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L'opinione di Fabio Castaldi di Pictet Asset Management

Quali strategie di portafoglio adottare da qui a fine anno?

Rispetto al mese di luglio troviamo oggi dei mercati finanziari a livelli non molto dissimili. Questo, però, non vuol dire che il periodo estivo sia stato ordinato e privo di spunti. Durante questi due mesi abbiamo assistito a due fasi differenti. Una prima fase iniziale, nella seconda metà di luglio, di recupero significativo e sincrono dei mercati azionari e obbligazionari; mediamente un +10-11% sui mercati azionari, con rendimenti in calo fra i 50 e i 100 punti base a seconda delle scadenze e delle giurisdizioni sui mercati obbligazionari. Una seconda fase, durante il mese di agosto, di correzione violenta di entrambe le classi di attivo che riporta le valutazioni azionarie e obbligazionarie non lontano da quelle di inizio estate. Durante il mese di luglio si sono accumulati timori recessivi a livello globale. Negli Stati Uniti, questi timori, alimentati tra le altre cose dalla pubblicazione di un PIL negativo per il secondo trimestre consecutivo, hanno configurato uno scenario di una recessione quantomeno tecnica. In Europa, i timori recessivi sono stati alimentati dall’escalation dei costi dell’energia e in Cina, infine, i timori sulla crescita sono stati legati alle difficoltà dell’economia di riemergere dai ripetuti lockdown sanitari e dalla profonda crisi immobiliare.

Fabio Castaldi, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management

Nonostante la Federal Reserve e La Banca Centrale Europea abbiano segnalato durante il mese di luglio, con i propri rialzi di 75 e 50 punti base rispettivamente, la volontà di contrastare aggressivamente la fiammata inflazionistica in atto, i mercati finanziari hanno sposato in quella fase la tesi che l’atteso brusco rallentamento dell’economia (rischio recessione) sarebbe stato sufficiente per far rientrare in tempi sufficientemente brevi l’inflazione, permettendo alle banche centrali un approccio più morbido sul fronte della politica monetaria. Di qui il recupero sincrono, durante il mese di luglio, dei mercati azionari e obbligazionari fiduciosi di un possibile atterraggio morbido dell’economia.

Tale ottimismo e recupero dei mercati ha incontrato però l’esplicita disapprovazione dei banchieri centrali durante il mese di agosto, culminata in occasione del simposio annuale di Jackson Hole: le dichiarazioni del presidente della Fed Jerome Powell e di Isabel Schnabel, influente membro del comitato direttivo della BCE, hanno chiarito, senza mezzi termini, la volontà delle rispettive Banche Centrali di portare i propri tassi di politica monetaria in territorio restrittivo pur di garantire il rientro dell’inflazione e scongiurarne il rischio di disancoraggio. I mercati monetari e le parti a breve delle curve obbligazionarie si sono adeguate rapidamente a tali dichiarazioni confermate dalla presidente Christine Lagarde in occasione della riunione di settembre della BCE.

Negli Stati Uniti, i Futures sui Fed Funds prezzano ora un punto di arrivo da qui a sei mesi al 4%, mentre in Europa i tassi di politica monetaria sono ora prezzati a 1,75% per fine 2022 con un punto di arrivo nel primo semestre del 2023 al 2,25%. Cosa aspettarsi quindi in questo contesto e quali le prospettive per i mercati? Nei prossimi mesi l’attenzione delle banche centrali resterà fermamente puntata sul rientro dell’inflazione a costo di sacrificare, se necessario, la crescita economica. Questo dichiarato approccio delle banche centrali sarà fonte di volatilità e di regimi di correlazioni instabili tra classi di attivo tradizionalmente de-correlate, nella fattispecie i mercati azionari e i mercati obbligazionari governativi. In questo contesto, la gestione del rischio, e quella tattica, diventa rilevante. Dal punto di vista dell’allocazione fra le diverse classi d’attivo, riteniamo che, a seguito del re-pricing aggressivo del mese di agosto e inizio settembre, un sovrappeso sui mercati obbligazionari rispetto agli attivi a rischio possa essere ora giustificato.

In particolare, in Europa, in assenza di una improbabile svolta sui negoziati di pace nel conflitto russo-ucraino, il peso della crisi energetica inevitabilmente impatterà profondamente aziende e consumatori. Nel contesto di una probabile recessione nel prossimo semestre, è possibile che la traiettoria dei rialzi dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea possa essere meno aggressiva rispetto a quanto ora prezzato dai mercati e fatto intendere da Christine Lagarde in occasione della riunione della BCE di settembre.

I mercati azionari, viceversa, restano vulnerabili. La correzione degli indici fin qui osservata è riconducibile prevalentemente a una revisione valutativa legata al rialzo dei tassi di interesse. Il deterioramento del contesto macroeconomico rischia di impattare gli utili societari, su cui è lecito ipotizzare nei prossimi mesi, in uno scenario recessivo, importanti revisioni al ribasso, anche nell’ordine del 15-20% su base annua. Riteniamo pertanto che un posizionamento difensivo sugli attivi a rischio sia al momento l’impostazione da assumere nei portafogli degli investitori.