Analisi di Credit Suisse

Green Deal Industrial Plan UE, buona occasione per lanciare l’industria green europea

Il nuovo Green Deal Industrial Plan (GDIP) non rappresenterà il volano per il rilancio della crescita in Europa, ma è un’occasione importante per l’industria europea delle tecnologie pulite. È questa l’opinione degli analisti di Credit Suisse che hanno commentato il nuovo piano industriale europeo, lanciato dalla Commissione UE a inizio febbraio per accelerare la transizione verde e proteggere la competitività dell’industria europea delle tecnologie pulite.

Il piano, annunciato da Ursula Von Der Leyen, al World Economic Forum di Davos, mira a predisporre un ambiente più favorevole all’aumento della capacità produttiva dell’UE per le tecnologie e i prodotti a zero emissioni necessarie a raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici dell’Europa. Esso si fonda su iniziative precedenti e fa leva sui punti di forza del mercato unico dell’UE, integrando le azioni intraprese nell’ambito dell’European Green Deal e di REPowerEU.

Il piano si basa su quattro pilastri: un ambiente normativo più semplice per facilitare le industrie net zero, l’accelerazione dell’accesso ai finanziamenti, l’aggiornamento delle competenze per realizzare la transizione e il rafforzamento della cooperazione commerciale globale per le tecnologie pulite e le materie prime.

Ad spingere l’accelerazione dell’attività dell’Unione Europea volta a concretizzare il GDIP è stato il contesto di crisi energetica innescato dalla guerra tra Russia e Ucraina, che ha evidenziato la necessità di velocizzare la trasformazione industriale a zero emissioni. Per cogliere l’opportunità dell’azzeramento, il Piano accelererà la trasformazione dell’industria dell’UE partendo dai numerosi programmi e dalle iniziative europee preesistenti che sostengono già la diffusione delle tecnologie pulite in vari modi (ad esempio, la diffusione delle energie rinnovabili e delle relative infrastrutture).

La Commissione per ora ha annunciato che presenterà proposte chiave volte a rafforzare la competitività industriale dell’Unione Europea, tra cui:

  • Una legge sull’industria a zero emissioni, per sostenere la capacità di produzione industriale e i progetti strategici e multinazionali sui prodotti a zero emissioni, accelerando le autorizzazioni e sviluppando standard europei;
  • Una legge sulle materie prime critiche, per garantire l’accesso alle materie prime critiche che, come le terre rare, sono fondamentali per la produzione di tecnologie e prodotti a zero emissioni;
  • Una riforma della struttura del mercato dell’elettricità, per affrontare la volatilità dei prezzi dell’energia, preservando la sicurezza dell’approvvigionamento, fornendo elettricità a prezzi accessibili e portando i benefici della generazione rinnovabile ai cittadini e alle imprese europee;
  • L’uso di requisiti armonizzati di sostenibilità e circolarità negli appalti pubblici, che contribuiranno a creare una domanda più prevedibile di prodotti e soluzioni a zero emissioni;
  • La Commissione, inoltre, lavorerà in via prioritaria sui requisiti di progettazione ecocompatibile delle tecnologie a zero emissioni.

Il piano giunge in un momento in cui si intensifica la competizione globale tra le regioni e i Paesi che cercano di affermarsi come centri di innovazione e produzione per l’economia cleantech e net zero. In questo senso, il piano secondo gli esperti della banca svizzera rappresenta una risposta all‘Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti e al programma di trasformazione verde della Cina.

Secondo gli analisti, tuttavia, pur avendo una forte capacità comunicativa, la proposta manca di dettagli. In particolare, non prevede nuovi finanziamenti dell’Unione o prestiti congiunti. Manca anche la semplicità che contraddistingue l’IRA, aggiungendosi nel contesto complicato dei programmi dell’UE. 

La principale innovazione fiscale apportata dal piano è un ammorbidimento delle norme sugli aiuti di Stato che consentirebbe ai Paesi membri di estendere i crediti d’imposta e i sussidi ai settori verdi. Questa iniziativa è potenzialmente in grado di mobilitare rapidamente gli investimenti privati, ma presenta effetti collaterali negativi per l’integrità del mercato unico. 

Ciononostante, sottolineano gli analisti di Credit Suisse, la proposta rappresenta un segnale importante e chiaramente vantaggioso per l’industria europea delle tecnologie pulite.

