“E’ oggettivamente impossibile uscire subito dal gas per la produzione energetica. Bisogna prima mettere a terra i progetti di fonti rinnovabili. E poi una certa percentuale di gas serve a stabilizzare la rete dalle variazioni di produzione di eolico e fotovoltaico” queste le parole del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani intervenuto alla COP26 di Glasgow.
Allo stesso modo, il ministro rimane cauto sull’utilizzo del nucleare: “Si tratta di tecnologie non mature, da non confondersi con quelle su cui abbiamo fatto il referendum. Dopo la tassonomia, serviranno anni di studio per valutare tre cose: la sicurezza, il costo e la quantità di scarto radioattivo per energia prodotta. Giappone, Stati Uniti, Regno Unito e Francia stanno già facendo questi studi. Vedremo che cosa esce da questi numeri e, semmai ci vorremo pensare, ci penseremo con i dati in mano”. Ma solo “se è considerato verde puoi pensare di investirci, altrimenti no”.
Questo ultimo interrogativo posto dal ministro sarà presto risolto poiché entro novembre la Commissione Von der Leyen dovrà decidere se il nucleare vada considerata o meno un’energia rinnovabile. Notizia di qualche giorno fa, riportata dall’Ansa, di un documento non ufficiale spedito a Bruxelles in cui Parigi proporrebbe di etichettare l’energia nucleare come “verde” rispetto all’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra, e invece il gas naturale come fonte di transizione con tetto alle emissioni a 100g di CO2 per kWh, oppure con limiti più alti ma solo fino al 2030.
L’ energia prodotta con i combustibili fossili, continua Cingolani, è ancora troppo importante poichè le fonti rinnovabili, al momento, da sole non bastano: “Per dismettere il metano dobbiamo avere continuità, puntando su un energy mix che contempli maggiore eolico e solare. Essendo però fonti intermittenti dobbiamo stabilizzare almeno il 25% del nostro fabbisogno. Significano centinaia di terawattora, servono grossi investimenti sugli accumulatori”.
Il ministro Cingolani si dice comunque ottimista e fiducioso riguardo i primi risultati ottenuti alla COP26: “Qui a Glasgow c’è un senso di urgenza manifesto e condiviso. Non era scontato. Al G20 abbiamo ottenuto un grande risultato: l’accordo sul tetto di 1,5 gradi. È normale che sul quando ci siano differenze tra economie diverse, ma è comunque un passo avanti. Così come lo è la consapevolezza che non si può più pensare nell’ottica dei 100 miliardi promessi ai Paesi in via di sviluppo, ma di almeno 1.000 miliardi l’anno”, spiega il ministro. “L’impegno di net zero al 2050 è molto gravoso e la condizione necessaria per raggiungerlo è accelerare sul fronte delle tecnologie. Operazioni come la Global Energy Alliance possono essere volani formidabili. I soldi sono la benzina, bisogna costruire la macchina”.
A questo proposito, la Cop26 di Glasgow ha fatto da palcoscenico alla presentazione della Global Energy Alliance for People and Planet, iniziativa ideata dalla Fondazione Rockfeller, che promette di essere uno dei più grossi esperimenti di partnership fra pubblico e privato sul clima. Secondo le stime di Cingolani, l’Alleanza garantirà 10 miliardi di investimenti che potrebbero salire fino a 100 grazie ad un meccanismo di leva. Il governo parteciperà con una cifra simbolica e si aggiungerà alla Banca mondiale, la Fondazione Ikea, il Besoz Earth Fund.