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Corporate Sustainability Reporting Directive

Dal GRI una guida pratica e gratuita sulla CSRD

CSRD Essentials, cioè “Elementi essenziali della CSRD”. È il titolo del nuovo documento pubblicato dal GRI (Global Reporting Initiative), in cui l’iniziativa globale affronta temi chiave relativi all’attuazione della CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), la direttiva europea sul reporting di sostenibilità ormai entrata in vigore nel gennaio 2023 e che dovrà essere recepita a livello nazionale da ciascun Stato membro entro il 6 luglio 2024 (in Italia il MEF ha avviato a febbraio una consultazione pubblica sullo schema di decreto di recepimento della direttiva). 

Tempi di applicazione della CSRD

Secondo la norma, più di 42.500 aziende con sede nell’UE, oltre a diverse migliaia di imprese al di fuori del continente, sono tenute a riferire sia su come le questioni di sostenibilità influiscono sulle prestazioni aziendali sia su come le attività commerciali influiscono sulla società e sull’ambiente. 

Il documento del GRI si caratterizza come “risorsa pratica e gratuita” indirizzata ai policy maker e agli esperti di rendicontazione della sostenibilità, che si concentra su alcuni temi chiave, quali: l’ambito, la tempistica e le interazioni con gli standard esistenti; il modello di reporting; le interconnessioni giuridiche; e l’applicazione per le PMI (piccole e medie imprese). 

NFRD vs CSRD: cosa c’è di nuovo?

Lo sviluppo della CSRD nasce dalla normativa che sostituisce, la NFRD (Non Financial Rerporting Directive), un quadro normativo europeo progettato per migliorare la trasparenza e la divulgazione di informazioni non finanziarie da parte di alcune grandi società e gruppi all’interno dell’UE. Adottata nel 2014, la NFRD ha incoraggiato le aziende a iniziare a considerare i fattori ambientali, sociali e di governance nelle loro strategie e operazioni aziendali e ha richiesto alle imprese di divulgare determinate informazioni non finanziarie. 

C’è però una grande differenza con la nuova normativa: se prima ad essere coinvolte dalla NFRD erano circa 11.000 società, ad essere incluse nell’ambito di applicazione CSRD sono cica 42.500 aziende. Altre due importanti distinzioni sono legate alla previsione di processi di audit obbligatori, che erano volontari nel caso della NFRD, e ai requisiti di rendicontazione, molto più complessi ed esaustivi nella versione CSRD.

Le società incluse nella CSRD

Vari tipi di società rientrano nel campo di applicazione della CSRD, a seconda di criteri dimensionali specifici. È questo il caso degli enti di interesse pubblico grandi, piccoli e medi, ovvero:

  • Società quotate in mercati regolamentati;
  • Istituti di credito, compagnie di assicurazione, mutue o altro, comprese le cooperative;

Rientrano nel campo di applicazione della CSRD anche tutte le società con sede nell’UE che possono essere considerate “grandi imprese” perché superano almeno due delle tre soglie:

  • fatturato netto medio pari a 50 milioni di euro;
  • stato patrimoniale medio pari a 25 milioni di euro; 
  • almeno 250 dipendenti.

Sono coinvolte, con tempi di applicazione diversi, anche le PMI. Sono escluse, però, le microimprese che non soddisfano tre criteri:

  • un fatturato netto di 900.000 euro;
  • un bilancio di 450.000 euro; 
  • 10 dipendenti.

Infine, le società con sede centrale al di fuori dell’UE e con una filiale quotata (grande, piccola o media) in Europa, rientrano nell’ambito di applicazione della CSRD se:

  • la controllata (grande, piccola o media) è un ente di interesse pubblico e quotato su un mercato regolamentato dall’UE;
  • la filiale realizza oltre 40 milioni di euro di fatturato netto l’anno;
  • la società che possiede (o controlla) la filiale genera più di 150 milioni di euro nell’UE per almeno due anni consecutivi.

Entro aprile 2029 la Commissione dovrebbe esprimersi sulla possibilità di estendere, e come farlo, ulteriormente il campo di applicazione, soprattutto in relazione alle PMI e alle imprese di Paesi terzi. 

Cosa sono gli standard ESRS

Gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) delineano i requisiti di informativa che le aziende devono soddisfare per conformarsi alla CSRD. È la direttiva stessa a prevedere che vengano utilizzati questi standard che rappresentano, spiega il GRI, un “ricettario dettagliato” per capire come adeguarsi alla CSRD.

Gli standard ESRS richiedono alle aziende di divulgare informazioni su cinque aree:

  • Modello di business;
  • Politiche, compresi i processi di due diligence;
  • I risultati di queste politiche;
  • I rischi e la gestione del rischio;
  • Gli indicatori chiave di prestazione (KPI) rilevanti per l’attività dell’azienda.

