Negli ultimi anni è emerso chiaramente che la biodiversità è, e continuerà a essere, una questione sempre più rilevante per gli investimenti, sia perché la perdita di biodiversità è un rischio per il valore dei portafogli, sia perché gli emittenti detenuti in portafoglio possono aggravare il pericoloso trend a lungo termine di erosione della biodiversità.
La biodiversità è talmente complessa da essere difficilmente misurabile, per questo motivo è complicato incorporarla nel processo d’investimento. Non possiamo permetterci il lusso di aspettare dati perfetti o un quadro di rifermento completo pronto per l’uso. Né possiamo aspettare un momento “tipo quello di Parigi” che imponga obiettivi e regolamenti di livello globale. Il tempo sta per scadere. È nostra responsabilità, in quanto investitori, sviluppare modi innovativi per capire, valutare e integrare la biodiversità, ben oltre l’analisi ESG tradizionale.
La finanza al fianco della biodiversità
Sia le autorità di regolamentazione che gli investitori si sono uniti nella lotta al cambiamento climatico. Molti portafogli integrano adesso obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio. La sfida ora è capire come integrare al meglio le considerazioni di biodiversità negli investimenti, il che ci porta a riflettere sulle problematiche rappresentate dalla necessità di norme internazionali condivise, dati comparabili e linee guida regolamentari che fungano da quadro di riferimento.
Ne è un esempio il Regolamento UE relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (SFDR), che incoraggia una più ampia divulgazione delle informazioni includendo la biodiversità tra i Principle Adverse Impact (PAI). Queste linee guida inquadrano la conoscenza e l’integrazione della biodiversità tra i temi essenziali della sostenibilità.
Se la misurazione della biodiversità in un contesto d’investimento è ancora in una fase di sviluppo iniziale, quali sono gli elementi principali da considerare nella selezione di strategie che tengono conto della biodiversità? In che modo gli “asset owner”, dovrebbero condurre la loro due diligence?
- Processo analitico: come per la lotta al cambiamento climatico, è importante sviluppare un quadro di riferimento dedicato alla biodiversità che tenga conto della natura complessa e delle molteplici sfaccettature della biodiversità. In pratica, gli investitori devono andare molto oltre l’analisi ESG tradizionale e concentrarsi sullo sviluppo di indicatori di biodiversità dedicati e su metodologie che integrino dati a livello di asset. I concetti di impatto e dipendenza dalla biodiversità devono essere integrati, ma anche differenziati per capire i rischi e le conseguenze associate. Gli asset owner dovrebbero quindi adottare una due diligence specifica per stimare la qualità delle valutazioni di biodiversità e in che modo queste si traducono in decisioni d’investimento. Per gli stati, la gestione del capitale naturale, compresa la vita sulla terra, nell’aria e nell’acqua dovrebbe essere valutata con attenzione tramite indicatori specifici.
- Dati: siccome la biodiversità è valutata e interpretata meglio a livello locale, gli investitori devono considerare nuovi tipi di dati e nuovi indicatori. Le difficoltà risiedono nella raccolta di tali dati, ma anche nella loro interpretazione. Indicatori emergenti quali msa.km2 (mean species abundance, abbondanza media delle specie) e i dati geospaziali offrono qualche nuova informazione, ma hanno dei limiti. Come per il clima, possiamo attenderci lo sviluppo di una miriade di indicatori con obiettivi e orizzonti temporali diversi, sia storici che prospettici. Gli asset owner dovranno considerare molto attentamente il significato e l’utilità degli indicatori selezionati, insieme alle possibili distorsioni. Come tutti gli investitori, gli asset owner dovrebbero essere particolarmente vigili sulle dichiarazioni di “biodiversità netta positiva” e valutare in che misura sono comprovate da indicatori pertinenti.
- Engagement: l’accelerazione dell’integrazione della biodiversità negli investimenti richiederà un notevole impegno ai fini di una disclosure sufficiente e di una gestione della biodiversità. Un engagement dall’esito positivo richiede dati di qualità elevata e metodologie pertinenti. Sono necessari dati a livello di asset per indirizzare gli obiettivi di engagement, se si vuole far fronte agli impatti della biodiversità e ai rischi più sostanziali e promuovere un cambiamento reale. Come nel caso di molti temi ESG, l’engagement che unisce vari stakeholder può essere un modo potente per sfruttare il cambiamento. Gli asset owner dovrebbero considerare attentamente l’engagement correlato alla biodiversità e concentrarsi sui risultati mediante KPI significativi nella valutazione della qualità delle strategie di engagement.
Conclusioni
Siccome questo viaggio complesso è appena iniziato, gli sforzi della finanza dovrebbero concentrarsi sull’engagement con le aziende, al fine di migliorare la disclosure e la condivisione di best practice, attraverso la collaborazione con omologhi e stakeholder. Si deve iniziare oggi a percorrere questa strada se si vuole valutare e integrare effettivamente la biodiversità.
Gli asset owner svolgono un ruolo chiave nell’integrazione della biodiversità negli investimenti. Chiedendo ai gestori patrimoniali di stabilire metodologie dedicate e sforzi di engagement che considerino e integrino appieno la complessità della biodiversità, gli asset owner possono fare da apripista per questa frontiera d’investimento.