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Consultazione

Eurosif risponde a ESMA su product governance, chiede maggiore armonizzazione

Eurosif, Forum Europeo sugli Investimenti Sostenibili, ha presentato in corner la sua risposta alla consultazione dell’ESMA (European Securities and Markets Authority) sulla revisione delle linee guida sui requisiti di governance dei prodotti MiFID II, lanciata a inizio luglio. Approvando in gran parte le integrazioni agli orientamenti dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati proposte, ha al contempo aggiunto una serie di suggerimenti per migliorarne l’applicabilità e garantire che si basino sulle linee guida recentemente pubblicate su alcuni aspetti dei requisiti di idoneità.

Per quanto concerne l’identificazione di un potenziale mercato target da parte del produttore, Eurosif ritiene che per tutti i prodotti finanziari, sia quelli che considerano i fattori di sostenibilità che quelli che non li considerano, non sia necessario definire un mercato target negativo rispetto agli obiettivi legati alla sostenibilità del prodotto, bensì l’azienda dovrebbe sempre eseguire una valutazione del mercato target negativo rispetto alle cinque “vecchie” categorie di mercato target (tipo di cliente, conoscenza ed esperienza, situazione finanziaria, tolleranza al rischio e obiettivi ed esigenze).

In particolare, il Forum ha concordato con l’ESMA sul fatto che i fattori di sostenibilità non dovrebbero essere una base, di per sé, per limitare il mercato di destinazione di un prodotto. Al contempo però le autorità di vigilanza dovrebbero tuttavia riconoscere che le caratteristiche di sostenibilità di un prodotto possono influire sul suo profilo di rischio/rendimento e sulla sua struttura tariffaria. Di conseguenza, le caratteristiche di sostenibilità di un prodotto possono contribuire a renderlo inadeguato per alcuni mercati target.

In generale poi l’Eurosif si è detto concorde con l’approccio suggerito e la necessità di identificare e descrivere gli obiettivi legati alla sostenibilità con cui un prodotto è compatibile in base alle sue caratteristiche, poiché i clienti probabilmente includeranno gli obiettivi legati alla sostenibilità come parte dei loro obiettivi e bisogni più ampi. L’istituzione ha infatti sottolineato come la domanda di investimenti sostenibili ed ESG sia aumentata notevolmente negli ultimi anni. I requisiti della MiFID II sull’integrazione delle preferenze dei clienti in materia di sostenibilità nella valutazione dell’idoneità, secondo il Forum, faranno dunque sì che i clienti esprimano le loro preferenze in materia ESG in termini specifici, richiedendo una percentuale minima di allineamento alla tassonomia.

Proprio per questo, però, è necessario che, nell’interesse di facilitare la distribuzione di prodotti con caratteristiche o obiettivi legati alla sostenibilità, le terminologie utilizzate da produttori e distributori dovrebbero essere armonizzate il più possibile. Idealmente, il termine “preferenze di sostenibilità” dovrebbe essere applicato nel contesto del regime di governance dei prodotti con lo stesso significato attribuito alla valutazione di idoneità.

Inoltre, l’Eurosif ha evidenziato come nel caso di alcuni strumenti finanziari, la specificazione di una proporzione o quota minima di allineamento tassonomico o di “investimento sostenibile” potrebbe non essere del tutto pratica o pienamente pertinente, in particolare in relazione ad alcuni tipi di derivati, come gli swap su valute e gli swap su tassi di interesse.

Più in generale, l’applicazione del concetto di proporzione minima ai prodotti finanziari ai fini delle disposizioni della MiFID II sulla raccolta delle preferenze dei clienti in materia di sostenibilità è praticamente difficile a causa dei dati limitati o talvolta inaffidabili provenienti dalle società partecipate e delle interpretazioni divergenti del concetto di “investimento sostenibile”.

Ad esempio, la percentuale di “investimenti sostenibili” in un prodotto dipende dal quadro di riferimento per la qualificazione degli “investimenti sostenibili” che viene applicato e che varia a seconda delle istituzioni finanziarie. L’esperienza di mercato ha rivelato che i gestori di patrimoni differiscono notevolmente nella quota dell’indice MSCI ACWI che si qualifica come “investimenti sostenibili”, il che riflette quanto siano divergenti i loro approcci.

Allo stesso modo, è altrettanto difficile determinare una percentuale minima di “investimenti sostenibili” nel caso di una partecipazione azionaria o di un’azione in una società. Mentre l’allineamento tassonomico e i PAI possono essere calcolati per le singole società, determinare la quota delle loro attività, e il calcolo dei ricavi da esse derivanti, che si qualificano come sostenibili (il cosiddetto approccio “look-through” o “revenue-weighted approach”) sarebbe un esercizio molto più impegnativo.

Per questo è essenziale che venga fatta ulteriore maggiore chiarezza su questi temi e che l’approccio più ampio che esso prevede venga utilizzato solo quando gli altri criteri non sono applicabili.