L’attesa è stata lunga, ma è probabile che la Bce tagli i tassi durante la prossima riunione del 6 giugno e che la BoE faccia lo stesso nella sua riunione del 20 giugno. Rimane aperta la questione se anche la Fed inizierà a tagliare i tassi nello stesso momento; tuttavia, affinché ciò accada è necessario che i prossimi dati sull’inflazione diano una prospettiva reale di un rallentamento significativo dell’economia statunitense, aumentando così le probabilità di un taglio.
Gli Stati Uniti avevano inizialmente goduto di un rapido calo dell’inflazione al momento del picco delle pressioni sui prezzi, per poi vedere una battuta d’arresto. Nell’Eurozona, i dati sull’inflazione core mostrano livelli molto bassi e il divario con il Regno Unito in rapida riduzione. Riteniamo che l’economia statunitense stia rallentando a causa del calo dei consumi, che a sua volta dovrebbe generare nuovamente un calo dell’inflazione, sebbene non sembri chiaro al momento quando ciò si manifesterà anche nei numeri. Se dall’analisi dei dati sembrano esserci valide ragioni affinché la Fed inizi a tagliare a giugno, le prospettive di un primo cambio di politica monetaria sono molto più chiare nel Regno Unito e addirittura scontate nell’Eurozona.
Uno dei maggiori ostacoli alla disinflazione negli USA è la crescita degli affitti che si attesta intorno al 6% e – poiché gli alloggi rappresentano il 36% dell’indice – è necessario che questa rallenti per avere qualche possibilità di raggiungere l’obiettivo del 2%. Una buona notizia è che la FED ha preso in considerazione il deflatore della spesa personale dei consumatori, che ha un peso minore sugli alloggi, ma che attestandosi al 18% è comunque doppio rispetto agli stessi indici in Europa e nel Regno Unito. Raggiungere l’obiettivo del 2% potrebbe quindi essere un processo più lungo negli Stati Uniti, considerando che l’indice inflattivo include anche l’affitto che i proprietari occupanti pagherebbero se affittassero la loro casa da loro stessi, oltre al peso degli affitti effettivi.
Stiamo inoltre assistendo ad un cambio di trend per quanto riguarda la crescita economica. Finora, infatti, l’economia USA si era mostrata più forte di quella in UK e nell’Eurozona; oggi, però, vediamo come il Regno Unito abbia registrato un’impennata della crescita nel primo trimestre 2024, con ottime prospettive future grazie al miglioramento della fiducia dei consumatori e all’aumento della spesa in linea con i redditi reali in aumento. Lo stesso trend è osservabile anche nell’Eurozona, sebbene qui la ripresa proceda più lentamente.
Nel complesso, sono in atto cambiamenti significativi nell’economia mondiale, a partire da una ripresa economica generale, sebbene non più guidata dagli Stati Uniti. Nel suo complesso, l’inflazione è oggi sotto controllo, per quanto l’ultimo miglio verso l’obiettivo del 2% sia più faticoso negli Stati Uniti che in Eurozona e nel Regno Unito. Una crescita costante con un’inflazione in calo e tassi d’interesse più bassi rappresenterebbe uno scenario goldilocks. Se ciò si verificasse, creerebbe un ottimo contesto per i mercati finanziari.