Regolamentazione UE

ESMA: meno dell’1% dei fondi ESG soddisfa i criteri Ecolabel dell’UE

Quasi nessun fondo sostenibile soddisfa i criteri minimi richiesti per il marchio Ecolabel proposto dall’Unione europea. È quanto emerso dall’analisi dell’European Securities and Markets Authority (ESMA), che ha preso in esame 3.000 fondi UCITS focalizzati sui temi ESG con un patrimonio gestito complessivo di 1 trilione di euro. Secondo lo studio, solo 16 tra i fondi esaminati – ovvero lo 0,5% – soddisfano la soglia di “ecologicità” del portafoglio del 50% e i criteri di esclusione richiesti dal marchio europeo.

L’Ecolabel è un marchio europeo assegnato a prodotti e servizi ecologici. Al momento le autorità di regolamentazione stanno valutando una versione del marchio per i prodotti finanziari retail (“al dettaglio”), nel tentativo di aiutare gli investitori retail a prendere decisioni sulla sostenibilità dei prodotti finanziari.

Tuttavia, permangono disaccordi su quanto debbano essere rigorosi i requisiti, con l’autorità di regolamentazione che si trova ad affrontare una linea sottile tra l’aumento del numero di fondi che utilizzano il marchio e il danneggiamento della sua credibilità.

L’analisi, che ha utilizzato i dati di Morningstar, comprende esclusivamente i fondi etichettati ai sensi dell’articolo 8 e dell’articolo 9 del regolamento sulla finanza sostenibile (SFDR).

Rispetto al requisito dell’Ecolabel relativo all’indice di ecologicità del portafoglio superiore al 50%, l’ESMA ha riscontrato che solo 26 fondi – meno dell’1% del suo campione – superano la soglia, tra cui 10 fondi ex articolo 8 e 16 fondi ex articolo 9. Secondo l’ESMA, l’allentamento del requisito del 50%, che a suo avviso è elevato rispetto alle etichette dei fondi green già esistenti in alcuni Paesi dell’UE, aumenterebbe notevolmente il numero di fondi che soddisfino la soglia. Secondo l’indagine, ad esempio, se la soglia fosse del 40% 69 fondi sarebbero in grado di soddisfarla, mentre se fosse del 30% addirittura 136 fondi la soddisferebbero (come si vede nel grafico).

Fondi al di sopra della soglia minima di ecologicità del 50%

Fonte: Morningstar, FTSE-Russell, ESMA.

Per quanto riguarda l’altro requisito, la metrica di esclusione di un portafoglio, l’ESMA ha rilevato che il 73% dei fondi aveva almeno una certa esposizione ai combustibili fossili, il che significa che non si sarebbero qualificati per un marchio ecologico.

Percentuale di fondi che soddisfano il criterio di esclusioni dell’Ecolabel

Fonte: Morningstar, FTSE-Russell, ESMA. Si noti che il criterio legato all’esclusione del settore dei combustibili fossili è quello che viene soddisfatto in misura minore.

Nel complesso, combinando l’indice di ecologicità del portafoglio e le esclusioni ESG, solo 16 fondi soddisfano i requisiti dell’Ecolabel.

Nel documento, l’organismo di settore sottolinea anche che requisiti meno stringenti attirerebbero in futuro maggiori investimenti in un’economia a basse emissioni di carbonio: “Requisiti meno stringenti dovrebbero portare a una maggiore offerta di prodotti Ecolabel, che potrebbero attirare un maggior numero di investitori e volumi di finanziamento, a condizione che tali azioni non danneggino la credibilità del marchio”.

Dall’altra parte, con il progressivo completamento della tassonomia UE e l’avvio della transizione verso un futuro più verde da parte di un numero sempre maggiore di aziende, i requisiti più stringenti diventeranno più facili da soddisfare nel tempo, ha evidenziato l’ESMA.

Il rapporto giunge in un momento di profonda confusione, in cui l’SFDR è in via di definizione e soggetta ad un esame approfondito da parte delle ESA (le autorità di vigilanza europee, ESMA, EIOPA ed EMA) e della Commissione UE, nel tentativo di rispondere al ritardo nella definizione delle regole e ad una scarsa chiarezza su diversi punti. A ciò si aggiunge il fatto che negli ultimi mesi diversi fondi ESG sono stati declassati, secondo Bloomberg oltre 100 miliardi di dollari di fondi sostenibili.