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Sustainability Week: opportunità e sfide dei prodotti finanziari ESG

L’appetito degli investitori per i prodotti legati ai criteri ESG in continua crescita ha portato il mercato finanziario ad arricchirsi di una sempre maggiore varietà di prodotti finanziari sostenibili. Tra questi gli ETF e gli indici sostenibili, i certificati e i prodotti strutturati e i fondi ESG. Sul panorama in continua evoluzione di questo mercato si è concentrata la seconda giornata della Sustainability Week, evento flagship sulla sostenibilità organizzato da Borsa Italiana.

Da quest’anno l’evento è esteso anche a tutto il circuito di Euronext, borsa paneuropea con il ruolo di mettere in contatto investitori e aziende per promuovere all’unisono i prodotti finanziari sostenibili. Sono proprio queste società e investitori a dare forma al dibattito proposto da Borsa Italiana nella sessione pubblica del 5 settembre della Sustainability Week, The rise of ESG financial products: new opportunities and challenges

Partendo da una riflessione su ETF e indici ESG, e passando da un focus su certificati, prodotti strutturati e fondi sostenibili, l’evento ha poi dedicato l’ultimo panel a un ragionamento sull’importanza della trasparenza per supportare i clienti nelle scelte di investimento sostenibili alla luce degli ultimi sviluppi normativi, in particolare nell’ambito dell’SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation). 

ETF e Indici ESG: le ultime tendenze

La prima tavola rotonda, moderata da Luisa Fischietti, Head of Italy ETFs di Borsa Italiana, ha visto gli interventi di Nitharshini Thevathas, Index Business Developer di Euronext, Stefan Kuhn, Head of ETF Distribution Europe di Fidelity InternationalGianMarco Castellani, Head of Wholesale di BlackRock Italy e Frédéric Hoogveld, Head of Investment Specialists & Market Strategy – Amundi ETF, Indexing & Smart Beta. Tutti e tre gli asset manager rivelano che la sostenibilità è centrale nel rapporto con i clienti, tanto da occupare almeno il 50% del loro lavoro. Per quanto riguarda gli ETF ESG nello specifico, Kuhn spiega che in Fidelity i team ricorrono a 3 fasi nel processo di selezione delle aziende, a cominciare dall’utilizzo di indici, “ad esempio quelli di MSCI. Escludiamo poi le società che non sono allineate con i parametri ESG. In secondo luogo, adoperiamo dei rating ESG proprietari e, infine, facciamo un engagement diretto e continuo con le società partecipate, stimolandole a diventare più sostenibili”. 

Anche per BlackRock l’engagement con i clienti è fondamentale per realizzare il processo di transizione verso modelli economici più sostenibili. Ma lo sono anche i prodotti passivi sostenibili. “La domanda di questi strumenti è cresciuta rapidamente sia grazie alla spinta degli enti normativi, sia perché tra gli investitori è aumentata la consapevolezza dell’importanza di prodotti come gli ETF ESG per la transizione”, spiega Castellani di BlackRock, “basti pensare che nel 2022 sul totale della raccolta del mercato europeo il reddito fisso rappresentava quasi il 50%, in netta crescita rispetto agli anni precedenti. La regolamentazione incentiva sempre di più il ricorso al reddito fisso ESG, ma sono anche gli investitori a prediligere queste strategie per raggiungere, ad esempio, l’obiettivo del net zero entro il 2050. Complice della diffusione degli ETF ESG è stato anche l’arrivo di fenomeni disruptive come l’inflazione, che hanno messo in discussione l’intero mercato. BlackRock stessa ha recentemente sviluppato soluzioni di investimento in linea con l’accordo di Parigi ed è intenzionata a lavorare sempre di più su benchmark allineati a Parigi in futuro”. 

Al centro della strategia ESG di Amundi, asset manager leader in Europa, ci sono invece i Green Bond, in particolare quelli degli emittenti governativi. “Riteniamo che nella zona euro la soluzione migliore sia investire in soluzioni di green bond. Certo, vi sono numerose differenze tra i paesi. Basti pensare che alcuni non emettono bond sostenibili. Ma questo tipo di prodotti rimangono comunque la migliore risposta alle esigenze degli investitori, ad oggi”, commenta Hoogveld.

Se è vero che i titoli di Stato la fanno da padrone nel mercato degli ETF ESG e svolgono un ruolo fondamentale nel percorso verso lo sviluppo sostenibile, secondo Kuhn “bisogna stimolare la transizione delle aziende e non dei governi. Per questo in Fidelity utilizziamo un benchmark ad hoc per individuare le problematiche delle aziende”. 

