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Rischio idrico e fornitura di microchip, un’analisi sotto il profilo ESG

La crisi nelle forniture di chip, che sta creando difficoltà all’industria automobilistica e potrebbe arrivare a far sentire i suoi effetti sul settore dei prodotti tecnologici, è destinata a durare ancora a lungo. Almeno fino a metà del 2022. Il segnale di avvertimento è arrivato da Flex, il terzo produttore di chip al mondo, basato a Singapore ma con sedi produttive in tutto il mondo che ha affermato che le difficoltà di approvvigionamento di materie prime potrebbero durare ancora un anno.

Sul settore dei chip si è abbattuta una tempesta perfetta. Un insieme di circostanze di non consuete per le quali è interessante anche dare una lettura in chiave ESG, in quanto alcuni dei fattori che hanno creato la strozzatura nella produzione di questa piccola componente elettronica oramai indispensabile per molti dei prodotti di uso quotidiano, sono legati a questioni che hanno a che vedere con il cambiamento climatico e con temi come la gestione delle acque, come sottolinea l’analisi Mu Huang, Middle Office Manager, JK Capital Management Ltd., società parte del Gruppo La Française, che ha esaminato gli effetti dell’eccezionale siccità che ha colpito Taiwan, uno dei maggiori produttori di chip al mondo.

Una congiuntura anomala sia sul lato della domanda sia su quello dell’offerta

Certo per quanto riguarda la carenza di chip, c’è da tenere presente in primo luogo il rimbalzo della domanda che, con l’allentarsi delle restrizioni legate al Covid-19, è ripartita in modo più sostenuto del previsto per il settore automobilistico, andando ad aggiungersi a una maggiore richiesta di pc e prodotti elettronici registrata durante il lockdown, a causa del maggiore ricorso al lavoro a distanza. Il settore automobilistico, che di solito ha grande influenza sui propri fornitori, nel caso dei chip, non ha altrettanto potere di acquisto, e si è quindi trovato spiazzato dalla scarsa disponibilità dei piccoli circuiti.

Le case automobilistiche sono solo il quarto acquirente nel settore dei chip dopo computer, smartphone e prodotti di consumo. Per questo hanno risentito maggiormente della loro mancanza arrivando in alcuni casi a dover fermare le fabbriche per alcuni giorni.

Dal lato dell’offerta d’altro canto si sono verificati alcuni eventi anomali che non è facile pensare possano verificarsi congiuntamente e che si sono sommati ai rallentamenti e blocchi della produzione legati ai periodi di lockdown dovuti alla pandemia. A marzo c’è stato l’incidente della nave che ha causato il blocco del Canale di Suez portando a ritardi nella catena delle forniture, poi un grosso incendio ha messo fuori gioco un’importante fabbrica in Giappone. Inoltre la produzione di chip ha risentito dei blocchi della fornitura elettrica che hanno messo in ginocchio il Texas a febbraio per le condizioni climatiche di eccezionale gelo. A ciò si aggiunge l’inattesa siccità che ha colpito Taiwan, uno dei maggiori produttori di chip al mondo.

Il legame tra il rischio idrico a Taiwan e la fornitura di microchip

“Taiwan sta affrontando la siccità peggiore da più di mezzo secolo, che sta avendo un effetto più duraturo sull’industria dei semiconduttori e sull’economia dell’isola, rispetto a quanto previsto inizialmente. Molti dei serbatoi d’acqua dell’isola sono attualmente a meno del 20% della loro capacità, con livelli che scendono sotto il 10% per alcuni, compresi i serbatoi che sono la fonte primaria di acqua per i parchi scientifici. La carenza d’acqua” spiega Huang,manager di JK Capital Management (Gruppo La Française), “ha anche un impatto sulla produzione di energia idroelettrica. Anche se questa rappresenta solo il 2% del mix di produzione energetica di Taiwan, è la fonte di energia ideale per soddisfare improvvisi aumenti della domanda. Poiché il nesso acqua-energia ha parzialmente portato al razionamento, non si può più contare sull’energia idroelettrica per compensare l’eccesso di domanda degli utenti commerciali e residenziali, che ora sono testimoni di blackout a rotazione in tutta l’isola”.