Esistono diversi tipi di standard, sui quali il GRI fa il punto nel documento. Quello “completo” (full in inglese) è destinato alle società quotate e a quelle di grandi dimensioni, mentre per le PMI ne è previsto uno ad hoc, così come per le aziende di Paesi terzi. Lo standard ESRS completo è composto a sua volta da tre categorie: standard trasversali (più generici, che interessano tutti), standard topici (riferiti alle macroaree di interesse) e standard settoriali. Nel dettaglio, gli standard trasversali definiscono i principi generali del reporting secondo l’ESRS1, delineando quindi le informazioni essenziali da divulgare. L’ESRS2, invece, riguarda temi di sostenibilità specifici e si serve quindi delle disposizioni previste dagli standard topici e settoriali. Per quanto riguarda questi ultimi, prima del 2027 non è previsto che vengano utilizzati dalle aziende: da quella data, invece, le società dovranno rendicontare informative specifiche a seconda del loro settore di appartenenza. La CSRD prevede anche degli standard per le PMI quotate, più semplici rispetto agli altri e proporzionati alla capacità di rendicontazione delle PMI, nonché alla portata e alla complessità delle loro attività. Questi standard sono ancora in fase di sviluppo, ma dovrebbero essere adottati entro giugno 2024 e si applicheranno a partire dall’anno fiscale 2026, con la possibilità di richiedere un’opzione di rinvio di 2 anni (un ritardo). Infine, è disponibile uno standard volontarioper le PMI non quotate, e uno standard per le aziende di Paesi terzi (che verrà applicato dall’anno fiscale 2028).

La questione della materialità

La corretta applicazione degli standard ESRS richiede a tutte le aziende di condurre una valutazione della materialità che applichi il principio della doppia materialità (identificazione dell’impatto rilevante della società su ambiente e persone e dell’impatto dei fattori ESG sulla stabilità finanziaria dell’impresa). È un passaggio fondamentale per identificare le informazioni più importanti da rendicontare, utilizzando lo standard pertinente.

Interconnessioni giuridiche

La CSRD interagisce con altre importanti normative preesistenti. In particolare, spiega il GRI, la direttiva modifica quattro atti legislativi europei strutturali in materia di diritto societario:

  • La Direttiva Contabile, che stabilisce regole e standard per la predisposizione e presentazione dei bilanci, compresi quelli di sostenibilità, da parte delle imprese. La CSRD “estende le norme esistenti che disciplinano la divulgazione di informazioni finanziarie per comprendere dettagli specifici sulla divulgazione di informazioni relative alla sostenibilità;
  • La Direttiva Trasparenza, che mira a migliorare la trasparenza dei mercati finanziari stabilendo obblighi di informativa per gli emittenti di titoli quotati sui mercati regolamentati. Per garantire che le società quotate su un mercato regolamentato dell’UE rispettino gli stessi requisiti di rendicontazione sulla sostenibilità delle società non quotate che rientrano nell’ambito di applicazione della Direttiva contabile, la CSRD modifica di conseguenza la Direttiva sulla trasparenza. Inoltre, stabilisce i criteri con cui la Commissione Europea valuta l’equivalenza degli standard di rendicontazione di sostenibilità utilizzati dagli emittenti di Paesi terzi;
  • La Direttiva Audit, che stabilisce le regole per la revisione legale dei conti annuali e dei bilanci di sostenibilità nell’UE. Con la CSRD viene introdotta una garanzia obbligatoria (audit) delle informazioni sulla sostenibilità da parte di terzi indipendenti. Può trattarsi del revisore legale, che già verifica le informazioni finanziarie, o di un secondo revisore o di un fornitore di servizi di assicurazione dell’indipendenza (IASP), se consentito dalle autorità pubbliche nazionali. La CSRD modifica inoltre la Direttiva Audit, aggiungendo requisiti specifici alle competenze formative necessarie, consentendo così ai revisori legali di qualificarsi per lo svolgimento di incarichi di garanzia della sostenibilità.
  • Il regolamento sulla revisione contabile, che stabilisce requisiti e norme specifici che disciplinano lo svolgimento e il controllo delle revisioni legali dei conti di enti di interesse pubblico. In questo caso, la CSRD estende il divieto di prestazione di servizi diversi dalla revisione contabile alla garanzia di sostenibilità, ed estende i limiti di alcuni compensi di revisione per includere servizi di garanzia della sostenibilità.

Per quanto riguarda, invece, il regolamento sulla tassonomia europea, che stabilisce criteri specifici affinché le attività economiche possano essere classificate come sostenibili dal punto di vista ambientale, il GRI specifica che la CSRD integra tale normativa, in particolare in riferimento all’articolo 8 della tassonomia. Quest’ultimo prevede, infatti, degli obblighi per grandi imprese e istituti finanziari di divulgare informazioni riguardanti l’impatto ambientale delle loro attività economiche. 

Anche con il regolamento SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), che mira a migliorare la trasparenza e la sostenibilità dell’informativa nel settore finanziario stabilendo un quadro su come i partecipanti ai mercati finanziari e i consulenti finanziari integrano le considerazioni ESG nei loro processi di investimento, c’è interoperabilità. Soprattutto per quanto riguarda i Principal Adverse Impact (PAI), ovvero gli effetti o gli impatti negativi che le decisioni di investimento dei partecipanti ai mercati finanziari potrebbero avere su questioni di sostenibilità. Gli standard ESRS, evidenzia il GRI, dovrebbero aiutare le istituzioni finanziarie a costruire parametri rilevanti per la divulgazione dei PAI.