Il panorama normativo in continua evoluzione ha avuto delle ripercussioni anche sul mercato degli indici ESG. E lo sa bene Nitharshini Thevathas di Euronext che sottolinea come la borsa paneuropea rispetti, in qualità di fornitore di indici, “tutte le normative, dall’SFDR, alla tassonomia, alle etichette locali che sono importanti per i nostri clienti. Ad oggi quasi l’80% delle offerte di Euronext include considerazioni ESG. Pertanto, esiste un intero team dedicato che, al fine di aiutare i clienti a fornire informazioni generali in ambito ESG, procura alcuni dati, ad esempio PAI (Principal Adverse Impact, ndr), dati richiesti dalla tassonomia europea. Forniamo inoltre dati specifici in linea con le etichette locali ESG. Inoltre, negli ultimi tempi, abbondano sempre di più le richieste di indici specifici come, ad esempio, quelli legati alla biodiversità”. Unica grave carenza del mercato degli indici attuale è, secondo Thevathas, la scarsa disponibilità di prodotti che affrontino le tematiche sociali. “Ma mi aspetto cambiamenti importanti in tal senso”, conclude l’esperta di Euronext. 

Certificati ESG e prodotti strutturati: istruzioni per l’uso

Al centro del secondo panel, moderato da Emanuele Grasso, Italy Securitised Derivatives Lead di Borsa Italiana, altre soluzioni di investimento sostenibile che sono state offerte agli investitori negli ultimi anni, i certificati ESG e i prodotti strutturati. Per farlo, Borsa Italiana ha coinvolto Alberto Amiotti, Institutional Sales, Banks & Investment Products di Banca Akros, che da 16 anni è attiva nel mercato dei foni strutturati e investe in prodotti tematici sostenibili, e Corrado Fiscale, Partner di Hogan Lovells, esperto di cartolarizzazioni sostenibili.

Partiamo dai fondi tematici strutturati sostenibili. Cosa sono? Come spiega l’esperto di Banca Akros, essi sono composti da un portafoglio obbligazionario e un “equity swap”, ovvero un contratto finanziario derivato in cui si concorda di scambiare una serie di flussi di cassa futuri tra due controparti a determinate date future. Ma qual è il ruolo dei prodotti strutturati? “Le attività strutturate prevedono meccanismi di mitigazione del rischio che favoriscono la diffusione di prodotti ESG”, sostiene Amiotti. Secondo l’esperto, il primo passo nell’attività strutturata è la scelta del tema di investimento. In secondo luogo, la coerenza con quanto proposto dai mercati azionari, dai settori e dalle aree geografiche. In terzo luogo, il pricing dei derivati corretto per la mitigazione del rischio e, infine, la collaborazione con i fornitori di indici. 

Sul secondo tema discusso, quello delle cartolarizzazioni ESG, “c’è ancora molto da fare” secondo Fiscale, soprattutto nel reddito fisso. Come mai? “La ragione di tale divario è principalmente la mancanza di incentivi ad investire in cartolarizzazioni sostenibili e, in secondo luogo, l’assenza di una definizione chiara di cartolarizzazione verde”. Ed è qui che si inserisce il dibattito europeo sulla possibilità di considerare o meno l’uso dei proventi (“use of proceeds”), come avviene nel caso del mercato dei green bond. Questo approccio, sottolinea Fiscale, sembra essere sostenuto dai regolatori finanziari europei, tanto che lo hanno inserito nella bozza finale del Regolamento UE sui Green Bond pubblicata a marzo 2023. Secondo l’esperto, per raggiungere un mercato europeo delle cartolarizzazioni ESG efficienze e trasparente, occorre adottare una definizione standard di cartolarizzazione ESG, creare un’etichetta (“label”) ESG ufficiale, simile a quella STS utilizzata per le cartolarizzazioni semplici, agire sul fronte dell’informativa e del reporting e introdurre a livello normativo alcuni sgravi per i cedenti (“originators”). 

Fondi ESG: focus sulle strategie di investimento sostenibili

In un periodo di alta inflazione e tensioni geopolitiche, le strategie di investimento sostenibili continuano ad essere sempre più richieste dagli utenti finali. Pertanto, i principali player dei mercati finanziari come gli asset manager, gli asset owner e le società di consulenza ESG, devono perfezionare la propria offerta sostenibile, al fine di rispondere alle esigenze dei clienti. Lo stato delle strategie di investimento ESG delle società di gestione e degli asset owner è il focus degli interventi della terza tavola rotonda, che ha visto la partecipazione di Giovanni Aquaro, EMEA Industry Leader for Finance di ERM, Dario Mangilli, Head of Sustainability di IMPact SGRGianluca Pediconi, Partner & Portfolio Manager di MOMentum Alternative Investment, Marco Seveso, Head of Investments di Soprarno SGR e Emilio Pastore, Head of Finance and Treasury, HDI Assicurazioni. 

Moderati da Caterina Crociata, Listing Account Manager di Borsa Italiana, i relatori hanno convenuto su un punto in particolare. Il mondo sta cambiando rapidamente e ciò richiede che i player finanziari adottino nuovi approcci di selezione delle aziende, passando dall’esclusione sistematica che veniva utilizzata un tempo all’integrazione dei fattori ESG quantitativi. I dati, però, vanno usati con cura, come sottolinea Mangilli. “È necessario un certo livello di consapevolezza quando si utilizzano dati sostenibili. Eppure, nonostante la loro complessità, i dati forniti dagli enti normativi sono fondamentali per garantire una maggiore trasparenza del mercato ed evitare il greenwashing”, evidenzia il gestore. 

