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Sustainable Development Solutions Network

SDSN, nel 2021 nessun progresso sugli obiettivi di sviluppo sostenibile

Le molteplici e simultanee crisi sanitarie, climatiche, della biodiversità, geopolitiche e militari hanno bloccato i progressi sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) a livello globale e nel 2021, per il secondo anno consecutivo, il mondo non ha mostrato miglioramenti. È quanto emerge dal Rapporto sullo Sviluppo Sostenibile della rete per le soluzioni di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Solutions Network, SDSN), network internazionale di esperti in materia.

La media mondiale dell’Indice SDG (Sustainable Development Goals, gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite) è infatti diminuita nel 2021, per lo più a causa dell’impatto della pandemia sugli obiettivi 1 (assenza di povertà) e 8 (lavoro dignitoso e crescita economica) e delle scarse prestazioni sugli obiettivi 11 e 15 (clima, biodiversità e obiettivi di sviluppo urbano sostenibile).

Media globale dell’indice SDG dal 2010 al 2021. Fonte: Rapporto sullo Sviluppo Sostenibile, 2022

Dal report emerge che oltre agli ingenti costi umanitari, i conflitti militari (compresa la guerra in Ucraina) hanno importanti ricadute internazionali sulla sicurezza alimentare e sui prezzi dell’energia che sono oggi amplificate dalle crisi del clima e della biodiversità. Inoltre, le guerre non lasciano spazio per riflessioni e investimenti a lungo termine. Per questo la pace, la diplomazia e la cooperazione internazionale sono condizioni fondamentali per far progredire il mondo sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, sottolinea la rete internazionale nel documento.

“A cinquant’anni dalla prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano, tenutasi a Stoccolma nel 1972, i principi fondamentali degli SDG di inclusione sociale, energia pulita, consumo responsabile e accesso universale ai servizi pubblici sono più che mai necessari per rispondere alle grandi sfide del nostro tempo.” ha affermato il prof. Jeffrey D. Sachs, presidente dell’SDSN e primo autore del rapporto, “I Paesi poveri e vulnerabili sono particolarmente colpiti da molteplici crisi sanitarie, geopolitiche e climatiche e dalle loro ricadute. Per ripristinare e accelerare i progressi degli SDG, abbiamo bisogno di una cooperazione globale per porre fine alla pandemia, negoziare la fine della guerra in Ucraina e garantire i finanziamenti necessari per raggiungere gli SDG”.

Dall’analisi emerge che la nazione con il punteggio dell’Indice SDG 2022 più alto è la Finlandia, seguita da Danimarca, Svezia e Norvegia. Nella classifica internazionale, i primi dieci Paesi sono europei. Tuttavia, anche questi devono affrontare sfide per il raggiungimento di diversi SDGs.

Nel complesso, la regione dell’Asia orientale e meridionale è quella che ha compiuto i maggiori progressi sugli obiettivi di sviluppo sostenibile dalla loro adozione nel 2015. In particolare, il Bangladesh e la Cambogia sono i due Paesi che hanno registrato i maggiori progressi. Il Venezuela, invece, è la nazione che ha registrato il calo maggiore dell’indice dal 2015.

L’urgenza di un piano globale per finanziare lo sviluppo sostenibile

Per il raggiungimento degli SDG è fondamentale un programma di investimenti in infrastrutture fisiche (tra cui energia rinnovabile, tecnologie digitali) e capitale umano (tra cui salute e istruzione). Tuttavia, la metà più povera del mondo non ha accesso al mercato dei capitali a condizioni accettabili. Inoltre, le crescenti pressioni sui bilanci, l’aumento delle spese militari e i grandi cambiamenti nelle priorità strategiche, soprattutto nei Paesi europei, potrebbero comprimere i fondi disponibili per sostenere lo sviluppo sostenibile a livello globale. In questo contesto, il report sottolinea il ruolo chiave del G20, del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e delle Banche Multilaterali di Sviluppo (MDB) per espandere il finanziamento degli SDG a livello globale.

A settembre 2023 gli Stati membri dell’ONU si riuniranno per la seconda volta dalla loro adozione nel 2015, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, per il Vertice sugli SDG. Lo scopo è quello, auspicabilmente, di definire le priorità per ripristinare e accelerare i progressi degli SDG entro il 2030 e oltre. Obiettivi, strategie e piani nazionali ambiziosi e solidi sono infatti fondamentali per trasformare gli SDG in un’agenda d’azione.

Attualmente l’integrazione degli SDGs nelle politiche, nei regolamenti, nei bilanci, nei sistemi di monitoraggio e in altre politiche e procedure governative varia ancora molto da paese a paese. Tra gli Stati membri del G20, gli Stati Uniti, il Brasile e la Federazione Russa mostrano il minor sostegno all’Agenda 2030 e agli SDGs. Al contrario, i paesi dell’Europa del Nord si impegnano maggiormente nel raggiungimento degli obiettivi, così come Argentina, Germania, Giappone e Messico. Alcuni Paesi, come il Benin e la Nigeria, invece, presentano un divario tra il punteggio dell’Indice SDG, basso, e quello relativo agli sforzi politici per ottenere. In particolare, sia il Benin che il Messico hanno emesso SDG Sovereign Bonds negli ultimi anni per incrementare i loro investimenti nello sviluppo sostenibile.

Sforzi governativi per lo sviluppo sostenibile e punteggio indice SDG. Fonte: Rapporto sullo Sviluppo Sostenibile, 2022

Infine, c’è un ulteriore elemento che emerge dal report. Nonostante i paesi dell’UE siano tra quelli con i punteggi più alti, in realtà generano ricadute socioeconomiche e ambientali internazionali negative, in particolare attraverso consumi non sostenibili. L’indice di ricaduta internazionale 2022 incluso nel rapporto, infatti, mostra attraverso catene commerciali e di approvvigionamento non sostenibili questi paesi hanno impatti negativi a livello globale. Per esempio, nonostante le emissioni di CO2 associate alla produzione europea siano diminuite negli anni, non si può dire la stessa cosa di quelle associate ai prodotti importati e consumati dai cittadini europei, come mostrato in figura.

Le emissioni di CO₂ importate si riferiscono alle emissioni di CO₂ emesse all’estero (per esempio, per produrre cemento o acciaio) per soddisfare il consumo di beni e servizi dell’UE27. Fonte: Rapporto Sviluppo Sostenibile, 2022