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Intervista

Alfani (Carbonsink): “La performance climatica ha assunto una reale rilevanza strategica”

Carbonsink è una società di consulenza specializzata nello sviluppo di strategie climatiche per le aziende. Nasce nel 2011 come spin off dell’Università di Firenze in un momento in cui la tematica della valutazione degli impatti delle aziende sul clima stava nascendo all’estero, meno in Italia. 

Carbonsink accompagna le imprese nel percorso di decarbonizzazione, supportandole a partire dal calcolo della footprint aziendale alla definizione di un target di riduzione delle emissioni di CO2 appropriato, ambizioso e in linea con la scienza del clima fino alla comunicazione del cammino intrapreso e delle azioni concrete messe in campo per diminuire e compensare le emissioni.

In questa intervista a ESGnews, Guido Alfani, General Manager, Carbonsink spiega come si misura l’impronta di carbonio aziendale (carbon footprint) e cos’è una strategia di mitigazione. “Oggi la performance climatica ha assunto una reale rilevanza strategica” afferma.

Avete iniziato ad occuparvi di strategie climatiche oltre 10 anni fa. Com’è cambiato lo scenario da allora?

Nel 2011, quando Carbonsink nacque come spin off dell’Università di Firenze, la tematica degli impatti climatici nel contesto aziendale stava nascendo all’estero, ma in Italia quasi non esisteva. In questi anni fortunatamente c’è stata una grande evoluzione che ha visto da un lato la definizione di normative e linee guida internazionali per la riduzione degli impatti climatici delle aziende, sistemi di disclosure e accountability (pensiamo alla più recente CSRD, ad esempio, ma anche ai rating ESG), dall’altro l’aumento di consapevolezza da parte degli stakeholder aziendali – consumatori, investitori e dipendenti stessi – che richiedono alle aziende un impegno serio in questo senso.  Se all’inizio erano prevalentemente le industrie più impattanti a muoversi, ora lo fanno tutti i settori, chi più velocemente chi meno, da un lato per essere compliant con le nuove direttive, dall’altro per cogliere il vantaggio competitivo e le opportunità di business che la decarbonizzazione offre. Oggi la performance climatica ha assunto una reale rilevanza strategica. 

Cosa vuole dire esattamente definire una strategia di mitigazione?

Definire una strategia climatica o di mitigazione dei cambiamenti climatici significa impostare un percorso di decarbonizzazione credibile e solido che sia ambizioso per l’azienda, allineato a best practice e in linea con la scienza del clima, ovvero allineato al livello di decarbonizzazione necessario per contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5°C rispetto a livelli preindustriali. É importante comprendere che, nonostante si lavori tutti per un obiettivo comune, ogni azienda ha delle specificità che influiscono sulla definizione di questa strategia – pensiamo ad esempio al settore di appartenenza o alle dimensioni dell’azienda. Grazie alla lunga esperienza di Carbonsink, i nostri esperti sono in grado di identificare il percorso più appropriato in base alle specificità aziendali.

Come accompagnate un’azienda nel percorso di decarbonizzazione: quali sono sulla base della vostra esperienza i primi passi da compiere?

Carbonsink è una società di consulenza specializzata nello sviluppo di strategie climatiche per le aziende, che permettano di minimizzare i rischi e cogliere le opportunità legate ai cambiamenti climatici. Il percorso lungo il quale accompagniamo le imprese si compone di cinque passi fondamentali: 1) misurazione delle emissioni di CO2 dirette e indirette (calcolo della footprint aziendale); 2) definizione di un target di riduzione che sia appropriato, ambizioso e in linea con la scienza del clima; 3) riduzione delle emissioni dirette e indirette lungo tutta la catena del valore; 4) finanziamento dell’azione climatica attraverso il supporto a progetti di azione climatica, per agire anche oltre la propria filiera; e 5) comunicazione trasparente e accurata del proprio percorso climatico, ormai elemento distintivo per le aziende, che contribuisce a rafforzarne la reputazione. 

Aiutiamo le imprese di tutti i settori ad intraprendere questi step con serietà ed impegno, integrandoli in strategie climatiche solide, credibili e allineate alla scienza del clima. 

Quali sono gli strumenti per misurare l’impronta climatica di un’azienda?

Per una corretta misurazione della carbon footprint aziendale occorre innanzitutto fare riferimento a standard internazionali e riconosciuti, solitamente GHG Protocol e/o norme ISO, che indicano come suddividere le emissioni e le metodologie disponibili per una corretta misurazione. La carbon footprint raggruppa le fonti emissive in tre macro-classi: Scope 1 (emissioni dirette), Scope 2 (emissioni indirette da consumo energetico) e Scope 3 (altre emissioni indirette derivanti dalle attività a monte e a valle dell’organizzazione). 

Il calcolo comprende due elementi principali: dato di attività, ovvero il valore per cui si vuole conoscere il corrispettivo in emissioni (CO2eq), e fattore emissivo, ovvero il fattore che permette di trasformare il dato di attività in CO2 equivalente, facendo riferimento a database autorevoli come ISPRA (per l’Italia), DEFRA, Ecoinvent, IEA, e altri. Una volta moltiplicati tutti i dati di attività per i fattori emissivi corrispondenti, sarà possibile ottenere il valore finale della carbon footprint. La precisione di quest’ultima misurazione, in particolare, è fondamentale per ottenere un miglior punteggio nelle disclosure climatiche (ad es. CDP, ex Carbon Disclosure Project) e per individuare le possibili azioni di riduzione con maggior precisione, in funzione della strategia climatica.

E dopo la misurazione come si arriva a definire una strategia di riduzione delle emissioni?

Come linea guida nel percorso di riduzione – e per incentivare l’accountability – è importante fissare un target di riduzione delle emissioni che sia appropriato, ambizioso e in linea con la scienza del clima. In questo ambito, il riferimento è la Science Based Target initiative.

Con un obiettivo chiaro in mente si passa poi a sviluppare il piano di riduzione vero e proprio. Si identificano quindi gli hotspot emissivi su cui intervenire per ridurre l’impatto ambientale dell’azienda, ovvero le fonti emissive e i processi lungo la catena del valore con l’impatto più alto e si definisce come agire per ottenere un’efficace riduzione delle emissioni. Gli hotspot saranno diversi a seconda del settore di appartenenza. Anche in questa fase è fondamentale coinvolgere tutta la catena di fornitura per poter ridurre le emissioni indirette Scope 3 e mantenere fede agli impegni presi.