Più agile la riforma Usa IRA sugli incentivi fiscali

Da quando due anni fa l’Unione europea ha presentato i dettagli del suo “Green Deal europeo”, Bruxelles ha fatto progressi nell’approvazione della legislazione sul clima. Tuttavia, sottolineano gli esperti di Credit Suisse, la parte fiscale del Green Deal europeo ha tardato ad arrivare. I piani di investimento pubblico dello Strumento di recupero e resilienza dell’UE di nuova generazione sono distribuiti su sei anni e sono legati alle riforme strutturali. I fondi per gli investimenti nelle energie rinnovabili nell’ambito della seconda iniziativa dell’UE “REPowerEU” – nato in risposta alla crisi energetica – devono ancora essere stanziati. 

Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno approvato l’Inflation Reduction Act, che segue quasi esclusivamente un approccio fiscale con ampi crediti d’imposta e sussidi per le energie rinnovabili e le tecnologie pulite. Sebbene siano ancora molto indietro rispetto all’UE per quanto riguarda la regolamentazione o la fissazione dei prezzi del carbonio, gli Stati Uniti hanno ora superato l’UE, che è la prima in termini di potenza fiscale legata al clima. Di conseguenza, secondo gli analisti l’Europa rischia di rimanere bloccata da una costosa normativa sul clima e da costi energetici significativamente più elevati (come si vede nelle figure di seguito), mentre gli Stati Uniti attirano gli investimenti nell’energia pulita fornendo crediti d’imposta.

In Europa le tasse sul carbonio sono più alte e la regolamentazione è più stringente

Fonte: OCSE e Credit Suisse.

L’Europa ha registrato il maggior aumento dei prezzi dei fattori produttivi energetici

Fonte: OCSE e Credit Suisse.

“Bruxelles è probabilmente preoccupata che le imprese dell’UE possano riorientare i loro capitali verso gli Stati Uniti e che il blocco possa perdere competitività industriale”, spiegano gli esperti di Credit Suisse. Secondo gli analisti della banca svizzera, il Green Deal Industrial Plan è una reazione a questo scenario potenziale e si concentra su quattro pilastri: un ambiente normativo semplificato per le industrie rinnovabili; finanziamenti UE e nazionali, comprese norme più allentate sugli aiuti di Stato e la visione a lungo termine di un Fondo europeo per la sovranità; competenze e capitale umano; miglioramento del commercio e delle catene di approvvigionamento con accordi di libero scambio, partenariati industriali e accesso alle materie prime critiche.

Il prossimo passo: un acceso dibattito politico

Nell’ambito del processo legislativo, gli Stati membri esamineranno ora la proposta e ne discuteranno più dettagliatamente nella riunione del Consiglio europeo del 23/24 marzo 2023. Particolarmente controversi saranno i dibattiti sulla visione a lungo termine di un Fondo europeo per la sovranità, sottolineano gli analisti. Diversi Stati membri si sono ripetutamente opposti al prestito congiunto nel contesto del nuovo piano, in particolare finché i fondi dell’ultimo prestito congiunto dell’UE non saranno ancora completamente esauriti. “Detto questo, gli spread dei tassi di interesse dei paesi periferici fiscalmente vulnerabili come l’Italia dovrebbero essere in qualche modo sostenuti dal fatto che i negoziati sono mantenuti aperti”, affermano gli analisti.

Nessun nuovo finanziamento UE

Nonostante la proposta sia positiva per i settori delle tecnologie pulite in Europa, secondo gli esperti di Credit Suisse il suo impatto macroeconomico appare alquanto insoddisfacente se si considerano le sue numerose lacune. Soprattutto, il piano non comporta alcun nuovo finanziamento da parte dell’UE. L’importo totale dei fondi europei rietichettati nell’ambito del piano ammonta a quasi 250 miliardi di euro (ovvero l’1,2% del PIL dell’UE). Le fonti di finanziamento minori sono i programmi InvestEU e il Fondo per l’innovazione, nonché i trasferimenti dal Fondo di coesione. Il finanziamento principale proviene dal programma REPowerEU, avviato lo scorso anno come risposta dell’UE alla guerra in Ucraina e alla crisi energetica. Il programma comprende una componente di sovvenzioni non rimborsabili (20 miliardi di euro) e una parte di prestiti rimborsabili (~135 miliardi di euro). La componente di prestito è costituita dai fondi rimasti dal Recovery and Resilience Facility per il recupero della pandemia, poiché la maggior parte degli Stati membri non ha richiesto la propria quota di prestito.

