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Outlook 2023

Crisi energetica: le previsioni degli asset manager su transizione e titoli ESG nel 2023

La crisi energetica, con le sue ripercussioni sull’economia, ha dominato la scena nel 2022. Gli effetti si sono fatti sentire sui conti delle aziende e dei cittadini. E i mercati finanziari hanno reagito di conseguenza, con i titoli dell’oil che sono stati favoriti, mentre sono state penalizzate le strategie sostenibili, che selezionano le aziende in grado di contribuire maggiormente alla decarbonizzazione. Ora la situazione sembra essere più tranquilla con la discesa del prezzo del gas, anche grazie a un inverno più mite del previsto e alla capacità di diversificare le fonti di approvvigionamento da parte dei Paesi europei. Quindi tutto superato e problemi alle spalle? Per decifrare meglio le aspettative, ESGnews ha chiesto ad alcune tra le principali società di asset management qual è la loro visione per il 2023 sui titoli energetici e quali prospettive si attendono per le strategie ESG. Ne emerge un quadro incoraggiante, in cui la transizione energetica resta un caposaldo dello sviluppo futuro e gli investimenti sostenibili ne costituiscono il fattore abilitante, continuando a rappresentare una valida scelta di investimento.

Carlo Benetti, Market Specialist di GAM

Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia), lascia intravedere uno scenario positivo sulle prospettive del 2023 degli investimenti che supportano la transizione verso un modello economico piò sostenibile. “La guerra ha accelerato la fine dell’energia a basso costo in una fase della storia in cui la domanda di energia è massima, alimentata dall’aumento della classe media nei paesi emergenti dove i consumi di energia pro-capite sono una frazione dei livelli OCSE. Il 2022 è stato l’anno sconvolto dalla guerra in Ucraina, dallo shock energetico e dalla brusca salita dei tassi. Il 2023 sarà l’anno di tassi di equilibrio più alti e tenuti alti più a lungo di quanto si pensasse. Uno scenario che comporta un re-rating delle valutazioni relative tra i settori, con i titoli dell’energia e i finanziari favoriti”, suggerisce l’esperto di GAM.

Fondamentale rimane il passaggio a un’economia più verde. “Gli investimenti programmati nella transizione energetica sono ingenti, orientati al miglioramento tecnologico e al superamento dei colli di bottiglia nella catena del valore”, afferma Benetti secondo cui “gli investimenti green potranno avere ricadute inflazionistiche, ma saranno anche carburante per la crescita in Europa e per la ripartenza del credito”. Per l’asset manager, infatti, dopo un lungo periodo di riduzione della leva finanziaria e di miglioramento degli standard patrimoniali, il sistema bancario europeo ha carte in regola per accompagnare la transizione energetica.

“È stato un anno in cui difendere le strategie ESG è stato decisamente impegnativo”, ammette Andrea Mancosu alla guida di Credit Suisse (Lux) Energy Evolution Equity Fund, riflettendo sui passati dodici mesi. Tuttavia, il gestore evidenzia che, nonostante l’unico settore forte nel 2022 sia stato quello energetico, trascinato proprio dai titoli oil e gas, è stato però anche l’anno della “presa di coscienza” e di una visione di lungo periodo perché “l’energia è ESG ed è geopolitica”. C’è stata quindi un’accelerazione verso le fonti alternative.

“Sole e vento sono meno concentrati di gas e petrolio, aiutano a contenere le spinte speculative e vanno nella direzione di mitigare il climate change”, spiega Mancosu. Sotto il profilo finanziario inoltre “i titoli delle rinnovabili godono oggi di aspettative più positive. Dopo due anni difficili, le valutazioni per questi titoli sono lontane dai massimi raggiunti a gennaio 2021.

Il rallentamento – se non allentamento – nelle politiche delle banche centrali sarebbe positivo per quei sottosettori delle rinnovabili maggiormente sensibili ai tassi di interesse a causa di utili al momento molto bassi, ma dalle aspettative di crescita elevate (sono i classici titoli definiti “growth”)”.  Tra questi, sottolinea l’esperto, rientrano le aziende coinvolte nella produzione di energia eolica e solare, ma anche quelle che si occupano di sistemi per lo stoccaggio dell’energia pulita.

I trend di lungo ci sono”, incoraggia il money manager di Credit Suisse, “l’UE ha trovato un accordo per diminuire l’uso di energia dell’11,7% entro il 2030, con un taglio medio annuo dell’1,49%, sebbene per ridurre la dipendenza dalla Russia entro il 2027 servirebbe il 13%.  Accanto al calo dei consumi, vi è la necessità di investire – sia fondi pubblici che privati – in nuove fonti di energia”. Secondo l’esperto, sebbene gli investimenti globali nella transizione energetica abbiano raggiunto 1,11 trilioni di dollari, questa cifra deve esser almeno triplicata perché possano essere conquistati gli obiettivi di mitigazione del cambiamento climatico, sicurezza energetica ed energia a prezzi accessibili per una popolazione in continua crescita. “Ciò offre grandissime opportunità agli investitori che credono nel cambiamento e sono alla ricerca di rendimenti importanti” conclude Mancosu.

