Quando si affronta la questione della decarbonizzazione, temi come l’energia utilizzata per il riscaldamento e il raffreddamento degli ambienti e i trasporti (responsabili per oltre il 60% delle emissioni totali di CO2) finiscono inevitabilmente al centro del dibattito. Questo rischia di far dimenticare l’esistenza di un ulteriore 40% di emissioni legate principalmente alle nostre abitudini di consumo e ai sistemi produttivi su scala globale. Modelli comportamentali e produttivi che spesso degenerano in spreco di materiali causando rilevanti danni a livello ambientale, oltre che economico. Un esempio immediato è legato al ciclo di vita sempre più breve degli apparecchi elettronici: ogni giorno a livello globale viene destinato allo smaltimento rifiuti un ammontare di oggetti elettronici pari al peso di una nave da crociera. L’alternativa a un approccio lineare alla produzione e al consumo esiste ed è già concreta: è quella dell’economia circolare. Tuttavia, seppur in un contesto come quello attuale in cui l’attenzione verso i temi della decarbonizzazione è molto alta e ha prodotto risultati tangibili e rilevanti su più fronti, in particolare su quello normativo, l’economia circolare non sta ancora riscuotendo l’interesse che merita dal mondo politico ed economico. È quanto emerge anche dal sondaggio di Arcano Partners, società indipendente di financial advisory specializzata nell’alternative asset management, che ha rilevato che, su oltre 200 manager che si occupano di decarbonizzazione e di rinnovabili, solo otto sono focalizzati sull’economia circolare.
Secondo recenti analisi condotte da Accenture, la svolta verso l’economia circolare potrebbe, infatti, creare valore per oltre 4,3 trilioni di dollari, a cui va aggiunta la potenziale riduzione di emissioni di gas serra di circa il 40%. “Un potenziale evidentemente ancora inesplorato come dimostrano le evidenze chiave di una nostra indagine condotta su oltre 200 manager che si occupano di decarbonizzazione e di rinnovabili, dove è emerso come solo 8 di loro – il 4% – siano focalizzati sull’economia circolare”, ha evidenziato Martha Hervàs Investment Director di Arcano Partners.
In tema di investimenti, quindi, per cogliere le opportunità di questo potenziale ancora inespresso, è necessario andare a individuare quelle realtà che possono contare su un management che abbia dato prova della propria esperienza nel settore, e che abbia sovraperformato con costanza rispetto a quei competitor che applicano un approccio tradizionale e lineare alla produzione e al consumo. Nel dettaglio, ad oggi, risultano tre i modelli di business circolare più virtuosi:
- La produzione circolare: si fonda sul riciclo dei materiali e dei prodotti, abbattendo costi ed emissioni. Parliamo ad esempio di quelle realtà che rigenerano i dispositivi elettronici;
- L’utilizzo circolare: si basa sulla vendita delle performance dei prodotti e non dei prodotti in sé. Quella che per tanti anni è stata definita sharing economy e che consente l’utilizzo di un bene, ad esempio un’auto o un monopattino elettrico, a più utenti;
- L’advisory circolare: ovvero la creazione del sistema circolare per altri e l’adattamento progressivo del sistema produttivo di tipo lineare.
“Quello dell’economia circolare è un settore realmente di impatto in cui Arcano Partners crede molto e che pensiamo possa offrire importanti opportunità nella creazione di valore guardando ad aziende ben posizionate per affrontare i diversi cicli economici. Generare un impatto positivo e misurabile attraverso investimenti in fondi e società che forniscono soluzioni economicamente vantaggiose a molte delle attuali sfide sociali e ambientali fa parte della nostra identità di investitore responsabile che persegue da sempre la logica dell’impatto positivo, con l’obiettivo di generare al contempo rendimenti finanziari interessanti”, ha sottolineato Paule Ansoleaga Abascal, Managing Director Italia di Arcano Partners.