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Intervista

NN IP: pronti per i social bond?

Uno dei segmenti del mercato del reddito fisso che cresce più velocemente è quello dei social bond, le cui emissioni sono decuplicate negli ultimi due anni. Un’impennata favorita dalle emissioni legate a progetti di sostegno a imprese e consumatori, in seguito alla pandemia di Covid-19. Ma non solo. Aldilà del momento storico attuale, la rapida crescita dei social bond corrisponde ad un sempre maggiore interesse da parte degli investitori a orientare il proprio denaro verso impieghi che abbiano un impatto positivo sulla società. I proventi di questi strumenti obbligazionari, infatti, vengono utilizzati per generare un effetto sociale positivo attraverso il finanziamento di un obiettivo specifico. Per rispondere a queste esigenze degli investitori, NN Investment Partners ha recentemente lanciato il suo primo fondo focalizzato proprio sui social bond.

“Il mercato dei social bond è ancora agli albori e, in mancanza di una tassonomia sociale ancora in fase di definizione, è importante attivare un dialogo costruttivo tra investitori, gestori e aziende, per comprendere e condividere obiettivi, metodi e risultati” spiega Isobel Edwards, analista di green, social e impact bond di NN IP. Edwards, un passato da attivista nelle ONG, è la persona adatta, insieme al team di NN IP, per tenere le fila del dialogo tra i diversi stakeholder e portare, nel confronto con le aziende, anche punti di vista differenti in modo costruttivo. In questa intervista l’analista di NN IP approfondisce quali sono le opportunità offerte da questi strumenti finanziari, partendo da alcune questioni di fondo su, per esempio, come si decide cosa è sociale e cosa non lo è e se questi strumenti sono in grado di offrire un rendimento competitivo rispetto agli strumenti che non si prefiggono il raggiungimento di un impatto.

Quali sono i vantaggi per gli investitori di inserire i social bond in portafoglio? Forniscono un rendimento più elevato o richiedono di sacrificare il rendimento per un obiettivo specifico?

Attualmente il mercato dei social bond è molto ben diversificato e mostra una buona liquidità, senza grandi scostamenti di duration e performance con i bond tradizionali. Quindi, non si perde nulla sul fronte del rendimento, al contrario si ottiene un valore aggiunto legato all’impatto sociale positivo.

Quali sono gli obiettivi sociali legati alle obbligazioni che determinano se un bond possa definirsi “social”?

Un social bond dovrebbe avere un uso ben definito dei proventi, con scopi come finanziare progetti nell’ambito dell’edilizia popolare, dell’approvvigionamento idrico o dell’istruzione. Inoltre l’emittente dovrebbe essere in grado di dimostrare come soddisfa i requisiti richiesti e soprattutto di provare la capacità di generare un significativo valore aggiunto. Per esempio, se un governo emette un bond per finanziare servizi sociali di base essenziali che dovrebbe comunque fornire, non è sufficiente per qualificare l’emissione come “social”. Il nostro ruolo come gestori è cercare di capire qual è il valore aggiunto e indagare su cosa viene fatto in più per il benessere sociale.

Isobel Edwards, analista di green, social e impact bond di NN IP

Come si misura la differenza tra ciò che è un servizio di base di un governo e ciò che costituisce un qualcosa in più?

Prendiamo per esempio la fornitura di servizi fognari. Idealmente ci aspettiamo che le fognature rientrino tra i normali servizi forniti dallo Stato sia per le città sia per le aree rurali. Se un governo emettesse un titolo obbligazionario per questo scopo, lo considereremmo semplicemente un titolo di Stato e non necessariamente un social bond. Se, invece, fossero inseriti criteri sociali, come la specifica intenzione di rinnovare le reti fognarie nelle aree a basso reddito, rivolgendosi alle popolazioni che ne hanno più bisogno, a quel punto si potrebbe scorgere un valore sociale aggiunto.

La crescita del mercato dei social bond è stata dirompente negli ultimi anni: a che punto siamo?

Penso che siamo solo all’inizio. Possiamo prendere come riferimento il mercato dei green bond di sei anni fa, vale a dire una fase di rapida evoluzione sia come volumi sia dal punto di vista della regolamentazione. Al momento per i social bond non ci sono gli stessi riferimenti, criteri e standard che esistono per i green bond, ma col tempo verranno definiti. D’altra parte la fase iniziale consente ai gestori di avere più flessibilità nel plasmare i progetti in base alle proprie esigenze. Una libertà che permette una maggiore creatività.

Il nostro gestore di portafoglio Bram Bos prevede che le emissioni in euro possano raggiungere i 250 miliardi nel 2022. Ovviamente si tratta di stime, ma il continuo interesse riscontrato da inizio anno per i social bond lascia ben sperare. Non credo che ci sarà un rallentamento.

