Nata oltre dieci anni fa con la missione di contribuire alla protezione della natura attraverso progetti di forestazione e di decarbonizzazione, nel tempo Rete Clima ha allargato il proprio ambito di attività ed oggi si propone come partner delle aziende nel loro intero percorso ESG: dalla definizione della governance sostenibile dell’azienda alla comunicazione delle attività ESG, passando per la definizione di una strategia di decarbonizzazione e delle azioni necessarie per attuarla, fino alla partecipazione degli stakeholder ai processi sostenibili aziendali ed alla rendicontazione dei temi materiali. “La sostenibilità non può essere realizzata se non c’è un indirizzo chiaro e consapevole del management”, spiega Paolo Viganò che ha fondato Rete Clima nel 2011, quando l’attenzione delle aziende e dei cittadini ai temi della sostenibilità non era davvero ancora così sentita come adesso.
E se il cuore dell’attività restano i progetti di carbon e di forestazione nazionale, sono numerose le iniziative di consulenza e operatività in ambito ambientale offerte da Rete Clima per accompagnare le aziende in un percorso di miglioramento della propria performance climatica.
In parallelo a questo, grazie anche all’ eco della Campagna forestale nazionale Foresta Italia, lanciata insieme a Coldiretti e PEFC Italia, Rete Clima è oggi riconosciuta per lo sviluppo di programmi di riqualificazione del territorio della Penisola e di tutela del capitale naturale: tra questi sono sicuramente da citare “Think Forestry” con Intesa Sanpaolo, oltre al progetto “Bosco Ferrari” realizzati con la rinomata casa automobilistica.
Rete Clima, che dal 2022 è diventata Impresa Sociale, ha oggi all’attivo un portafoglio clienti che include grandi imprese quotate, ma anche piccole realtà produttive.
Per meglio comprendere la reale valenza di un percorso di decarbonizzazione e degli strumenti a disposizione delle imprese, Viganò fa il punto in questa intervista a ESGnews: sia raccontando del servizio di rating dei progetti internazionali di compensazione delle emissioni di gas serra offerto da Rete Clima per valutare la reale affidabilità dei programmi alla base dell’attribuzione e dell’acquisto dei crediti di carbonio, sia evidenziando l’importanza della gestione delle foreste e delle attività manutentive che devono seguire le attività di piantumazione, anche alla luce degli impatti del cambiamento climatico.
Da oltre dieci anni Rete Clima accompagna le aziende nel percorso di sostenibilità. Quali cambiamenti ha visto nello scenario?
Rete Clima è nata nel 2011 e oggi accompagna le aziende in percorsi di sostenibilità̀, di decarbonizzazione, di definizione della propria governance sostenibile e di rendicontazione. Molto è cambiato in questi anni: dieci anni fa il tema della sostenibilità non era chiaramente codificato e definito come oggi. Nell’ambito ESG oggi sono invece molto attuali e consolidate una serie di riflessioni e buone pratiche in ambito ambientale, sociale e di governance, oltre che standard per valutare tali aspetti e indirizzare le azioni. Mi riferisco, per esempio, alle metodologie per il calcolo dell’impronta ecologica, carbonica e idrica, o agli standard internazionali GRI per la rendicontazione non finanziaria delle Aziende.
Inoltre in questo arco di tempo è aumentata l’attenzione delle aziende a questi temi che, soprattutto di recente, si è accompagnata ad un’accelerazione anche sul fronte della normativa tecnica e della normativa cogente. Oggi, complice la spinta legislativa ma soprattutto la necessità delle Aziende di comunicarsi anche dal punto di vista non finanziario, è irrinunciabile pianificare, raccontare e rendicontare l’azienda anche da un punto di vista della propria sostenibilità. Ma per poter render conto degli aspetti ESG bisogna effettivamente occuparsene in termini di sviluppo di politiche aziendali, di pianificazione, di attuazione del piano ESG, di misurazione e monitoraggio nel tempo, di rendicontazione. È cresciuta dunque la sensibilità alle tematiche, non solo legate all’ambiente ma anche alle questioni sociali e sono aumentate le strategie e le azioni che un’azienda può decidere di intraprendere.
Quali sono ad oggi le vostre principali attività? Come siete organizzati e che tipo di soluzioni fornite?
Le nostre competenze ESG riguardano principalmente gli ambiti ambientali e di governance. Rete Clima supporta le aziende nel percorso di sostenibilità a 360 gradi: si parte dunque dall’analisi dello stato de facto iniziale, fino alla definizione di strategie ESG aziendali, pianificazione ed attuazione di azioni per ridurre gli impatti e per neutralizzare quelli residui.
Nel concreto ci occupiamo dunque dello sviluppo di progetti di economia circolare, di CSR, di forestazione nazionale, di comunicazione e di rendicontazione ambientale e sociale, di GPP (Green Public Procurement, ossia acquisti pubblici verdi) e appalti verdi, di sviluppo della governance sostenibile, di decarbonizzazione per il contrasto al cambiamento climatico (mediante carbon footprint, riduzione e compensazione di CO2).
