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Goldman Sachs research: come l’innovazione sta cambiando l’utilizzo dell’energia

Il contesto economico attuale, in cui grandi quantità di denaro vengono messe a disposizione dai governi e dalle banche centrali, è indubbiamente favorevole all’industria ed in particolare a quella energetica che più di tutte necessita di adeguarsi ad un mondo Net Zero. Gli investimenti daranno la possibilità all’intero settore di poter ripensare il modo in cui opera migliorando la propria efficienza e l’impatto ambientale.

“Il traguardo 2050 infatti non deve essere perseguito tramite tagli ai consumi, che restituirebbero solo esternalità negative ma attraverso robuste politiche di investimenti incentrati su innovazione e progresso tecnologico che, al contrario, rappresenterebbero una importante arma per contenere il cambiamento climatico ma anche per generare crescita economica e nuova occupazione”, ha osservato Michele Della Vigna, responsabile del team azionario Energia e Risorse Naturali di Goldman Sachs Global Investment Research, nel corso del webinar organizzato da ANASF in occasione del terzo appuntamento di Consulentia21 “Come l’energia incontra l’innovazione”.

Ciò che, invece, sta frenando questo processo di profonda trasformazione è la mancanza di coordinamento tra le varie nazioni dovuta all’assenza di un framework comune che regoli per esempio il prezzo delle emissioni di CO2 e il carbon leakage (ossia il trasferimento della produzione aziendale in paesi dove i limiti alle emissioni sono meno rigorosi).

 La Cina da questo punto di vista, nonostante gran parte dell’energia sia ancora generata mediante combustibili fossili, sta intraprendendo grandi passi per la neutralità carbonica. Come si vede dal grafico sottostante, per rispettare il target Net Zero dichiarato, il gigante asiatico dovrebbe sostenere un piano annuale di investimenti molto ambizioso, con un picco degli investimenti nel 2040, per un valore pari al 2% circa del PIL del paese.

Gli investimenti infrastrutturali richiesti per azzerare le
emissioni di CO2 della Cina entro il 2060

Sulla scia di questi obiettivi climatici, all’inizio dell’anno è entrato in vigore anche il pacchetto di misure che porterà all’avvio del cosiddetto ETS (Emissions Trading System) cinese ovvero un sistema regolamentato per lo scambio delle quote di emissione di carbonio. Questo schema è fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici e rappresenta uno strumento indispensabile per ridurre in maniera economicamente efficiente le emissioni di gas a effetto serra. In questo senso l’Europa può dirsi già molto avanti in quanto il mercato delle emissioni EU è il primo al mondo ed il più esteso.

Le iniziative di carbon pricing coprono il 23% delle emissioni
globali di gas a effetto serra, tenuto conto della Cina.

I mercati finanziari si sono sempre contraddistinti per essere anticipatori di nuovi trend economici ed anche in questo caso stanno ricoprendo un ruolo primario nel processo di cambiamento ponendo il focus su decarbonizzazione e carbon footprint.

“Basti pensare”, commenta Della Vigna, “che il costo del capitale per la costruzione di un nuovo pozzo petrolifero è superiore al 20% mentre quello per un impianto eolico è inferiore al 5% e questa enorme divergenza tra ciò che è high carbon e low carbon è proprio quello che sta portando ad una svolta storica questo anno nel quale per la prima volta gli investimenti globali in energie rinnovabili saranno superiori rispetto a quello in Oil&Gas“.

Il divario che ci separa dal raggiungimento del Net Zero è ancora molto ampio perciò sono molte le soluzioni che possono essere utili a partire da quelle già attuali come gli impianti eolici (onshore e offshore), solari e fotovoltaici, proseguendo con le materie prime non inquinanti come l’idrogeno che però necessitano di essere affiancati a sistemi di immagazzinamento dell’energia come le batterie.

L’idrogeno però non offre attualmente grande flessibilità nell’utilizzo ma in uno scenario di Net Zero si stima che possa rappresentare il 10/20% del consumo globale con l’industria che sarà il maggiore utilizzatore, in particolare quella chimica che godrebbe di un beneficio concreto visto il suo alto impatto ambientale.

“In aggiunta, parte dell’offerta di idrogeno verrebbe sicuramente assorbita dall’industria del trasporto pesante in cui le batterie sarebbero poco efficienti. In questi casi, l’installazione di batterie che possano garantire lunghe percorrenze ai mezzi pesanti comportano un incremento del 50% del proprio peso compromettendo l’efficienza e l’autonomia del mezzo” conclude Della Vigna.