Gli strumenti di finanziamento esistenti non sono molto attraenti

Ci sono ragioni per cui questi prestiti non sono stati utilizzati da molti Paesi finora. “In primo luogo, a differenza delle sovvenzioni a fondo perduto, questi prestiti aumentano il debito nazionale. In secondo luogo, i costi di finanziamento di molti governi sono semplicemente inferiori a quelli dell’UE, per cui non ha molto senso rivolgersi all’Europa per ottenere finanziamenti. In terzo luogo, anche i Paesi con costi di finanziamento più elevati potrebbero esitare a richiedere i prestiti perché sono accompagnati dalla supervisione della Commissione sui progetti finanziati e sono legati ai requisiti di riforma strutturale”, spiegano gli analisti. Nel complesso, concludono gli esperti, è improbabile che gli Stati membri che non l’hanno ancora fatto nell’ambito del Recovery and Resilience Facility ricorrano alle dotazioni di prestiti non utilizzate nell’ambito di REPowerEU/Green Deal Industrial Plan, a meno che le condizioni non cambino.

Rischio di un’ascesa meno efficace e più costosa delle tecnologie pulite

La leva principale per un nuovo impulso fiscale è quindi rappresentata dagli aiuti di Stato nazionali, che in questa fase sono quasi impossibili da quantificare. Questo elemento del Green Deal Industrial Plan, secondo gli analisti di Credit Suisse è anche il più controverso, sia in positivo (in quanto sarebbe lo strumento più valido per contrastare i pesanti sussidi dell’IRA) sia in negativo (in quanto potrebbe rappresentare una minaccia all’integrità del mercato unico europeo). Le norme dell’UE in materia di aiuti di Stato erano già state allentate per la pandemia e in risposta alla guerra in Ucraina, su base temporanea. Anche il nuovo ammorbidimento delle regole nel GDIP è destinato a essere temporaneo (fino al 2025), ma anche se la Commissione mantiene questo impegno, le regole sugli aiuti di Stato saranno state ammorbidite per un totale di cinque anni. Un allentamento così lungo non sarà privo di conseguenze sulla concorrenza tra gli Stati membri.

L’impatto economico aggregato del piano non è chiaro

Nel complesso, gli esperti della banca svizzera ritengono che la bozza di proposta per il GDIP non sia all’altezza del suo potenziale. Secondo loro il GDIP ha il potenziale di aumentare la frammentazione favorendo gli Stati membri grandi e solventi rispetto ai Paesi più vulnerabili. Il beneficio economico aggregato del GDIP proposto è molto incerto in questa fase del processo e dipenderà in ultima analisi dall’efficacia delle misure nazionali nel prevenire una perdita di competitività. Tuttavia, il GDIP è solo in fase di proposta e potrebbe ancora cambiare prima dell’attuazione. Se i problemi maggiori (attrattività degli strumenti di finanziamento, benefici disomogenei delle norme sugli aiuti di Stato, approccio frammentato) saranno risolti nei negoziati, il suo impatto macro potrebbe diventare rapidamente più positivo.

Ma darà impulso all’industria green

“A prescindere dall’impatto aggregato, un chiaro vincitore del GDIP è l’industria verde europea, che riceverà ingenti finanziamenti pubblici aggiuntivi”, affermano gli analisti. Infatti, anche se il GDIP non comporta nuove spese per l’UE, reindirizza i fondi esistenti verso il settore delle tecnologie pulite, aumentando il sostegno complessivo al settore. Inoltre, ha il potenziale per mobilitare rapidamente gli investimenti privati attraverso processi di approvazione e aiuti di Stato più snelli. Infine, non bisogna perdere di vista le iniziative esistenti. La spesa complessiva dell’UE per la transizione verde è elevata se si aggiungono il Recovery and Resilience Facility e altri programmi ai 250 miliardi di euro del GDIP. Secondo i calcoli di Credit Suisse, il sostegno totale disponibile dell’UE ammonta a più di 450 miliardi di euro

Il valore totale del contributo europeo alla transizione verde è di più di 450 miliardi di euro

Fonte: Commissione europea e Credit Suisse.
Ecco i settori che ne beneficeranno di più: ci sono Enel e Prysmian

Sebbene sia ancora in fase di definizione, nella sua comunicazione sul quadro degli aiuti di Stato previsti, l’UE ha già elencato diversi settori che potranno beneficiare di aiuti di Stato: produzione di batterie, pannelli solari, turbine eoliche, pompe di calore, elettrolizzatori, cattura e stoccaggio del carbonio e le relative materie prime critiche necessarie per la produzione delle apparecchiature. Secondo gli esperti di Credit Suisse, alla luce di questo, le aziende appartenenti a settori che traggono l’energia da fonti rinnovabili che avranno più benefici sono quelle indicate nella tabella di seguito. Tra queste anche le italiane Enel e Prysmian.

Aziende che avranno più benefici dal Green Deal Industrial Plan

Fonte: Credit Suisse.