Un manipolo di sole 36 aziende è stato responsabile del 50% delle emissioni di CO2 nel 2023. È quanto emerge dall’ultima edizione del Carbon Majors Report, che analizza le emissioni del 2023 relative a 169 grandi aziende attive nei settori del petrolio, gas, carbone e produzione di cemento che rappresentano il 78% delle emissioni globali e ricostruisce l’impatto delle emissioni fin dal 1854, rivelando che solo 180 aziende (di cui 11 oggi scomparse) sono responsabili di due terzi dell’inquinamento da fonti fossili negli ultimi 170 anni.
L’elenco vede al primo posto Saudi Aramco, l’azienda nazionale saudita di idrocarburi quotata dal 2019, con una produzione di più di 10 milioni di barili al giorno e che nel 2023 ha registrato un utile di 123 miliardi di dollari. Da sola è stata responsabile del 4,39% delle emissioni globali. Seguono l’azienda statale indiana Coal India a cui si deve il 3,68% delle emissioni, le cinesi CHN Energy (3,65%), Jinneng group (2.92%), China National Petroleum Corporation (1,62%) e la Shandong Energy (1,73%). Tra le prime dieci anche l’iraniana National Iranian Oil Company (2,75%) e Gazprom (2,31). Nel settore del cemento nella top ten appare China Cement (2,78%). Tra le prime 36 compaiono anche giganti del petrolio quali Exxonmobil (1,28%), Chevron, Shell, TotalEnergies, BP, Equinor e, ultima delle 36 grandi emettitrici, anche l’italiana Eni.
“Mentre poche corporation orientate al profitto continuano a espandere le infrastrutture per i combustibili fossili” commenta Johan Rockström, Direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research, “i disastri climatici colpiscono più duramente le regioni che hanno contribuito meno alle emissioni, devastando la vita di milioni di persone e spingendoci sempre più vicino a punti di non ritorno ingestibili. Una svolta globale non è solo urgente: è essenziale, e deve iniziare proprio da questi attori chiave”
L’analisi ha inoltre rilevato che la maggior parte delle aziende ha aumentato le proprie emissioni nel 2023 rispetto all’anno precedente: 93 imprese hanno registrato un incremento, mentre 73 hanno ridotto le emissioni e tre le hanno mantenute invariate. A livello regionale, Africa ed Europa hanno fatto alcuni progressi nella riduzione delle emissioni, con la maggior parte delle aziende in queste aree che ha registrato un calo delle emissioni e una diminuzione complessiva nell’uso di tutti i combustibili. Al contrario, in tutte le altre regioni le emissioni totali sono aumentate rispetto al 2022, con la maggioranza delle aziende coinvolte che ha registrato un incremento, ad eccezione del Medio Oriente.
“È davvero allarmante che le più grandi aziende di combustibili fossili continuino ad aumentare le loro emissioni nonostante il peggioramento dei disastri naturali causati dal cambiamento climatico, ignorando le evidenze scientifiche che dimostrano come queste emissioni stiano danneggiando tutti noi” osserva Tzeporah Berman, Fondatrice e Co-presidente della Fossil Fuel Non-Proliferation Treaty Initiative.
Nel 2023, il carbone è rimasto la principale fonte di emissioni, contribuendo per il 41,1% al totale registrato nel database, proseguendo una crescita costante dal 2016. Le emissioni da carbone sono aumentate dell’1,9% rispetto al 2022, mentre il cemento ha registrato la crescita relativa più elevata (+6,5%), riflettendo l’espansione della produzione. Al contrario, le emissioni da gas naturale sono diminuite del 3,7%, mentre quelle da petrolio sono rimaste pressoché stabili con un incremento minimo dello 0,3%.
L’analisi delle emissioni riconducibili ai maggiori produttori di carbonio offre importanti spunti di riflessione sulla responsabilità dell’industria nei confronti delle emissioni di CO₂. L’analisi storica, che copre il periodo dal 1750 al 2023, rivela che il 67% delle emissioni globali da combustibili fossili e cemento può essere attribuito a 181 entità, con oltre un terzo di queste emissioni legato a soli 26 produttori.