In Italia solo il 43% (19% del tutto e 24% in parte) degli investitori retail investe in modalità digitale, contro il 64% a livello globale. È il dato principale emerso da un sondaggio di Amundi che ha coinvolto 4.186 investitori retail di età compresa tra i 21 e i 60 anni in 11 mercati europei e asiatici per capire come investono, perché investono e in quale modo lo fanno.
Distribuzione degli investitori retail per comportamenti di investimento digitale
Mentre l’esplosione delle opzioni di investimento digitali nell’ultimo decennio è spesso attribuita a cambiamenti di natura generazionale nei comportamenti, la ricerca mostra che l’utilizzo del digitale è generalmente elevato in tutte le fasce d’età e ancora più elevato tra gli investitori più facoltosi. Il 66% degli investitori retail di età compresa tra i 21 e i 30 anni investe almeno una parte del proprio portafoglio in modo digitale, mentre si registra un dato leggermente più basso nella fascia tra i 50 e i 60 anni (59%).
L’indagine mostra anche che l’investitore retail medio investe generalmente oltre la metà (53%) del proprio portafoglio in modo digitale senza avvalersi dei servizi di un professionista degli investimenti. Tuttavia, gli investitori continuano a fare affidamento su una consulenza finanziaria qualificata, con 2 intervistati su 5 che si rivolgono a un consulente professionista quando investono una somma pari a un anno di stipendio, quasi cinque volte di più di coloro che si rivolgono ai social media. L’Italia è il paese in cui gli investitori retail ricorrono di più alla consulenza finanziaria, sebbene guardando alla differenza di genere si nota che li uomini sono meno propensi ad accedere alla consulenza professionale rispetto alle donne (65% contro il 58% degli uomini)
Utilizzo della consulenza finanziaria professionale tra gli investitori retail (per paese)
Secondo Amundi, è molto probabile che i livelli di utilizzo del digitale aumentino nei prossimi cinque anni: quasi la metà degli investitori retail digitali prevede un aumento della percentuale dei propri investimenti digitali. Sebbene questo dato differisca notevolmente da paese a paese, con un massimo del 60% tra gli investitori in Svizzera e Singapore e un minimo del 31% in Francia e del 35% in Italia, sono gli investitori retail relativamente più abbienti e con una maggiore consapevolezza a prevedere un aumento dei propri investimenti con modalità digitale. Il 38% di coloro che hanno un patrimonio investibile inferiore a 20.000 euro prevede di aumentare la percentuale del proprio portafoglio investita in modo digitale, percentuale che sale al 55% tra coloro che hanno un patrimonio investibile superiore a 150.000 euro.
La fiducia in se stessi da parte degli investitori ha un ruolo significativo nel maggior ricorso al digitale: il 56% di coloro che sono fiduciosi di prendere le giuste decisioni in materia di risparmio e investimento prevede di aumentare la percentuale del proprio portafoglio investita in modo digitale, rispetto al 27% di coloro che si sentono meno sicuri. Accade all’incirca lo stesso per quanto concerne i valori e gli investimenti responsabili: il 71% degli investitori fiduciosi dichiara che è importante o imprescindibile che le loro opinioni si riflettano nelle decisioni di investimento, contro il 46% degli investitori meno fiduciosi.
Tuttavia, la ricerca mostra anche come l’industria finanziaria e degli investimenti debba adottare misure per favorire un maggiore coinvolgimento e inclusione delle donne che investono, per consentire che il divario di genere, il cosiddetto gender gap, negli investimenti non aumenti ulteriormente. Solo il 16% delle donne che investono è pienamente fiducioso di prendere le giuste decisioni finanziarie, mentre il 27% ritiene di essere poco informato. Il genere influisce anche sulle scelte dei prodotti: le donne sono molto più propense a investire in un conto deposito o in soluzioni di investimento a scadenza rispetto agli uomini (44% contro 34%) e molto meno propense a investire in ETF (26% contro 36%), spesso perché non sanno come farlo. Gli intermediari hanno l’opportunità di supportare e favorire l’acquisizione di una quota più ampia della ricchezza femminile se si impegnano ad intervenire su questo gap di fiducia e di informazione. In Italia, poi, le donne sono molto meno orientate a investire in modo digitale (35%) rispetto agli uomini (51%).
“La ricerca condotta da Amundi in materia di modalità di investimento da parte dei clienti retail evidenzia in Italia significative differenze di genere per quanto attiene ad esempio all’utilizzo di soluzioni digitali e al ricorso alla consulenza professionale. Conoscere questi dati è di grande importanza per orientare l’approccio di marketing e l’attività di consulenza in modo mirato sui bisogni e sui gap di conoscenza della clientela, aumentando così la sua soddisfazione”, ha commentato riguardo ai risultati italiani Ilaria Pisani, Head of Sales ETF, Indexing & Smart Beta di Amundi.