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Normativa ESG

UE propone direttiva sulla vigilanza delle imprese sulla sostenibilità dei fornitori

Bruxelles accende un faro sulla catena di fornitura delle aziende. La Commissione europea ha infatti adottato una proposta di direttiva sul dovere di vigilanza delle imprese lungo le proprie catene del valore, che mira a promuovere un comportamento sostenibile e responsabile da parte delle imprese rispetto ai propri fornitori e sistemi di approvvigionamento. La direttiva riguarderà, secondo le stime della Commissione, circa 13.000 aziende europee e circa 4.000 gruppi internazionali.

Le imprese saranno quindi chiamate a diventare attive e svolgere il ruolo fondamentale nella costruzione di economie e società sostenibili. Per fare questo non potranno più tenere il paraocchi su quanto accade al di fuori della propria azienda, ma dovranno svolgere un controllo sui propri fornitori individuando e, se necessario, evitando, facendo cessare o attenuando gli effetti negativi delle loro attività sui diritti umani, come il lavoro minorile e lo sfruttamento dei lavoratori, e sull’ambiente, come l’inquinamento e la perdita di biodiversità.

La direttiva si applicherà innanzitutto alle società Ue (o di Paesi terzi ma attive nell’UE) di una certa dimensione e impegnate in determinati settori. In un primo momento, le norme si applicheranno alle società UE con oltre 500 dipendenti e un fatturato netto superiore a 150 milioni di euro a livello mondiale. Dopo due anni la platea verrà allargata anche alle società di alcuni settori specifici con più di 250 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di almeno 40 milioni.

La proposta si applica alle operazioni delle società stesse, alle loro controllate e alle loro catene del valore (rapporti commerciali diretti e indiretti consolidati) e anche alle società non europee ma che superano le soglie indicate di giro d’affari nella UE.

Alcuni stati membri, fa notare la Commissione europea, hanno già introdotto norme nazionali sul cosiddetto dovere di diligenza e alcune imprese hanno adottato misure di propria iniziativa. Ma per gli esperti della Commissione serve un miglioramento di portata più ampia, difficile da realizzare con un’azione volontaria: in questo senso, la direttiva si propone di stabilire un dovere di diligenza nei confronti delle imprese. Nel novembre del 2020 un referendum in Svizzera aveva bocciato una proposta di rendere responsabili le grandi multinazionali dei danni provocati lungo la loro catena di fornitura, anche dai loro fornitori e controparti.

La due diligence di sostenibilità

Al fine di rispettare l’obbligo di “due diligence”, le imprese dovranno vigilare in tutte le fasi dei processi aziendale e su tutta la catena del valore, supply chain inclusa. Per fare questo le aziende dovranno integrare la capacità di controllo nelle politiche aziendali; individuare gli effetti negativi reali o potenziali sui diritti umani e sull’ambiente; prevenire o attenuare gli effetti potenziali; porre fine o ridurre al minimo gli effetti reali; istituire e mantenere una procedura di denuncia; monitorare l’efficacia delle politiche e delle misure di dovuta diligenza; e dar conto pubblicamente del dovere di diligenza.

Più concretamente, spiega la Commissione, questo significa tutelare i diritti umani previsti dalle convenzioni internazionali in modo più efficace. Ad esempio i lavoratori devono avere accesso a condizioni di lavoro sicure e sane. Analogamente, questa proposta contribuirà a evitare effetti negativi sull’ambiente in contrasto con le principali convenzioni ambientali. Le imprese che rientrano nell’ambito di applicazione della proposta dovranno adottare misure adeguate (“obbligatorietà dei mezzi”), tenendo conto della gravità e della probabilità dei diversi effetti, delle misure a disposizione in circostanze specifiche e della necessità di definire le priorità. Inoltre le imprese del primo gruppo dovranno disporre di un piano per garantire che la loro strategia commerciale sia compatibile con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 °C, in linea con l’accordo di Parigi.

“Questa proposta rappresenta una vera e propria svolta nel modo in cui le imprese gestiscono le attività commerciali lungo tutta la catena di approvvigionamento mondiale”, ha dichiarato Didier Reynders, Commissario per la Giustizia. “Con queste norme vogliamo difendere i diritti umani e guidare la transizione verde: non possiamo più chiudere gli occhi su ciò che accade a valle delle nostre catene del valore; abbiamo bisogno di cambiare il nostro modello economico. Il sostegno del mercato all’iniziativa è andato crescendo, con i consumatori che chiedono prodotti più sostenibili. Sono fiducioso che molti imprenditori sosterranno questa causa.”

Le autorità amministrative nazionali designate dagli Stati membri saranno responsabili del controllo di queste nuove norme e potranno imporre sanzioni in caso di inosservanza, mentre le vittime avranno la possibilità di intentare azioni legali per il risarcimento dei danni che avrebbero potuto essere evitati con adeguate misure di dovuta diligenza.

Per garantire che il dovere di diligenza diventi parte del funzionamento complessivo delle imprese, è necessario coinvolgere gli amministratori. Per questo motivo la proposta introduce anche l’obbligo per questi ultimi di istituire e controllare l’attuazione della dovuta diligenza e di integrarla nella strategia aziendale. Inoltre, nell’adempimento del loro obbligo di agire nel migliore interesse dell’impresa, gli amministratori devono tenere conto dei diritti umani, dei cambiamenti climatici e delle conseguenze ambientali delle loro decisioni. Se gli amministratori godono di una remunerazione variabile, saranno incentivati a contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici legando la loro remunerazione alla realizzazione del piano aziendale.

La proposta comprende anche misure di accompagnamento a sostegno di tutte le imprese, PMI incluse, che potrebbero essere indirettamente interessate. Tra queste vi sono lo sviluppo, individuale o congiunto, di siti web, piattaforme o portali dedicati e il potenziale sostegno finanziario alle PMI.

La proposta sarà presentata del Parlamento europeo e del Consiglio per sottoporla al loro vaglio. Una volta adottata, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire la direttiva nel diritto nazionale e comunicare i testi pertinenti alla Commissione.