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CDP: solo il 2% delle aziende mondiali rientra nella “A list” di leader ambientali, 6 sono italiane

Sono 272 le aziende in tutto il mondo che, per un valore di mercato di 12 trilioni di dollari, si sono distinte per la loro leadership ambientale, È quanto emerge dalla pubblicazione della “A List” 2021 del CDP Worldwide (Carbon Disclosure Project), organizzazione non-profit che gestisce il sistema mondiale di divulgazione ambientale per aziende, città, stati e regioni e basa il proprio rating sul livello di trasparenza e sulle performance in materia di cambiamento climatico, foreste e sicurezza idrica dei soggetti analizzati. Alcuni grandi nomi della A List di CDP includono Diageo, Infosys, PepsiCo, TETRA PAK, AstraZeneca, Colgate Palmolive e Lenovo Group. 

La Cop26 tenutasi a Glasgow il mese scorso e il sesto rapporto di valutazione dell’IPCC hanno chiarito che le questioni ambientali sono interconnesse e per questo devono essere gestite insieme. Sembra che le aziende lo stiano gradualmente riconoscendo e, di conseguenza, stiano adottando un approccio più olistico al reporting.

Il leader mondiali

Nella lista di CDP Worldwide, sono 14 le aziende pioniere, tra cui L’Oréal, Unilever, HP e Lenzing AG, che hanno ottenuto una tripla A per le loro prestazioni su tutti e tre i temi ambientali nel 2021, un aumento rispetto alle 10 società dell’anno scorso. Inoltre, il numero di aziende nella “A list” delle foreste è salito da 16 a 24, mentre la “A list” dell’acqua è cresciuta da 106 a 118. 

Le aziende che si sono aggiudicate una tripla A

La riduzione, invece, del numero di aziende incluse nella “Climate A List”, da 280 l’anno scorso a 200 quest’anno, è da ricondursi al fatto che il consenso su ciò che si qualifica come leadership climatica si è evoluto e, quindi, l’asticella si è alzata. Tra gli altri criteri, per ottenere una A, le aziende devono avere una solida governance e supervisione delle questioni climatiche, rigorosi processi di gestione del rischio, emissioni verificate nell’ambito 1 e 2 e ridurre le emissioni nella loro catena del valore. La maggior parte ora ha anche obiettivi di emissioni ben stabiliti che sono stati approvati dall’iniziativa Science Based Targets, e prove di obiettivi che coprono le loro emissioni di scopo 3. 

Le società italiane

Le società italiane che hanno aderito alla classificazione di CDP sono 221 in totale, e hanno ottenuto però diversi punteggi. Tra le 200 aziende incluse nella “Climate A List”, le italiane sono 6Brembo, Enel, Leonardo, Pirelli, Salvatore Ferragamo e Sofidel.

Unica azienda a ricevere una A in più di una categoria, precisamente nella “Climate Change” e in quella “Water Security”, è Brembo, mentre le altre hanno ottenuto il punteggio più alto solo rispetto a “Climate Change”. Nessuna si è distinta nell’ambito “Forests”. Sono un numero consistente (18) anche le società italiane che hanno ottenuto il secondo punteggio migliore, B, nella categoria “Climate Change”: Assicurazioni Generali, Atlantia, BPER Banca, Banca Generali, Banco BPM, Esselunga, Ferrari, Gruppo Ferrovie dello Stato, Inwit, Maire Tecnimont, Neodecortech, Piaggio & C, Prysmian, Rai Way, Saipem, Unipol Gruppo, Webuild e Zignago Vetro.

Le aziende italiane, invece, che hanno ottenuto nella categoria “Climate Change” la votazione peggiore (F) sono 37. Tra queste, le più note sono Amplifon, Autogrill, Banca Monte dei Paschi di Siena, Enav, Falck Renewables, Juventus Football Club, Luxottica, Sogefi, TOD’S e Technogym.  

Troppe aziende ancora non comunicano i propri dati

Tornando alle società di tutto il mondo, un dato incoraggiante è che 509 aziende hanno migliorato i loro punteggi, passando dalla classificazione C o inferiore nel 2020 alla B nel 2021, il che significa che sono passate dalla semplice divulgazione e consapevolezza del loro impatto ambientale all’azione per gestirlo. 

Sebbene questo aspetto sia molto positivo, è bene sottolineare che solo il 2% di tutte le aziende valutate hanno ottenuto il punteggio A, e il 58% ha ottenuto un punteggio tra C e D, che significa che stanno solo iniziando a riconoscere il loro impatto ambientale. È anche preoccupante che 16.870 aziende che valgono 21.000 miliardi di dollari, tra cui Chevron, Exxon Mobil, Glencore e Berkshire Hathaway, non hanno risposto alla richiesta di informazioni dei loro investitori e clienti, o hanno fornito informazioni insufficienti.

Queste aziende che non divulgano, tuttavia, andranno sempre più incontro a difficoltà legate ai cambiamenti in atto, con requisiti di divulgazione sempre più stringenti. Non a caso, CDP nel 2021 ha registrato oltre 13.000 divulgazioni aziendali, che rappresentano circa il 64% della capitalizzazione del mercato globale, un record assoluto. Inoltre, c’è una crescente domanda del mercato per la trasparenza ambientale aziendale: più di 590 investitori con oltre 110 trilioni di dollari in attività e 200 grandi acquirenti con 5,5 trilioni in spese di approvvigionamento hanno richiesto dati ambientali aziendali attraverso CDP Worldwide nel 2021.

Esistono anche prove che suggeriscono che le aziende che ottengono un punteggio elevato sulle metriche ambientali hanno buone prestazioni finanziarie: l’indice Stoxx Global Climate Change Leaders, che si basa sulla “A list” del CDP, ha visto un rendimento medio annuo del 5,8% superiore al suo indice di riferimento negli ultimi otto anni.

“La COP26 ha evidenziato il ruolo necessario delle imprese nel guidare i cambiamenti dell’economia reale per affrontare l’emergenza climatica ed ecologica, e restare entro 1,5°C. È fantastico che ogni anno sempre più aziende rivelino il loro impatto e riconoscano l’interconnessione delle questioni ambientali. Ora abbiamo bisogno di vedere un’azione ancora più ambiziosa sul clima, e più imprese che si facciano avanti in altre aree del capitale naturale. 17.000 aziende che non riescono nemmeno a fare il primo passo e riportare i loro dati ambientali sono troppe”, ha commentato Dexter Galvin, direttore globale di Corporations & Supply Chains del CDP.

Ad oggi, CDP assegna un punteggio alle aziende sulla base di una metodologia trasparente che copre la divulgazione, la consapevolezza, la gestione e la leadership. Da qui al 2025, per sostenere la necessità di raggiungere emissioni nette zero e la piena rivalorizzazione della natura entro il 2050, l’organizzazione non-profit ha intenzione di sviluppare i suoi metodi di punteggio per concentrarsi ancora di più sul monitoraggio rispetto ai benchmark e ai percorsi scientifici che riflettono gli impatti storici, attuali e previsti delle aziende, così come i portafogli di prodotti e i piani di investimento e di transizione. Come parte della sua nuova strategia quinquennale, e per aiutare ad affrontare l’emergenza climatica ed ecologica, CDP espanderà anche il suo lavoro per coprire più questioni ambientali, includendo terra, oceani, biodiversità, resilienza, rifiuti e cibo.