Mu Huang, JK Capital Management (Gruppo La Française)

L’analista sottolinea che, poiché Taiwan è uno dei luoghi più piovosi del mondo, storicamente l’approvvigionamento idrico non è mai stato un problema. Questo era un vantaggio per i produttori di chip, dato che la produzione avanzata di semiconduttori dipende fortemente da una fornitura stabile di acqua dolce di alta qualità.

“Con questa storica siccità, il governo di Taiwan ha deciso di interrompere l’irrigazione di decine di migliaia di acri di terreno agricolo, al fine di dare priorità alla preziosa fornitura di acqua per la sua industria più importante, i semiconduttori. In alcune città” sottolinea Huang, “il governo ha persino iniziato a razionare l’uso dell’acqua sospendendo le forniture per due giorni alla settimana”.

Nel frattempo, i principali produttori di chip dell’isola, tra cui TSMC, United Microelectronics e Winbond, hanno anche avviato i loro piani di emergenza per affrontare la carenza d’acqua, compresa la mobilitazione di camion d’acqua. TSMC ha ordinato oltre 100 camion d’acqua per 30 milioni di dollari, il che potrebbe essere solo l’inizio di un costo dell’acqua inevitabilmente crescente per l’azienda. L’altro piano di emergenza di TSMC comprende un impianto di trattamento delle acque reflue in grado di trattare l’acqua industriale in modo che possa essere riutilizzata per produrre semiconduttori.

Secondo l’ultimo rapporto sulla sostenibilità dell’azienda, attualmente utilizza 156.000 tonnellate di acqua al giorno e l’impianto di trattamento sarebbe in grado di generare 67.000 tonnellate di acqua che tornerebbero nel processo di produzione di chip entro il 2024, circa il 43% del suo bisogno. Tuttavia, la domanda di approvvigionamento idrico potrebbe aumentare significativamente in futuro e questo potrebbe portare solo un sollievo marginale.

“Un sistema EUV (Extreme Ultraviolet Lithography) da 200W, che è richiesto per la produzione di chip da 7nm o inferiori, richiede 1.600 litri di acqua al minuto per il raffreddamento, mentre una macchina convenzionale DUV (Deep Ultraviolet Lithography) che produce chip meno avanzati richiede solo 75 litri al minuto. Quindi, quando l’attenzione della produzione si sposterà verso chip più avanzati (14mn o meno), aumenterà anche il fabbisogno d’acqua dei produttori di chip, e in modo drammatico” rileva Huang.

E la questione è rilevante anche sotto il profilo dell’analisi ESG. “Nonostante offra un livello avanzato di informativa in termini di questioni ESG (ambientali, sociali e di governance), TSMC non riesce tuttavia a valutare a fondo il potenziale rischio di approvvigionamento idrico che potrebbe portare a un’interruzione delle operazioni. Nel suo questionario CDP Water Security 2020”, rilarca l’analista, “l’azienda ha trovato che “la siccità è il principale rischio potenziale per l’acqua, anche se la probabilità di siccità è ‘improbabile'”, sebbene il WRI Aqueduct Water Risk Atlas riveli che molte delle fonderie dell’azienda sono situate in aree a medio-alto rischio idrico”.

Location of TSMC Foundries Clusters

Questo certamente non riguarderebbe solo TSMC, in quanto altri produttori di chip e aziende di produzione di elettronica a Taiwan potrebbero presto sperimentare interruzioni di funzionamento a causa di carenze di approvvigionamento idrico e altri eventi causati dal clima. La questione potrebbe essere peggiore per loro in quanto hanno meno risorse e competenze per risolvere il problema.

“Questo è uno degli esempi in cui la comprensione e l’analisi delle divulgazioni ESG di un’azienda è fondamentale perché rivela un rischio operativo significativo. Continueremo a monitorare la situazione della siccità di Taiwan e i piani di emergenza che i produttori di chip stanno mettendo in atto per l’inevitabile futuro verificarsi di situazioni simili” conclude il manager del gruppo La Française.