Emissioni Scope 3 Borsa Italiana | ESG News

L'opinione di Monica Defend di Amundi

Un mondo net zero richiede un nuovo approccio ai portafogli

C’è un crescente consenso globale sulla necessità urgente di combattere il cambiamento climatico. Ma le reazioni
non coordinate dei governi ai picchi dei prezzi dell’energia nell’ultimo anno hanno dimostrato che una transizione
ordinata e di successo verso un’economia più verde è tutt’altro che garantita
. Una transizione “disordinata”, guidata
da azioni politiche non coordinate, pesa quindi maggiormente sul nostro scenario di riferimento “Capital Market Assumption” di quest’anno: “Una difficile scalata verso le zero emissioni nette”. Limitare l’aumento delle temperature oltre l’orizzonte net zero del 2050 è l’obiettivo condiviso, ma temi dirompenti influenzeranno profondamente l’economia reale e i mercati finanziari.

Nel breve termine, la transizione energetica potrebbe provocare ondate di inflazione a causa dell’aumento dei prezzi del carbonio e delle materie prime. Ma riteniamo che le pressioni sui prezzi non saranno persistenti. Un impatto più duraturo potrebbe esserci con l’allontanamento dai combustibili fossili, con i cambiamenti tecnologici e con una
produttività inizialmente più bassa. Ciò potrebbe intaccare la domanda interna e potrebbe significare che la crescita
economica sarà più contenuta nel medio-lungo termine.

Monica Defend, capo dell’Amundi Institute

Le banche centrali saranno probabilmente caute nel ridurre i propri bilanci, ma utilizzeranno in modo aggressivo i tassi di interesse a breve termine per contrastare le oscillazioni inflazionistiche. La politica monetaria cercherà di evitare che i livelli del debito diventino esplosivi, tenendo sotto controllo i tassi a lungo termine. I bilanci delle banche centrali rimarranno quindi ben al di sopra dei livelli pre-Covid. I settori più strettamente legati alla transizione verde potrebbero essere i maggiori beneficiari del supporto dei responsabili politici, una sorta di allentamento quantitativo “verde”.

Destinare i proventi della tassa sul carbonio in attività legate al clima che aiutino le famiglie e le imprese potrebbe compensare parte dell’impatto negativo della transizione sulla crescita. Ciò potrebbe tradursi in una maggiore produttività futura, contribuendo nel contempo a mitigare i costi sociali e il contraccolpo da parte della popolazione più vulnerabile. La gestione dei costi sociali sarà fondamentale per la transizione, poiché gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire in modo disomogeneo tra le comunità.

Un modello di crescita più inclusivo potrebbe essere promosso riequilibrando la quota nazionale del reddito verso il
lavoro, senza incidere in modo significativo sull’economia. Salari più alti comprimeranno i margini di profitto delle imprese. Ma un reddito disponibile più elevato sosterrà i consumi delle famiglie e dovrebbe contribuire a sostenere le entrate delle aziende. Stimiamo che un aumento del 7% della quota lavoro del reddito derivante da salari più elevati possa essere accompagnato da una diminuzione inferiore al 10% dei profitti cumulati nei prossimi 20 anni nella maggior parte dei paesi sviluppati.

La nuova legislazione volta a decarbonizzare l’approvvigionamento energetico interesserà maggiormente le economie emergenti e di frontiera, mentre le economie più sviluppate e a minore intensità di carbonio faranno fronte alla sfida diversificando la composizione delle loro esportazioni. I piani di investimento dovrebbero pertanto accompagnare la graduale eliminazione dei combustibili fossili nei paesi e nei settori in cui la loro eredità è più forte.

A nostro parere, gli investitori dovrebbero quindi tenere conto delle implicazioni della transizione verso un mondo
“net zero”
, guidato da nuove politiche, tecnologie e nuove preferenze dei consumatori. La transizione climatica
presenta sia rischi che opportunità per gli investitori e i temi della transizione energetica rimarranno sotto i riflettori
per il prossimo futuro.

In un’era di transizione più urgente ma meno coordinata, prevediamo che i rendimenti azionari saranno inferiori nei
prossimi dieci anni rispetto all’ultimo decennio
. Tuttavia i mercati emergenti, in particolare le azioni cinesi e indiane, possono offrire opportunità interessanti, mentre gli Stati Uniti rimangono i favoriti tra i mercati sviluppati. Da un punto di vista settoriale, riteniamo che i leader della transizione verde saranno favoriti insieme all’Information Technology e le prospettive per gli investimenti value sembrano positive.

Dopo un decennio perduto, le obbligazioni stanno tornando al loro trend di lungo termine. Ciò sta rilanciando il loro
ruolo di potenziale diversificatore del rischio di portafoglio, anche se prevediamo una maggiore volatilità data la maggiore incertezza e le prospettive economiche più deboli. Il credito Investment Grade potrebbe beneficiare delle valutazioni più elevate dei titoli di Stato. Le obbligazioni dei mercati emergenti possono offrire rendimenti più elevati, ma potrebbero essere ostacolate da tassi di insolvenza potenzialmente più elevati.

Anche gli asset reali e alternativi, così come le materie prime, saranno cruciali, a nostro avviso, per costruire portafogli resilienti all’inflazione. Il private equity, in particolare negli Stati Uniti, è in cima alla nostra classifica dei rendimenti attesi mentre, su base aggiustata per il rischio, il debito privato globale è favorito. Anche gli hedge fund possono offrire un profilo interessante, con il rischio più basso in tutta la gamma di attività reali e alternative e rendimenti allettanti. Il settore immobiliare e le infrastrutture sono vulnerabili all’impatto degli eventi legati al clima ma sono interessanti dal punto di vista della diversificazione, che potrebbe essere fondamentale per puntare a rendimenti più elevati in un contesto di rischi più elevati.

Un nuovo approccio che mira a fornire rendimenti che le tradizionali allocazioni 60-40 non sono più in grado di offrire

Fonte: Amundi Institute, 2023.