Immagine di un globo verde, metafora di una terra più sostenibile e futuro net zero

Osservatorio sulla finanza sostenibile

O-fire: Banca Generali, Aifi e l’Università Bicocca per la tassonomia verde

È stato presentato a Milano il primo report annuale di O-fire, l’Osservatorio sulla finanza sostenibile promosso da Banca Generali, Aifi – l’associazione italiana del private equity – e l’Università di Milano Bicocca.

Al centro del primo rapporto annuale di O-fire, Simplified reading of the European taxonomy and first assessment of its implications, la tassonomia europea degli investimenti sostenibili, cioè un insieme di regole e criteri che nel Vecchio Continente  hanno un duplice scopo: sia indirizzare i flussi di capitali verso le attività che favoriscono la transizione energetica, sia  prevenire il greenwashing, cioè quella pratica ingannevole con cui certe attività vengono spacciate come ecosostenibili, quando in realtà non lo sono. La tassonomia interessa dunque chi gestisce i risparmi come gli asset manager ma anche tutti gli atri attori dell’industria finanziaria, per esempio le banche ma anche i consulenti finanziari.

“La sostenibilità è una delle tematiche fondamentali del piano strategico del nostro ateneo” ha detto la rettrice dell’Università di Milano-Bicocca”, ha commentato l’economista e docente della Bicocca Giovanna Iannantuoni, “e per questo un anno fa abbiamo voluto dare vita all’Osservatorio O-Fire, che, grazie alla collaborazione tra Università di Milano-Bicocca, Banca Generali e Aifi, si propone come organismo scientifico di riferimento per la green finance in Italia”.

“Serve grande responsabilità e coordinamento da parte delle istituzioni per incanalare nella corretta direzione gli sforzi delle imprese nella transizione sostenibile”, ha dichiarato Andrea Ragaini, vice direttore Generale di Banca Generali, “dopo una prima fase di forte crescita delle sensibilità ambientali e dell’offerta di investimenti ESG dagli asset manager che hanno coinvolto in modo variegato le attività economiche e produttive, serve ora focalizzarsi sulla definizione delle best practice e indirizzare in modo ancora più costruttivo questo percorso virtuoso”.

Il primo rapporto dell’Osservatorio e la tassonomia ESG

Il Primo Rapporto dell’Osservatorio O-Fire è stato realizzato su un campione di aziende europee di grandi dimensioni (1.391 con fatturato complessivo 10mila miliardi di dollari) e rivela che in Europa c’è ancora molta strada da fare per avere un quadro di regole e criteri universalmente riconosciuti. Le aziende sono state esaminate prendendo a riferimento oltre 800 variabili ESG (ambientali, sociali e di governance) di cui 370 relative all’ambiente (per esempio le emissioni, l’impronta di carbonio, le fonti rinnovabili, l’efficienza energetica, i consumi di acqua, la biodiversità e l’uso del suolo).

Quello che i ricercatori hanno riscontrato è stato un disallineamento tra queste variabili e quelle contenute nei criteri della tassonomia, cioè quei criteri che identificano appunto le attività sostenibili, in grado quindi di dare un contributo sostanziale alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici. “Non si tratta degli stessi parametri”, puntualizzano i ricercatori di O-Fire, “oppure si tratta degli stessi, ma il grado di dettaglio non è paragonabile a quello richiesto dalla Tassonomia”.

Tassonomia ESG: il ruolo dell’Asset Management

Tutte queste tematiche non possono certo lasciare indifferenti le società di gestione del risparmio. Non a caso, alla presentazione dell’Osservatorio O-Fire erano presenti anche tre rappresentanti di primarie società dell’asset management: Desirée Scarabelli, sales director and ESG Specialist di PictetMarta Pievani, coordinator della Business unit ESG and Sustainability di Generali Investments A&WM e Teresa Gioffreda, head of GWM Client Coverage Italy di Ubs.

Le società di asset management si sono rese sempre più conto del loro ruolo attivo, cioè della possibilità di adoperarsi in prima persona per spingere le aziende a mettere in atto comportamenti sempre più virtuosi sul fronte della sostenibilità.

L’analisi contenuta nel Rapporto ha d’altro canto evidenziato una maggiore resilienza degli investimenti sostenibili rispetto al mercato e una certa correlazione tra le performance ambientali e quelle finanziarie delle imprese, in particolare quelle energetiche.

Non a caso, dall’analisi di diverse fonti (Morningstar, Bloomberg e Ocse), l’Osservatorio ha rilevato come nel terzo trimestre del 2022 i fondi sostenibili abbiano avuto afflussi netti per 23 miliardi di dollari contro i 35 del trimestre precedente e i circa 80 del primo trimestre; gli investimenti convenzionali (fondi del mercato generalizzato), invece, hanno subito deflussi pari a circa 280 miliardi nel secondo trimestre e 200 miliardi nel terzo. I fondi sostenibili si sono mostrati dunque più resilienti alla crisi economica in atto.