Secondo Fatih Birol, presidente della IEA (International Energy Agency) per promuovere la transizione energetica bisogna spingere di più sull’energia pulita, moltiplicando gli investimenti. Limitarsi a ridurre l’impiego di petrolio non basta. “L’incoraggiante slancio del mondo sull’energia pulita si scontra con l’ostinata prevalenza dei combustibili fossili”, ha dichiarato Birol, anticipando i principali rilievi del World Energy Outlook 2021 presentato dalla IEA. “I governi devono risolvere questo problema alla COP26, dando il chiaro e inequivocabile segnale del loro impegno a scalare rapidamente le tecnologie pulite e resilienti del futuro”. Per Birol gli attuali investimenti per combattere il cambiamento climatico andrebbero triplicati.
La fotografia scattata dal World Energy Outlook annuale non è del tutto negativa. Nel 2020, mentre i lockdown bloccavano i trasporti e congelavano le economia riducendo drasticamente i consumi energetici, le fonti rinnovabili come eolico e solare sono cresciute rapidamente. Ma per la IEA non è un buon motivo per cullarsi, anzi: con il rimbalzo dell’economia nel 2021, nonostante la crescita della mobilità elettrica è tornato in auge anche il massiccio utilizzo di carbone e petrolio. Un fattore che ha contribuito a far sì che nel periodo si vedesse il secondo maggiore incremento di emissioni di CO2 della storia.
La spesa pubblica in energia sostenibile nei pacchetti di sostegno all’economia ha solo mobilizzato un terzo degli investimenti richiesti per immettere il sistema energetico mondiale su un nuovo binario, e i ritardi maggiori si sono visti sulle economie in via di sviluppo, già sofferenti per le conseguenze economiche della pandemia. Per la IEA l’investimento annuale necessario da qui al 2030 in nuovo eolico e solare per colmare il divario con gli idrocarburi è di oltre 3 trilioni di dollari, mentre oggi si attesta intorno a 1 trilione. E questi numeri dipendono in modo cruciale dall’atteggiamento dei governi.
Le pressioni sul sistema energetico, si legge nel report, non diminuiranno nei prossimi decenni. Il settore energetico è responsabile di quasi tre quarti delle emissioni che hanno già spinto le temperature medie globali in rialzo di di 1,1 °C rispetto all’era preindustriale, con impatti visibili su condizioni meteorologiche e climatiche estreme. Il settore energetico deve essere al centro della soluzione al cambiamento climatico.
In vista della COP26, molti Paesi hanno messo sul tavolo nuovi impegni, illustrando il loro contributo allo sforzo globale per raggiungere gli obiettivi climatici; più di 50 Paesi, così come l’intera Unione Europea, si sono impegnati a raggiungere gli obiettivi di emissioni nette zero. “Se questi vengono implementati in tempo e integralmente, come modellato in dettaglio nel nostro Announced Pledges Scenario (APS), inizieranno a inclinare verso il basso la curva delle emissioni globali. Nel periodo fino al 2030, le fonti di produzione di energia a basse emissioni rappresenteranno la stragrande maggioranza delle aggiunte di capacità in questo scenario, con aggiunte annuali di solare fotovoltaico ed eolico che si avvicinano a 500 gigawatt (GW) entro il 2030. Di conseguenza, nello scenario il consumo di carbone nel settore nel 2030 sarà del 20% al di sotto dei massimi recenti. La rapida crescita delle vendite di veicoli elettrici e i continui miglioramenti nell’efficienza del carburante dovrebbero portare a un picco della domanda di petrolio intorno al 2025. I miglioramenti nell’efficienza dovrebbero tradursi in una stabilizzazione della domanda globale di energia dopo il 2030.
Il perseguimento effettivo di tutti gli impegni annunciati si tradurrebbe in uno scenario in cui le emissioni globali di CO2 legate all’energia diminuiranno del 40% nel periodo fino al 2050, in tutti i settori. L’aumento della temperatura media globale nel 2100 dovrebbe essere mantenuto a circa 2,1 °C al di sopra dei livelli preindustriali, anche se questo scenario non raggiunge emissioni nette pari a zero, quindi l’andamento della temperatura non si sarà ancora stabilizzato.
Ma i governi devono fare molto di più per mantenere pienamente gli impegni annunciati, secondo la IEA, che, esaminando settore per settore le misure effettivamente messe in atto dai governi, nonché le iniziative politiche specifiche in corso di sviluppo, ha scoperto un quadro diverso, illustrato nello Stated Policies Scenario (STEPS). Questo scenario vede anche un ritmo di cambiamento accelerato nel settore energetico, sufficiente per realizzare un graduale calo delle emissioni del settore anche se la domanda globale di elettricità quasi raddoppia fino al 2050. Ma questo effetto positivo è compensato dalla continua crescita delle emissioni dell’industria, come la produzione di cemento e acciaio, e dei trasporti pesanti, come i camion merci., guidata in larga parte dai mercati emergenti e dalle economie in via di sviluppo. Negli STEPS, in pratica, quasi tutta la crescita netta della domanda di energia fino al 2050 è soddisfatta da fonti a basse emissioni, ma ciò lascia le emissioni annuali intorno ai livelli attuali. Di conseguenza, le temperature medie globali saranno ancora in aumento dopo aver raggiunto i 2,6 °C di rialzo rispetto ai livelli preindustriali nel 2100.
Un altro aspetto da non sottovalutare sono gli squilibri tra domanda e offerta nel passaggio a soluzioni sostenibili. Se non ci si concentra sulla domanda, tutto ciò che il mondo otterrà limitando la nuova offerta sarà un’esplosione dei prezzi dell’energia, che in una dinamica di breve termine è attualmente già visibile sul mercato del gas. Il pericolo, ammonisce Birol , è di trovarsi ad affrontare un periodo “turbolento e volatile” per i mercati energetici globali, in cui i governi rischiano di concentrarsi solo sulla limitazione dell’impatto sui consumatori.