Che cosa sta guidando questa crescita?

Da una parte la maggiore adesione agli impegni verso gli SDGs spinge aziende e soggetti pubblici a perseguire specifici obiettivi sociali e poi c’è un forte interesse da parte degli investitori. Inoltre c’è anche una questione di immagine. Se un’azienda sta facendo molto bene a livello sociale, ma nessuno lo sa, l’impatto è inferiore. L’emissione di social bond è un modo per dare voce a questi progetti e motiva ulteriormente le aziende, che ne traggono beneficio in termini di reputazione, a impegnarsi sempre di più verso questo tipo di investimenti.

Oltre agli emittenti pubblici anche le imprese stanno iniziando ad affacciarsi sul mercato dei social bond?

Le aziende sono meno presenti sul mercato, dove sono prevalenti i soggetti pubblici. Ma si inizia a vedere un cambiamento. Soprattutto negli Stati Uniti l’emissione di social bond da parte delle aziende è in aumento. E la presenza dei privati è destinata ad incrementare in futuro.

Vi sono difficoltà nella misurazione quantitativa dell’impatto dei social bond?

La misurazione dell’impatto per i social bond è ancora una questione aperta. Nel cercare di dimostrare di avere generato un beneficio a livello sociale, gli emittenti forniscono molte risposte diverse. Se è vero che la tassonomia europea legata agli aspetti sociali ha cercato di definire un po’ di più la questione, credo che serva ancora tempo per approfondire tutti gli aspetti.  

Come possono, quindi, orientarsi gli investitori?

Penso che per gli investitori sia importante stabilire un rapporto di fiducia con i gestori, assicurandosi che abbiano le idee chiare su che cosa rientri in ciascuna categoria.

Credo che si tratti di ascoltare la “storia” del fondo, perché con il settore del green si possono fissare certe soglie, dei limiti e si possono seguire determinati standard. Per quanto riguarda il settore sociale, invece, bisogna porsi delle domande e condividere l’approccio su molti punti a partire da che cosa si intenda per sociale. Per esempio quali caratteristiche sono richieste a un housing bond, lanciato per supportare una popolazione vulnerabile, per contraddistinguerlo da un titolo senza una connotazione sociale. Ad oggi, infatti, i principi dei social bond sono piuttosto aperti e poco chiari e definiti.

Gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile rappresentano un riferimento?

Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sono facoltativi da includere nei social bond, ma sono sempre più necessari quando si parla con gli investitori, perché alcuni di essi sono impegnati a rispettare determinati SDGs.

Inoltre gli investitori chiedono sempre di più che anche i gestori siano coerenti nel proprio approccio alla sostenibilità: il pubblico vuole vedere che anche le istituzioni a cui è associato un prodotto finanziario abbiano un impatto sociale. Quindi, credo che tutti siano tenuti a rendere conto del proprio operato.

Avete lanciato a luglio un fondo, NN Social Bond, focalizzato su obbligazioni con impatto sociale positivo. Quali sono i criteri di selezione dei titoli su cui investite?

Per le scelte di investimento del nuovo fondo NN Social Bond, abbiamo definito un quadro di riferimento che si basa sulle attività a livello di obbligazioni, ma anche su controlli a livello di emittenti. Abbiamo contatti individuali con molti emittenti, più volte alla settimana, e continueremo a impegnarci in tal senso. Abbiamo ottenuto ottimi risultati con il green bond e stiamo facendo tesoro di tutti questi insegnamenti per cercare di portare sul mercato un ottimo fondo di social bond.

Per quanto riguarda il sociale, al momento dobbiamo usare i principi dei social bond come punto di partenza. Il problema è che sono piuttosto ampi, quindi è necessario approfondire l’obbligazione e assicurarsi di sapere esattamente cosa si sta finanziando, per non ripetere gli errori fatti con i green bond che hanno dato spazio, spesso, a casi di greenwashing.

Vista la sua esperienza come attivista di ONG pensa che le aziende si stiano impegnando verso un mondo più verde e più equo?

Sì, devo dire che entrando direttamente in contatto con le imprese mi sono ricreduta su parte dello scetticismo relativo all’impegno delle imprese. Inoltre penso che il confronto e l’engagement abbiano effetti molto positivi. Da parte nostra tenderemo a incoraggiare il buon comportamento degli emittenti di social bond. Ci impegneremo molto su ciò che vorremmo vedere in futuro per determinate categorie, incoraggiati dalla constatazione che ciò è stato molto efficace per il mercato dei green bond. Insomma, non ci limiteremo a ricevere passivamente i report e i quadri normativi, ma saremo davvero in contatto con gli emittenti.