Il conflitto in Ucraina ci ricorda le devastanti conseguenze della guerra – al di là del tributo diretto di vittime, in Ucraina abbiamo assistito a uno dei più rapidi esodi di persone della storia recente. Ad oggi, sono stati registrati quasi 6,7 milioni di rifugiati in Europa (fonte: Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati).
Sebbene alcuni ucraini abbiano iniziato a rientrare nel loro Paese d’origine, l’estrema delocalizzazione innescata dal conflitto richiede l’integrazione di un numero consistente di rifugiati nelle popolazioni europee di accoglienza.
Purtroppo, l’Ucraina rappresenta solo la punta dell’iceberg; le Nazioni Unite stimano che circa 100 milioni di persone in tutto il mondo siano state sfollate dalle loro case, in gran parte per atti di violenza (fonte: Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati).
La schiavitù moderna e la tratta di esseri umani sono una conseguenza del 90% delle guerre moderne (fonte: Contemporary Slavery in Armed Conflict). Ciò è dovuto a un insieme di fattori, tra cui il fatto che i rifugiati vengono catturati dai trafficanti quando attraversano le frontiere, o che accettino offerte di alloggio o di lavoro senza che ne venga convalidata la legittimità e la sicurezza. La vulnerabilità dei rifugiati è spesso aggravata da fattori demografici, con donne e bambini sovrarappresentati tra gli sfollati.
Di conseguenza, le imprese che operano nelle regioni che accolgono i rifugiati devono essere consapevoli dei rischi di sfruttamento del lavoro nelle loro operazioni e catene di approvvigionamento.
In seguito alla guerra civile siriana del 2011, la Turchia ha registrato un notevole afflusso di rifugiati: ad oggi, il Paese ospita la più grande popolazione di rifugiati a livello globale, di cui 3,6 milioni sono siriani. Una percentuale significativa di questi rifugiati è stata integrata nel settore della produzione di abbigliamento, una parte importante dell’economia turca.
Anche prima della crisi dei rifugiati siriani, l’industria dell’abbigliamento faceva grande affidamento su una forza lavoro flessibile e a basso costo costituita da lavoratori migranti. Ora si parla di un diffuso sfruttamento del lavoro dei rifugiati, con prove tangibili di settimane di oltre 60 ore e la maggior parte dei lavoratori che guadagna meno del salario minimo (fonte: Banca Mondiale).
In particolare a Istanbul si ritiene che l’85% dei siriani sia impiegato in modo informale. Di conseguenza, i marchi globali di abbigliamento sono stati messi sotto esame per la loro mancanza di azioni adeguate, e solo pochi di loro hanno ricevuto elogi per le buone pratiche (fonte: BHRRC, Business & Human Rights Resource Centre).
Con l’entrata in vigore di un’ondata di leggi obbligatorie sulla due diligence in tutta Europa, l’attenzione e il controllo sulle violazioni dei diritti umani come la schiavitù moderna stanno aumentando.
Che tipo di engagement dovrebbero avviare gli investitori su questo tema?
Nell’Engagement Blueprint di Schroders abbiamo chiesto alle aziende di stabilire e attuare una politica sui diritti umani in linea con gli UNGP (UN Guiding Principles on Business and Human Rights), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro e altri framework internazionali, e di impegnarsi a rispettare i diritti umani. Chiediamo inoltre alle aziende di introdurre solidi processi di due diligence e di adottare misure correttive efficaci.
Tuttavia, dato l’aumento del rischio associato ai diritti umani nelle aree di conflitto e in quelle circostanti, ci aspettiamo che le aziende non si limitino a questo, ma vadano oltre adattando le politiche esistenti alle esigenze specifiche delle aree di conflitto e implementando una maggiore due diligence in questi contesti.
Case study – Produttore di abbigliamento turco:
Riconoscendo l’aumento dei rischi per i diritti umani nel Paese, nel 2020 abbiamo iniziato ad avviare degli engagement con un produttore di abbigliamento turco sulle sue politiche e pratiche in materia di diritti umani.
L’azienda si trovava in una fase relativamente iniziale su questo tema, quindi abbiamo iniziato incoraggiandola ad aumentare la disclosure e a dimostrare l’adesione alle pratiche di approvvigionamento responsabile, nonché a partecipare alle iniziative del settore per migliorare gli standard e a collaborare con le ONG e i gruppi di interesse pertinenti.
Siamo lieti che, dopo l’avvio del nostro engagement, la società abbia fissato obiettivi di conformità e monitoraggio per la sua catena di approvvigionamento e abbia iniziato a comunicare i dati fondamentali degli audit.
Case study – Azienda Taiwanese:
Nel 2022 abbiamo avviato un’attività di engagement con una società taiwanese esposta in Myanmar. L’azienda ha iniziato a fare progressi per includere i diritti umani, tra gli altri fattori ESG, nelle sue pratiche di gestione dei fornitori. Abbiamo cercato di capire quali azioni l’azienda intende intraprendere per aumentare i fornitori che sottoscrivono il codice di condotta, e l’abbiamo anche incoraggiata a lavorare per aumentare la portata delle sue pratiche di audit.
Continueremo a confrontarci con la società su questi temi nei prossimi anni e, se lo riterremo necessario, potremo prendere in considerazione un’escalation degli aspetti che consideriamo importanti.
Case study – Società di reclutamento europee:
Di recente, verso la metà del 2022, abbiamo avviato un’attività di engagement con due società operanti in Europa che rientrano nel settore delle risorse umane e dei servizi per l’impiego.
Abbiamo identificato questo settore come a più alto rischio perché le agenzie di collocamento e le agenzie interinali possono interagire con persone che cercano rapidamente un lavoro, dopo essere state allontanate dalle loro case e dal loro impiego originario.
L’engagement mira a capire come le aziende agiscono per anticipare e affrontare questi rischi, assicurando che venga svolta la dovuta due diligence sui candidati e sui datori di lavoro finali.
Nei prossimi mesi continueremo a monitorare le risposte di queste società, in linea con il nostro processo di engagement.