica e sicurezza degli approvvigionamenti. Il ruolo della geopolitica
L’invasione dell’Ucraina nel 2022 ha fatto prendere consapevolezza del tema della sicurezza degli approvvigionamenti energetici e quello dei costi dell’energia in una maniera chiara, come non era mai avvenuto prima e ha spinto per l’accelerazione della transizione energetica.
E per una transizione energetica di successo la necessità della neutralità tecnologica è stata ribadita anche nell’intervento di Paolo Gallo, CEO & General Manager di Italgas, secondo cui non ci si può occupare di transizione energetica senza curare anche gli aspetti legati alla sicurezza degli approvvigionamenti e al contenimento dei costi. E senza eccessiva prescrizione di come debbano essere raggiunti gli obiettivi energetici da parte degli enti normatori, ma lasciando guidare questo percorso alle tecnologie, alla loro evoluzione e al mercato.
Perché non esiste un costo unico europeo dell’energia
“Negli ultimi 12 mesi in Italia l’energia è costata 102 euro/Mwh, in Germania 70 €/Mwh, in Francia 49 €/Mwh e in Spagna 56 €/Mwh. Questo avviene perché c’è un’asimmetria tra la contribuzione che i vari governi mettono nel settore dell’energia, ed è per questo che oggi non si riesce a ragionare su un prezzo unico dell’energia europeo. Ogni Paese preferisce farsi la propria politica energetica e noi, con i nostri 2.950 miliardi di euro di debito pubblico, siamo tra quelli che hanno meno risorse da mettere per ridurre il costo dell’energia” ha dichiarato Renato Mazzoncini, CEO e General Manager di A2A.
Oltre alle fonti di produzioni, il tema è anche quello dell’efficientamento energetico. “L’Italia è uno dei Paesi europei dal costo dell’energia più alto, quindi stiamo utilizzando l’energia in modo poco efficiente. Tra il 2000 e il 2022 l’indice di intensità energetica italiana si è ridotto di circa il 14%, mentre nel resto dei Paesi europei la media di riduzione è del 28%. Ciò significa che gli altri Paesi stanno investendo nell’efficientamento energetico molto più di noi” ha detto Emanuela Trentin, CEO di Siram Veolia.
Per Nicola Monti, CEO di Edison, “Nel nostro mix energetico, per avere un sistema che sia affidabile, bisogna accoppiare alle fonti rinnovabili anche delle fonti programmabili, come il nucleare e la CCS. L’approccio neutro tecnologico è fondamentale, perché la tecnologia è lo strumento che può portare delle soluzioni competitive e decarbonizzate”.
Cambia anche il ruolo di chi porta l’energia nelle comunità di imprese e privati. “Il nostro ruolo di multiutility negli ultimi anni si è evoluto: non siamo più un semplice fornitore di commodities, ma di servizi molto integrati tra loro per supportare le nostre comunità, imprese e cittadini. da normale venditore di energia oggi forniamo servizi, come energy management ma anche produzione di energia rinnovabile” ha commentato Orazio Iacono, CEO del Gruppo Hera.
Sfruttare i punti di forza, le potenzialità del riciclo
Per coniugare sicurezza energetica, competitività e ambiente bisogna ricorrere ad una molteplicità di fonti energetiche, e in Italia dobbiamo sfruttare anche la geotermia meno convenzionale, il biogas e il teleriscaldamento, ha sostenuto Luca Dal Fabbro, presidente di Iren. E non bisogna sottovalutare alcuna risorsa o capacità come quella di riciclare, nella quale l’Italia eccelle, e a proposito della quale Del Fabbro ha fatto notare che nelle prime 10 discariche italiane vi sono materiali preziosi per circa 8 miliardi, veri e propri giacimenti di materie come litio o potassio.
Infine, sulla complessità dei processi di decarbonizzazione è intervenuto Stefano Venier, CEO di Snam secondo cui è necessario decarbonizzare la produzione di energia elettrica, ma ciò non basta per risolvere i problemi del sistema. Non bisogna trascurare, ad esempio, anche l’impatto in termini di biodiversità dei territori su cui si realizzano le infrastrutture energetiche. Decarbonizzare il sistema elettrico comporta la trasformazione di circa 60.000 impianti di produzione nel mondo e la costruzione di un nuovo sistema infrastrutturale che richiede investimenti cospicui. Ma non passa solo da qui la questione del net zero, molti i settori coinvolti (come plastica o fertilizzanti solo per citarne qualcuni). Per tutti quello che è importante è avere a che fare con normative, regole e garanzie chiare e prevedibili in modo da facilitare la pianificazione degli investimenti necessari. E in questo senso non mancano le aspettative per la prossima COP29, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si svolge a novembre a Baku.