La trasparenza è estremamente importante anche per Pediconi, ma per garantirla è necessario “non limitarsi ad una strategia di investimento basata sullo screening, ma piuttosto una valutazione più completa e olistica dell’azienda per non escludere a priori le società del settore brown, perché è proprio lì che si trovano le migliori opportunità”. 

Anche per Seveso di Soprarno SGR i criteri di esclusione sono superati e la vera rivoluzione è l’introduzione dei PAI. “Questi strumenti supportano le società di gestione nello screening di tutti i portafogli. In Soprarno SGR abbiamo addirittura incluso alcuni PAI che per gli enti normativi sono facoltativi, come quelli legati alla biodiversità”. Altro punto su cui Seveso insiste è che, una volta individuate le aziende che non sono allineate ai criteri ESG, la soluzione non è eliminarle dalla lista delle società investibili, ma al contrario potenziare il dialogo e l’engagement. “Solo così si può valutare l’impatto reale di un’organizzazione”, conclude Seveso. 

Punto di vista analogo quello di un asset owner come HDI Assicurazioni. Secondo Pastore, infatti, l’attività di engagement e active ownership è fondamentale. Il business delle compagnie di assicurazione presenta però alcune peculiarità che lo rendono unico. “Per le assicurazioni uno dei dati più importanti è il rapporto di liquidità, che è meglio che sia elevato”. Le strategie sostenibili preferite dalla compagnia di assicurazione sono i Green, Social e Sustainability Bond: “In particolare stiamo aumentando la presenza di Social Bond nel portafoglio perché permettono di integrare le attività sociali nei mercati finanziari. In Italia è una branca in divenire, ci sono pochi esempi a riguardo. Uno è l’emissione di Cassa Depositi e Prestiti destinata all’edilizia sociale”, afferma Pastore. 

Alla luce di ciò, qual è il punto di vista di una società di consulenza come ERM? “Ciò che stiamo sperimentando sul mercato come consulenti è la necessità per gli investitori di identificare approcci affidabili alle decisioni di investimento. La sfida principale è trovare il modo di equilibrare, standardizzare e di dotarsi di strumenti che consentano di guardare al futuro”, sostiene Aquaro. Per quanto riguarda i rating, secondo l’esperto di ERM “essi devono essere integrati nel processo di investimento, ma sono solo una componente del processo decisionale nel suo complesso”. Il consiglio di Aquaro è quello di integrare gli strumenti di rating e di ricorrere a più di una fonte di informazione per istituire un confronto e, infine, fare una valutazione completa del profilo ESG dell’azienda.

L’importanza della trasparenza per supportare i clienti nelle scelte di investimento sostenibili

A concludere la seconda giornata dell’evento di Borsa Italiana, due membri della Sustainable Finance Partnership, Banor SIM e Sycomore AM. Al centro del dibattito tra Francesca Mozzati, Product Specialist di Sycomore Asset Management Angelo Meda, Head of Equities di Banor SIM, moderati da Francesca Carlomagno, Manager, Fixed Income & EFT Sales di Borsa Italiana, la panoramica dell’idea del concetto di investimento sostenibile per le due aziende e dell’evoluzione nel tempo, fino agli ultimi sviluppi. 

“La nostra missione è investire in un’economia più sostenibile e inclusiva. Per farlo, ci affidiamo a strumenti come i principi OCSE o, più recentemente, i PAI, che ci supportano nell’identificazione dei rischi e delle opportunità ESG”, afferma Mozzati. Rispetto ai PAI in particolare, l’attività della società di gestione ne ricopre 42 e il 90% dell’AuM è composto da prodotti articolo 8 o 9. Sycomore AM, ricorda l’esperta, ha anche sviluppato una metodologia che misura il contributo delle aziende alla transizione ecologica, superando concetti come la carbon footprint e analizzando l’impatto ambientale di un prodotto o di un servizio con strumenti innovativi. Si tratta della Nec Initiative, una metrica utilizzata anche per le tematiche sociali. 

Anche in Banor SIM ormai da anni i team di investimento integrano l’analisi ESG con quella finanziaria. “In Banor SIM vengono utilizzati diversi parametri per monitorare le performance ESG, tutti ugualmente importanti”, spiega Meda, “generalmente, vengono identificati 3 o 5 KPI (Key Performance Indicators, ndr) per ogni azienda e vengono poi monitorati nel tempo”. Un aspetto messo in evidenza dall’esperto di Banor è la differenza tra investitori istituzionali e retail nell’ambito del rapporto coi clienti e il livello di trasparenza introdotto dall’SFDR. “Con gli istituzionali è più facile affrontare anche i temi più ostici perché sono dotati di nozioni simili a quelle di noi investitori. Con i retail, invece, si nota ancora un elevato livello di confusione. Sarebbe quindi necessario spiegare meglio e semplificare per gli investitori finali perché sono loro gli asset owner e, pertanto, coloro che possono realmente cambiare il mondo”, conclude Meda.