Format della divulgazione secondo la CSRD

A differenza della NFRD, la CSRD specifica il format della divulgazione e gli standard che le aziende dovranno rispettare per redigere i propri rapporti. In particolare, la direttiva richiede che le informazioni sulla sostenibilità siano collocate in una sezione particolare della relazione sulla gestione annuale, anziché in una relazione sulla sostenibilità separata. Le aziende sono tenute a pubblicare il bilancio sul proprio sito o a renderne disponibile una copia cartacea su richiesta. La loro relazione, inoltre, deve essere presentata all’autorità competente in conformità con le normative nazionali. La CSRD, infine, estende l’obbligo di utilizzare il formato elettronico unico europeo (ESEF) per le relazioni finanziarie annuali anche alla divulgazione di informazioni sulla sostenibilità e alle società non quotate che rientrano nel campo di applicazione della direttiva. A tal proposito, l’EFRAG è stato incaricato di sviluppare la tassonomia digitale XBRL per la rendicontazione sulla sostenibilità, con cui deve creare un linguaggio informatico comune.

Le PMI e la catena del valore

Le piccole e medie imprese (PMI), se non quotate, non sono coperte dalla CSRD. Sono circa 1.000 le PMI quotate che dovranno divulgare ai sensi della direttiva, secondo il calendario di recepimento. Se non coinvolte direttamente, le PMI saranno chiamate in causa anche indirettamente tramite la richiesta di informazioni sulla sostenibilità da parte delle grandi aziende loro partner, spinte a interpellare i soggetti attivi nella catena del valore, come i fornitori e i clienti. Riconoscendo il potenziale onere aggiuntivo per le PMI, la CSRD prevede due meccanismi per proteggere le PMI dalle richieste eccessive dei loro clienti e fornitori, che spesso sono grandi aziende, e per supportarle nella raccolta dei dati di rendicontazione.

In primo luogo, la direttiva stabilisce che gli standard per le PMI quotate stabiliscano il numero massimo di informazioni che le grandi aziende possono chiedere alle PMI coinvolte nelle loro catene del valore. Questa disposizione funge da ulteriore salvaguardia contro obblighi di rendicontazione eccessivamente onerosi che si riversano sulle piccole e medie imprese associate ad aziende più grandi nelle catene del valore, osserva il GRI. L’EFRAG ha etichettato questa misura come “limite della catena del valore”.

Per le PMI sono stati estesi anche i tempi di preparazione per la rendicontazione su alcuni temi ambientali e sociali. Per quanto riguarda i primi, ad esempio, sono stati limitati i casi in cui le imprese devono rendicontare circa le emissioni Scope 3, alleggerendo di conseguenza le pretese sulle PMI nelle catene del valore delle grandi aziende. In generale, gli standard ESRS prevedono un periodo transitorio di tre anni per la rendicontazione delle informazioni sulla sostenibilità dei partner della catena del valore, con l’obiettivo di facilitare la rendicontazione iniziale per le grandi aziende e aiutare le PMI nella catena del valore a prepararsi. Durante questo periodo di transizione si applicano le seguenti condizioni:

  • Qualora non siano disponibili tutte le informazioni necessarie riguardanti la propria catena del valore, è sufficiente la rendicontazione dell’azienda sugli sforzi compiuti per ottenere le informazioni necessarie sulla propria catena del valore, i motivi per cui non è stato possibile ottenere tutte le informazioni necessarie e i suoi piani per recuperarle in futuro;
  • Nel divulgare informazioni su politiche, azioni e obiettivi, la società segnalante può limitare le informazioni sulla catena del valore a quelle disponibili internamente, nonché alle informazioni disponibili al pubblico;
  • Nel rendere pubblici i parametri, l’azienda non è tenuta a includere informazioni sulla catena del valore, ad eccezione dei dati derivati da altre normative dell’UE.

Il tema delle sanzioni

La CSRD, conclude il GRI, non introduce alcuna nuova sanzione rispetto alle disposizioni esistenti della Direttiva contabile. Proprio come nel regime precedente, gli Stati membri stabiliscono sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per le violazioni della direttiva, che ora include l’informativa sulla sostenibilità. Per garantire, però, che le aziende siano conformi con gli obblighi di rendicontazione ESG, gli Stati membri sono tenuti a designare le autorità nazionali competenti (NCA) responsabili della supervisione dell’attuazione della CSRD. Secondo il precedente quadro NFRD, queste autorità erano tipicamente regolatori finanziari o organismi competenti, ma i loro poteri di supervisione erano limitati alle società quotate. Con l’integrazione delle informazioni finanziarie e di sostenibilità in una relazione unica, le misure di vigilanza applicabili alle entità quotate dovrebbero ora essere estese al reporting di sostenibilità. Tuttavia, gli Stati membri mantengono la flessibilità di decidere se estendere la vigilanza amministrativa da parte delle NCA alle società non quotate, optare per un altro organismo competente o lasciare la gestione dei controlli di conformità al sistema giudiziario.