Conflitto russo-ucraino

Le “big company” tagliano i rapporti con la Russia

Cresce il numero delle big company occidentali decise a tagliare i rapporti con la Russia. A discapito di quelli che possano essere gli impatti economici sul bilancio aziendale, le grandi multinazionali sanno che i danni reputazionali di un eventuale non schieramento possano essere ben maggiori. L’opinione pubblica, e con essa i consumatori, è ben schierata contro il conflitto russo-ucraino e scegliere “da che parte stare” non è solo una decisione economica, ma anche e sopratutto politica e di governance. Decisioni che si inseriscono in una comprensibile risposta alle drammatiche notizie che giungono dall’Ucraina, ma che portano indietro nel tempo le relazioni costruite negli anni dalla glasnost tra Occidente ed ex Unione sovietica.

Proprio per questo continuano ad arrivare dichiarazioni delle grandi multinazionali in merito. Dopo BP, Shell, il fondo sovrano norvegese, anche Exxon Mobil ha dichiarato di “sostenere il popolo dell’Ucraina che cerca di difendere la propria libertà e determinare il proprio futuro come nazione” e di ” essere profondamente rattristati dalla perdita di vite innocenti” e pertanto di “sostenere la forte risposta internazionale”.

ExxonMobil che gestisce in Russia il progetto Sakhalin-1 per conto di un consorzio internazionale di aziende giapponesi, indiane e russe, ha dunque deciso di interrompere le relative attività e operazioni, legate alla produzione di petrolio e gas, le quali erano state valutate oltre 4 miliardi di dollari nell’ultimo rapporto di febbraio. Data la situazione attuale, ExxonMobil ha inoltre annunciato che intende bloccare anche gli investimenti futuri in loco, sebbene fosse in cantiere la costruzione di un impianto GNL proprio sull’isola di Sakhalin.

Ma quelle del settore Oil&Gas non sono state le uniche società a schierarsi. Ieri, anche la Apple ha dichiarato che ha deciso di interrompere le vendite dei propri prodotti in Russia e ha bloccato l’accesso ai media statali Russia Today e Sputnik dall’Apple Store di I-phone anche fuori dal Paese sovietico (scelta che è stata effettuata anche da Facebook, YouTube e TikTok, i quali hanno bloccato i media di stato russi in Europa, mentre Google li ha rimossi dai risultati della ricerca News).

E l’elenco delle aziende internazionali si estende anche con Ford, che in una nota annuncia di sospendere le sue attività in Russia con effetto immediato fino a data da destinarsi, e BMW, che ha deciso di fermare l’impianto di produzione di automobili di Avtotor a Kaliningrad (la città più occidentale della Russia, exclave tra Polonia e Lituania) e tutte le forniture al mercato russo dall’estero, rendendo noto nel comunicato che “Alla luce dell’attuale situazione geopolitica, ulteriori decisioni verranno prese a seconda dell’evoluzione”. La Nike ha, invece, dichiarato di non poter garantire le consegne nel paese.

Decisamente di parte è stato anche il settore dell’intrattenimento che ha visto la Disney e Warner Bros ritirare l’uscita dei film Batman, Morbius e Turning Red nei cinema russi.

Sul fronte finanziario, Euroclear, società belga di servizi finanziari e il più grande depositario di titoli al mondo, ha annunciato di non accettare più rubli come valuta di regolamento e di disabilitare il proprio conto presso ING Bank (suo corrispondente di cassa a Mosca) con effetto immediato.

Infine, oggi, il gruppo DWS, uno dei principali Asset Manager a livello globale con 928 miliardi di euro di patrimonio in gestione, ha comunicato che i fondi comuni gestiti attivamente da DWS non effettueranno più nuovi investimenti in titoli russi fino a nuovo avviso. Inoltre, si legge nel comunicato, “in coordinamento con i consigli dei fondi, sospenderemo la sottoscrizione di nuove quote in fondi comuni con una significativa esposizione russa e gestiremo l’esposizione russa esistente per conto dei nostri clienti in linea con la politica di investimento dei singoli fondi e con il nostro impegno fiduciario. Naturalmente, attueremo anche tutte le sanzioni imposte dall’UE, dal Regno Unito e dagli Stati Uniti alle entità russe”.