gas

Gas fossile liquefatto

Greenpeace: allarme +32% di emissioni dell’UE ogni anno senza stop al GNL

Secondo un nuovo studio di Greenpeace International, i governi dell’UE stanno pianificando la costruzione di una tale capacità di importazione di gas fossile liquefatto (GNL) che, se realizzata, aumenterebbe le emissioni di gas serra europee fino all’equivalente di 950 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2) ogni anno, ovvero il 32% delle emissioni totali di CO2 dell’UE nel 2019.

Nel rapporto “Who Profits From War – How Gas Corporations Capitalise from War in Ukraine”, Greenpeace International racconta la storia di un sistema energetico che fa gli interessi di chi inquina, non delle persone. Il rapporto mostra tutte le parti del sistema, dalle comunità che soffrono a causa del “fracking” (ovvero la fratturazione idraulica, che consiste nello sfruttamento della pressione di un fluido, in genere l’acqua, per creare e poi propagare una frattura in uno strato roccioso nel sottosuolo) negli Stati Uniti, agli intermediari dell’industria del gas (la Rete europea dei gestori dei sistemi di trasmissione, ENTSO-G) che manipolano e minano le politiche climatiche ed energetiche, fino alle famiglie che dovranno pagare per tutto questo.

Il rapporto analizza anche gli sviluppi del commercio di GNL tra USA e UE, sottolineando che gli Stati Uniti hanno in programma di raddoppiare la loro capacità di esportazione, mentre l’UE sta più che raddoppiando la quantità che può importare. In Europa sono già stati approvati otto nuovi terminali di importazione di GNL e altri 38 sono in attesa di approvazione. Questi sviluppi, secondo Greenpeace, minacciano di creare un eccesso di offerta di gas fossile in Europa, che accelererà la crisi climatica e creerà dipendenze che indeboliranno la sicurezza energetica europea.

“L’industria dei combustibili fossili ha cinicamente capitalizzato l’invasione dell’Ucraina. Gli intermediari dell’industria del gas sfruttano la loro scandalosa vicinanza ai decisori per ottenere un trattamento favorevole. E i politici li assecondano. C’è da stupirsi che non ci sia ancora una data di eliminazione graduale del gas fossile o che gli obiettivi di riduzione della domanda di gas dell’UE siano solo facoltativi? I governi devono guidare la lotta al clima, non farsi burattare dagli operatori del gas che sacrificano la salute e la sicurezza delle comunità solo per aumentare i loro profitti”, ha dichiarato Silvia Pastorelli, responsabile della campagna clima ed energia di Greenpeace UE.

La rapidità con cui l’industria del gas e i governi dell’UE hanno presentato piani che potrebbero aumentare le emissioni di gas serra europee fino a un terzo contrasta nettamente con gli avvertimenti del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC). Il suo ultimo rapporto conclude che le emissioni delle infrastrutture per i combustibili fossili già esistenti saranno sufficienti a riscaldare il pianeta oltre il limite di 1,5 gradi Celsius fissato dai governi mondiali nel 2015.

L'”ipocrisia del fracking”

Greenpeace evidenzia anche una contraddizione dell’atteggiamento dei Paesi europei verso il “fracking”. Se da un lato, infatti, i Paesi europei hanno vietato questo metodo di perforazione del gas della fratturazione idraulica in patria, dall’altra incoraggiano questi metodi negli Stati Uniti per soddisfare la domanda europea di gas. L’estrazione e il trasporto del GNL in Texas, Louisiana e Nuovo Messico hanno provocato un peggioramento della qualità dell’aria, acqua contaminata, malattie respiratorie, problemi di natalità e tassi di cancro elevati per le comunità che vivono vicino ai campi di gas e ai terminali di esportazione. Molte delle comunità colpite sono prevalentemente di colore o indigene e a basso reddito, sottolinea Greenpeace.

Gli inquinatori

Il rapporto fa luce anche sul ruolo centrale che le lobby dell’industria dei combustibili fossili, come l’ENTSO-G (la Rete europea dei gestori dei sistemi di trasmissione del gas), svolgono nelle decisioni vitali sulle politiche climatiche ed energetiche dell’UE. Alla luce di ciò, Greenpeace chiede all’UE di bloccare la costruzione di nuovi terminali GNL, di vietare nuovi contratti a lungo termine per il gas, di fissare una data di eliminazione graduale del gas fossile non oltre il 2035, di rendere obbligatorio l’obiettivo del 15% di riduzione della domanda di gas fossile e di affrontare i conflitti di interesse e di estromettere l’industria dei combustibili fossili dal processo decisionale, vietando alle compagnie petrolifere, del carbone e del gas e ai loro rappresentanti di esercitare pressioni sull’UE in materia di politica climatica ed energetica.