La biodiversità, ovvero la varietà di organismi viventi nelle loro diverse forme e nei rispettivi ecosistemi presenti sulla terra, è in cima a ogni agenda di istituzioni sia politiche che finanziare. Secondo l’OCSE, infatti, gli esseri umani traggono dagli ecosistemi naturali, e quindi dalla biodiversità, un valore pari a circa 130 trilioni di dollari all’anno.
Data la crescente consapevolezza dell’importanza non solo fisica ma anche economica della biodiversità, Candriam, società di gestione patrimoniale globale specializzata negli investimenti sostenibili e responsabili con 150 miliardi di euro di AuM gestito, ha dedicato un evento a questo tema per discuterne con Marine de Bazelaire, Group advisor on Natural Capital di HSBC, e Alix Chosson, Senior ESG Analyst, Climate & Environment specialist di Candriam.
Il raggiungimento degli obiettivi Net Zero non può prescindere dalla protezione della biodiversità. Tuttavia, per i gestori patrimoniali, esistono ancora numerose sfide per stimare e controllare con precisione l’impatto delle proprie attività sulla biodiversità. Il quadro normativo si sta evolvendo, con l’intento di fornire sempre più misure e dati standardizzati, ma la complessità del tema spesso non consente un’uniformazione a tutto tondo.
“È importante la standardizzazione per definire gli impatti. Tuttavia, la biodiversità è un tema locale. Quindi metriche e dati vanno parametrati al contesto in cui operano le aziende, perché gli ecosistemi sono molto diversi. E’ un aspetto che va considerato per progredire nelle valutazioni. La standardizzazione è importante, ma lo sono anche sguardi diversi specifici per ecosistemi differenti”, spiega Chosson.
La perdita di biodiversità è un problema che affligge l’economia globale, dato che da essa dipende gran parte dei sistemi economici locali, nonché lo sviluppo economico mondiale. Ad oggi, Il 75% degli ecosistemi naturali è stato danneggiato dalle attività umane e più del 25% delle specie animali è a rischio. La motivazione principale è che l’uomo sta utilizzando più risorse di quelle che la Terra è in grado di rigenerare.
Secondo il Living Planet Index (LPI), una misura dello stato della diversità biologica mondiale basata sulle tendenze della popolazione delle specie vertebrate, nel periodo che va dal 1970 al 2016 la varietà delle specie animali è diminuita del 68%.
Perdita della biodiversità
La causa principale della perdita di biodiversità è il cambiamento di destinazione d’uso del suolo e del mare, seguito dallo sfruttamento eccessivo di animali e piante. Al terzo posto vi è il cambiamento climatico, che sta modificando profondamente gli ecosistemi. Il quarto fattore è l’inquinamento del suolo, dell’acqua, dell’aria. Infine, il quinto, strettamente connesso al cambiamento degli ecosistemi, è rappresentato dalle specie aliene invasive.
Fattori di perdita della biodiversità
Il settore che genera il maggior impatto sulla biodiversità, ma che ne dipende anche fortemente, è quello alimentare. L’agricoltura, in particolare, ha un elevato impatto sulla biodiversità, rappresentando l’80% della deforestazione, il 70% dell’utilizzo di acqua dolce e il 70% della perdita di biodiversità terrestre. Inoltre, più del 50% del suolo utilizzato per fini agricoli è degradato.
Il vero costo del cibo
Tutto questo comporta rischi importanti per le istituzioni finanziarie e per gli investitori. La Task Force for Nature-related Financial Disclosures (TNFD), che cerca di definire opportunità e rischi degli attori finanziari connessi all’ambiente, ha individuato tre categorie principali di rischi di questo tipo: rischi di transizione, legati alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, che possono comportare diversi livelli di rischio finanziario e reputazionale per le organizzazioni; i rischi fisici, derivanti dai cambiamenti climatici, che possono essere determinati da eventi (acuti) o da cambiamenti a lungo termine (cronici) dei modelli climatici; infine, rischi sistemici, connessi al deterioramento di un ecosistema che ha degli impatti su un altro, provocando il collasso dell’intero ecosistema.
Come sottolinea de Bazelaire, “questi rischi sono molto concreti. Se non si interviene tempestivamente, 14.000 miliardi di PIL globale andranno persi (secondo l’IPCC, ndr)”.
Sebbene l’attenzione globale al tema della biodiversità sia in crescita, vi sono ancora molte aziende che hanno un impatto significativo sugli ecosistemi naturali e che non stanno agendo per arginarlo, in primis quelle del settore estrattivo. Inoltre, come sottolinea Chosson, è ancora difficile per le società di gestione individuare aziende altamente specializzate rispetto alla biodiversità e che creino impatti positivi.
L’opportunità degli attori finanziari, quindi, risiede nella possibilità di accompagnare le aziende, soprattutto quelle rimaste più indietro, verso la transizione. Pertanto, poiché non vi sono ancora sufficienti strumenti per misurare l’impatto delle organizzazioni sulla biodiversità, “dobbiamo essere cauti nel fare affermazioni e nel valutare la perdita di biodiversità, guardando non solo all’impatto ma anche alla dipendenza delle società dagli ecosistemi naturali”, sottolinea la Chosson.
Proprio rispetto alla dipendenza, un fattore cruciale secondo de Bazelaire è considerare insieme “la dipendenza dell’azienda dalla natura, l’impatto dell’azienda sulla natura e l’impatto della natura sull’azienda” quando si valuta la materialità dei rischi connessi alla natura che diventano rischi finanziari.
Valutare la materialità – dai rischi legati alla natura ai rischi finanziari
In conclusione, per colmare il gap del settore finanziario rispetto all’azione per la protezione della biodiversità, è necessario offrire gli incentivi giusti, soprattutto al settore privato che è responsabile di una piccola parte degli investimenti rivolti all’azione per il clima (mentre l’80% è a carico del settore pubblico).
Strumenti come i crediti di carbonio, le nature-based solutions o lo sviluppo di infrastrutture verdi sono fondamentali, ma anche la regolamentazione svolge un ruolo molto importante, al fine di costringere investitori e aziende a considerare l’impatto che hanno sulla biodiversità. E, in ultimo ma non meno importante, è necessario che i governi si adoperino affinché questi progetti siano disponibili e realizzabili.
“La misurazione dell’impatto, la regolamentazione e gli obiettivi prefissati saranno più dettagliati in futuro, ci troviamo in una fase di transizione. Tuttavia, abbiamo molti più dati e una maggiore consapevolezza degli attori finanziari che rendono la riduzione della perdita di biodiversità più realizzabile rispetto al passato”, conclude Marine de Bazelaire.