Roman Boner, Senior Portfolio Manager di Robeco

La crisi energetica “non ha fatto altro che evidenziare i pericoli di un’economia dipendente dai combustibili fossili”, afferma Roman Boner, Portfolio Manager della strategia RobecoSAM Smart Energy Equities di Robeco. Secondo il gestore dell’asset manager olandese, nonostante le sfide attuali, “siamo vicini a un punto di svolta in cui i governi smetteranno di incentivare i combustibili fossili e incoraggeranno l’adozione di tecnologie che facilitano la completa elettrificazione delle economie“. Inoltre, “con la diversificazione del mix di combustibili e la maggiore flessibilità concessa ai clienti, la concorrenza tra fonti energetiche non potrà che aumentare. Ciò accelererà ulteriormente il passaggio alle rinnovabili e all’elettrificazione di tutta l’economia”, ribadisce Boner.

Nemmeno Francesca Mozzati, Product Specialist di Sycomore AM, ha dubbi sul fatto che la transizione energetica rimarrà un driver importante, nonostante la crisi abbia momentaneamente penalizzato le strategie orientate all’ambiente. “La risposta dell’Unione Europea, attraverso il piano RePowerEU, e degli Stati Uniti, attraverso l’Inflation Reduction Act, prevede l’aumento dell’elettrificazione dell’economia, attraverso utilizzo dell’energia per il riscaldamento, la mobilità e e catene di valore dell’edilizia, e l’accelerazione dello sviluppo delle energie rinnovabili”, afferma l’esperta. “Sebbene le utility siano state sfavorite nel corso dell’anno, i fondamentali rimangono molto interessanti e l’accelerazione della transizione sostenuta dall’energia pubblica in Europa dovrebbe prima o poi concretizzarsi”, aggiunge Mozzati.

Secondo l’analista di Sycomore AM, inoltre, nel 2023 gli operatori che beneficiano del reshoring della catena di approvvigionamento o che sono attivi nell’efficientamento energetico (dove i periodi di ritorno si sono ridotti) dovrebbero aspettarsi di ottenere buoni risultati, così come le società che operano in settori quali la gestione sostenibile delle risorse naturali, i servizi ambientali (pianificazione delle infrastrutture e controllo dell’inquinamento) o i metalli di transizione, come ad esempio il rame. Per Mozzati l’attuale volatilità del mercato rappresenta, quindi, un’opportunità per aumentare l’esposizione ai titoli ambientali di alta qualità che hanno dimostrato la loro capacità di resistere alle flessioni e di generare rendimenti nel lungo periodo. “L’opinione pubblica, le aziende, le autorità di regolamentazione e i politici sono più che mai consapevoli dell’interconnessione tra ambiente ed economia. La transizione non è destinata a finire”, conclude l’analista.

Francesco Sandrini, capo delle strategie multi-asset dell’asset manager leader in Europa di Amundi

È convinto dell’inarrestabilità del processo di transizione anche Francesco Sandrini, capo delle strategie multi-asset dell’asset manager leader in Europa di Amundi, secondo il quale né la guerra in Ucraina né l’inflazione potranno influenzare le dinamiche di transizione energetica come è invece accaduto nell’ultimo anno. “Innanzitutto, non ci aspettiamo nel breve periodo una ripartenza delle dinamiche inflattive sulle materie prime energetiche come accaduto negli ultimi due anni (le scorte europee appaiono in buono stato per il biennio 2023-2024 grazie alle temperature più miti). Probabilmente la riapertura post pandemica della Cina potrà aumentare la domanda di petrolio e gas naturale liquefatto aumentandone i corsi rispetto ai valori attuali”, ammette Sandrini, “ma non ai livelli del 2021 e del 2022”.

Secondo l’esperto i principali Paesi sviluppati entreranno in un sostanziale rallentamento macroeconomico a causa delle politiche monetarie restrittive e dell’assenza di politiche fiscali ultra espansive, che sarà un altro fattore contrario alla ripartenza dei prezzi dell’energia e non sarà di supporto per i ricavi delle aziende energetiche. “Nella poderosa transizione verso le rinnovabili l’impegno pubblico, sia a livello di politiche fiscali che di regolamentazione, si sposerà alle iniziative private per finanziare investimenti e infrastrutture: riteniamo che ciò sarà impattante soprattutto nel triennio 2024-2027 e in grado di condizionare l’attrattività del settore energetico globale”. Quindi, secondo Sandrini quello energetico sarà un settore da maneggiare con cautela nel 2023, dato il rallentamento economico, ma in trasformazione e potenzialmente interessante in chiave prospettica per gli investitori.

Davide Renzulli, Head of Advisory di Columbia Threadneedle Investments

Davide Renzulli, Head of Advisory di Columbia Threadneedle Investments conferma come gli investimenti “responsabili” continuano a godere di grande popolarità e costituiscono oggi una tipologia di investimento sempre più ricercata. Per questo la società di gestione americana continuerà a integrare i criteri ESG nei processi di investimento, sviluppando strumenti analitici ad hoc in grado di aiutare i team a estrarre informazioni di alta qualità dai dati ESG e sulle quali basare decisioni d’investimento consapevoli. Sul fronte regolamentare, Renzulli si aspetta che le norme vengano progressivamente potenziate per rafforzare la trasparenza e arginare il rischio di greenwashing. Secondo l’esperto, infatti, il potenziamento della supervisione regolamentare e degli standard comuni può promuovere miglioramenti non soltanto a livello di informativa, ma anche di prodotti e servizi, inducendo gli asset manager a innovare la propria offerta, per rimanere al passo con l’evoluzione del contesto normativo.