Balich wonder studio

Abitare sostenibile

Balich vuole integrare l’emotività nella progettazione urbana (e ha un sogno per San Siro)

Cosa ha a che vedere Balich Wonder Studio, società leader dell’entertainment esperta nella produzione di eventi dal vivo su larga scala che vanta a bilancio il più alto numero di progettazioni e realizzazioni di cerimonie olimpiche, con l’architettura e perché aderire a un progetto innovativo come il Manifesto dell’Abitare? Lo hanno raccontato ieri Marco Balich, presidente del CdA e direttore creativo del gruppo, e Gianmaria Serra il presidente esecutivo del gruppo e direttore delle business unit Immersive Shows e Destination Experiences , durante la prima  delle cinque talk organizzate, in occasione della Design Week, da Blend In in collaborazione con i ricercatori di Strategy Innovation, autori del Manifesto dell’Abitare, e ospitate da Casa Platform.

Il gruppo dell’intrattenimento ha infatti sottoscritto il Manifesto dell’Abitare, progetto aperto che riflette sull’importanza delle relazioni nell’attribuzione di valore delle abitazioni e che ha immaginato le parole del rendering della casa ideale, il cui valore non è dato solo dal numero di stanze e dai metri quadri di cui è composta, ma anche dal numero e dalla qualità delle relazioni che permette di instaurare.

Nel Manifesto il quartiere è visto come un ampliamento della casa in cui le relazioni devono essere conviviali. Secondo uno dei co-autori del Manifesto e sociologo, Gian Paolo Lazzer, che ha introdotto l’intervento di Balich e Serra, nelle città moderne lo spazio urbano crea molte relazioni che però restano superficiali e “fredde”, non emotive o coinvolgenti, proprio perché troppe e sfuggenti e soprattutto perché risultato di un progetto architettonico o urbanistico volto alla funzionalità dei luoghi e non all’esperienza emozionale di chi quei luoghi li abita. La proposta è quindi quella di tener conto della dimensione emozionale che un quartiere deve e può sviluppare e quindi di ridisegnare e progettare gli spazi partendo dalle emozioni.

E sono proprio le emozioni il trait-d’union con il mondo degli spettacoli unici e immaginifici creati dal Balich Wander studio. Le emozioni sono infatti l’elemento essenziale nella creazione di eventi in grado di coinvolgere il maggior numero di persone possibile, spesso con background culturali differenti. L’arma più potente a disposizione è proprio quella emotiva in quanto universale e quindi è questo il linguaggio utilizzato dal gruppo per creare la narrativa che ha reso unici i propri spettacoli. “E’ quando ti viene la pelle d’oca che un’esperienza ti rimane impressa. Ma deve sapersi connettere anche a elementi più profondi e a valori condivisi. È stata proprio questa, per esempio, la chiave del successo simbolico dell’albero della vita all’EXPO” hanno sottolineato Balich e Serra, “l’installazione è stata capace di trasmettere una percezione emotiva coinvolgente. Definita dal Presidente Mattarella come il simbolo della Ripresa”.

La chiave, dunque, anche per la pianificazione dei quartieri dovrebbe essere quella di generare emozioni nelle persone per far sì che queste si identifichino in un luogo non solo funzionale, ma anche facilitatore di relazioni profonde. È questo in fondo l’obiettivo dell’Emotional Masterplan, un concetto sviluppato dal BalichWS che ha creato una propria divisione, Destination Experiences, dedicata a trasformare luoghi fisici in luoghi emozionali in grado di generare esperienze. “L’Emotional Masterplan crea il disegno delle esperienze e i contenuti di un luogo: come metto una panchina o altri elementi, e anche i materiali con cui le cose sono create, hanno un ruolo e sono parte di un masterplan emozionale: un posto dove posso vivere esperienze differenti è un luogo dove voglio tornare; questo genera incontri tra persone e permette relazioni migliori”, ha aggiunto Serra.

E un sogno nel cassetto per Milano? Un nuovo modo di ripensare il rilancio dello stadio di San Siro. La domanda da porsi non dovrebbe essere se costruire o meno il nuovo stadio, bensì quale futuro si immagina per il quartiere e che ruolo lo stadio può avere nella creazione di nuovi spazi e relazioni sociali. La decisione non dovrebbe spettare solo a politici e investitori, ma dovrebbe diventare un momento di riflessione tra esperti e portatori di diverse esperienze, creando l’occasione per ridisegnare la geografia di un intero quartiere. Per fare in modo che intorno alla struttura il luogo viva e non venga “dimenticato” quando non vi sono partite o altri eventi, bisogna guardare non solo all’aspetto funzionale, ma anche a quello, appunto, emotivo e relazionale.

Come spesso ci si rende conto quando si adottano nuove modalità e approcci progettuali che strizzano l’occhio alla sostenibilità in senso ampio, per mettere in atto questo tipo di suggestioni e, in questo caso, per concretizzarle nei piani urbani, è necessario che le diverse professionalità si integrino. L’urbanista deve quindi lavorare con sociologi, storici e psicologi nella progettazione degli spazi urbani.