ESG Barometer

MainStreet, fondi europei ancora indietro su SFDR: il 70% è art. 6

Sull’ESG molti fondi europei sono ancora indietro, e l’ambiente domina i prodotti tematici, mentre il social rappresenta ancora solo il 7%. Sono alcune delle evidenze emerse dall’ESG Barometer appena presentato da MainStreet Partners, da cui è emerso che, se è vero che nel 2021 l’impegno profuso dalle società di asset management per allineare i propri fondi ai requisiti di sostenibilità della SFDR, entrata in vigore lo scorso mese di marzo, è stato notevole, di strada ce n’è ancora parecchia da fare. Secondo lo studio della società specializzata in ESG Advisory, il 70% dei fondi europei è classificato come articolo 6 della SFDR, quindi non sostenibile. I fondi articolo 8 che promuovono fattori ambientali e sociali nel processo di investimento rappresentano il 25%, mentre quelli articolo 9 che, cioè, si propongono di avere un impatto positivo e hanno uno specifico obiettivo di sostenibilità rappresentano solo il 5%. Tra gli asset manager, le case che hanno un maggior numero di fondi allineati con il regolamento sono Amundi, BNP Paribas ed Eurizon.

Il report ESG Barometer”, realizzato da MainStreet e dalla società di consulenza White Marble analizza lo stato di integrazione ESG nell’industria del risparmio gestito. La ricerca si fonda sul database di ESG rating proprietario di MainStreet Partners, creato nel 2014 e che oggi comprende più di 160 asset manager, 4.200 fondi/ETF per oltre 50.000 ISINs. Il database copre un insieme di fondi ed ETF che collettivamente rappresentano 5,6 trilioni di euro di asset in gestione.

Fonte: MainStreet Partners’ Proprietary Database, as of December 2021

Dalla ricerca è emerso che più di due terzi dei fondi analizzati (70%) sono classificati come articolo 6. I fondi articolo 8 rappresentano il 25%, mentre il restante 5% sono fondi articolo 9. Tuttavia, quando si considerano le masse gestite, i fondi articolo 6 ammontano a 75% di tutte le attività, mentre i fondi di cui agli articoli 8 e 9 gestiscono rispettivamente solo il 21% e il 4%.

La società di analisi si aspetta che la maggior parte delle nuove strategie venga classificata come fondo articolo 8 nei prossimi trimestri, dato l’alto grado di eterogeneità all’interno di questa particolare categoria. Inoltre, circa un quinto (21%) dei fondi classificati come articolo 8 ha ottenuto un rating ESG di 3 o inferiore (su un massimo di 5), principalmente a seguito dell’analisi condotta sulla strategia (pilastro 2) e il portafoglio (pilastro 3).

A livello regionale, nel report si nota che l’Europa è ancora in testa per quanto riguarda la disclosure sulla sostenibilità, la regolamentazione e l’integrazione ESG, mentre gli Stati Uniti stanno iniziando il loro percorso. 

Le società di asset management che hanno un maggior numero di fondi classificati come articolo 8 e articolo 9 della SFDR

A livello di singole società di asset management individua quelle che presentano una maggiore gamma di fondi allineati con la SFDR. Al primo posto troviamo Amundi, seguita da BNP Paribas, mentre l’italiana Eurizon, la società del risparmio gestito del gruppo Intesa Sanpaolo, conquista la terza posizione. Se, invece, consideriamo gli asset manager che propongono prodotti che di prefiggono un maggiore impatto emergono per numero di fondi proposti anche sociatà di minori dimensioni ma focalizzate sugli aspetti di sostenibilità come Candriam, Pictet e Robeco.

La metodologia olistica di Mainstreet Partners si fonda su tre pilastri:

  1. La società di gestione nel suo complesso e lo specifico team di portfolio managers; 
  2. La strategia del fondo includendo processo di investimento e la “mission”;
  3. Le singole partecipazioni del portafoglio.

Nella prima edizione dell’ESG BarometerMainStreet Partners analizza nel dettaglio i progressi compiuti dall’entrata in vigore della Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) dell’UE, quasi un anno fa (10 marzo 2021).  

L’obiettivo del report è fare il punto sulla gran massa di dati e informazioni, a volte contraddittorie a disposizione degli investitori. In particolare, la ricerca punta a:

  • una valutazione indipendente degli asset manager e dei loro sforzi per offrire soluzioni di investimento più sostenibili;
  • un’analisi a livello aggregato su quei fondi che dichiarano di avere un forte focus ESG;
  • un resoconto delle attuali divergenze a livello regionale e di asset class, con attenzione ai rischi di “greenwashing”;
  • un focus su alcune delle tendenze più interessanti ed innovative che stanno emergendo nello spazio ESG. 

Nel valutare le differenti dimensioni dei gestori patrimoniali attraverso i filtri dei tre pilastri, MainStreet Partners ha rilevato che gli asset manager di medie e grandi dimensioni hanno sovraperformato le boutique nel pilastro 1 – 3,71 (asset manager), mentre le boutique hanno prevalso nel pilastro 2 – 2,37 (strategia) e nel pilastro 3 – 2,68 (portafoglio).

I fondi multi-asset tendono ad avere un minor grado di integrazione ESG nei loro obiettivi d’investimento, oltre a non essere allineati agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile come le altre categorie. In generale, i fondi multi-asset riportano un punteggio inferiore rispetto a quelli obbligazionari e azionari per i fondi classificati come articoli 6 e 8 della SFDR, e uno score inferiore di circa il 12% rispetto alle altre asset class quando si tratta di fondi classificati come articolo 9.

Da un punto di vista tematico, la maggior parte dei fondi resta concentrata sulle questioni ambientali, mentre i temi sociali rappresentano solo il 7%. Poiché la maggior parte dei fondi tematici sono classificati come Articolo 9, ci sono stati forti afflussi verso questo tipo di prodotti. Con le nuove normative fermamente concentrate sul raggiungimento di vari obiettivi net zero, i fondi ambientali hanno raggiunto una media di 1,3 miliardi di euro di AuM in gestione, mentre i fondi con focus sulla dimensione sociale raggiungono in media i 384 milioni di euro di AuM.

“Il nostro obiettivo è produrre uno strumento di due-diligence per valutare sia il rischio ESG che di greenwashing all’interno di qualsiasi portafoglio. I nostri rating di sostenibilità olistici sono solidi, facili da capire e coerenti per gli investitori”, ha commentato Simone Gallo, Managing Director di MainStreet Partners, “Questo è il motivo per cui abbiamo sviluppato una metodologia proprietaria a tre pilastri nel 2014 ed è il motivo per cui pubblichiamo ricerche che evidenziano dove sono stati fatti progressi, ma anche dove è necessario farne di più.  Ci auguriamo di vedere un maggiore allineamento tra i labels della SFDR sui fondi e le nostre valutazioni ESG man mano che i gestori patrimoniali continuano a migliorare la transizione dei processi e delle strategie di investimento. Altrimenti, c’è il rischio che le accuse di greenwashing si realizzino su più fronti, il che sarebbe dannoso per il settore nel suo complesso, e per la fiducia degli investitori negli approcci di investimento sostenibile”.