Oggi è importante che le Aziende si diano obiettivi realizzabili e che siano efficaci in tempi brevi: Rete Clima può aiutare le Aziende a definirli e perseguirli.
Come si è allargata l’attività all’ambito del supporto alla governance sostenibile delle Aziende, essendo voi nati con un focus particolare sui temi ambientali?
Siamo convinti del fatto che la sostenibilità non può essere attuata efficacemente se non c’è un indirizzo chiaro e consapevole dell’organizzazione aziendale. Quindi per noi è stato un passaggio naturale avviare il supporto alla governance sostenibile, offrendo quindi una serie di servizi ampi anche in quel contesto per aiutare le Aziende nella propria conoscenza sul fronte ESG, al fine di poter pianificare lo sviluppo dell’azienda e dei suoi piani sostenibili anche da un punto di vista organizzativo e strategico.
Per essere realmente di supporto alle imprese è necessario fare un percorso ragionato in cui le si accompagna in un’analisi per definire dapprima le priorità, poi le politiche e le strategie e infine per scegliere le azioni da attuare nel tempo.
A che punto sono, secondo lei, le aziende italiane nell’integrazione della sostenibilità? E in cosa hanno bisogno di maggiore supporto?
Dipende molto dalle loro dimensioni e dall’apertura ai temi ESG intrinseca dentro ognuna. Le grandi imprese quotate per esempio, che sono sottoposte già da tempo ad obblighi di rendicontazione di sostenibilità tramite la DNF (dichiarazione non finanziaria), sono sicuramente più avanti e possono oggi preoccuparsi di essere sempre più precise nelle strategie e nelle azioni in ambito ESG. È un po’ più difficile invece trovare PMI che abbiano già definito un percorso ESG ben strutturato, salvo che non siano fornitori di grandi aziende, oppure dotate di un management particolarmente lungimirante che ha compreso gli impatti positivi di una visione strategica ESG.
Anche per quanto riguarda il tipo di supporto di cui necessitano penso che valga lo stesso criterio. Nel nostro portafoglio clienti ci sono gruppi di grandi dimensioni ed evoluti nel loro percorso di sostenibilità come – solo per citarne alcuni – Armani, Ferrari, Gucci, Ferragamo, Intesa Sanpaolo, Tim, CONAD, Fiera Milano, ma anche piccole realtà di provincia. Ciascuna necessità di un sostegno differente, a seconda del proprio livello di partenza e delle specifiche necessità.
Qual è la conoscenza e l’utilizzo dei crediti di carbonio da parte delle aziende italiane nella compensazione delle proprie emissioni?
Le aziende sono sempre più consapevoli del fatto che il rischio climatico è grande e deve essere gestito con urgenza: in questo senso è quindi aumentata la richiesta di consulenza e di supporto nella valutazione e gestione dell’impronta di carbonio sia delle Aziende sia dei loro prodotti/servizi, e nella loro successiva decarbonizzazione. E’ quindi inevitabile che, attivandosi sul fronte della decarbonizzazione aziendale e pur definendo piani di riduzione emissiva, debbano essere utilizzati i crediti di carbonio: questi sono lo strumento di compensazione (offset) delle emissioni residue, ossia le emissioni che alla fine del percorso di riduzione l’azienda non riesce a ridurre.
Nell’ambito dell’affiancamento alla strutturazione del piano di riduzione e di compensazione emissiva, Rete Clima offre solo crediti di carbonio certificati quali strumenti di “carbon avoidance” (ossia soluzioni che riducono o prevengono le emissioni di gas serra) o di “carbon removal” (ossia soluzioni che permettono di sequestrare e di rimuovere a lungo termine la CO2 presente in atmosfera): tali crediti sono generati da progetti che devono rispettare specifici requisiti di qualità, stabiliti dagli standard di certificazione internazionali.
Alla luce dei recenti avvenimenti e delle critiche verso alcune tipologie di progetti di carbon offset, che hanno rischiato di diminuire la fiducia nell’intero sistema di offsetting, Rete Clima ha deciso di proporre un sistema di rating dei progetti internazionali di compensazione: siamo i primi in Italia a proporlo, con l’intento di garantire ai nostri clienti i progetti di offset più solidi e sicuri sia a livello tecnico, sia a livello comunicativo.
La valutazione dei progetti di compensazione avviene tramite relazioni con partner internazionali, assegnando un punteggio (da “AAA” a “D”) sulla base della effettiva validità e solidità del progetto di carbon offset, pur già certificato. Tale analisi avviene tramite un’ampia serie di strumenti, quali IoT, immagini satellitari, sopralluoghi sul campo, verifiche documentali, interviste che permettono di avere un quadro più completo e criteri di affidabilità del progetto stesso.
Il processo e l’attribuzione del rating finale va quindi ad affinare e approfondire una serie di valutazioni già effettuate in fase certificativa. Questo si traduce dunque in un doppio controllo rispetto all’addizionalità del progetto, alla permanenza dello stoccaggio di carbonio ed alla correttezza della stima delle emissioni evitate/ridotte dal progetto, al fine di evitare che vi sia un “overselling” di carbon credits (quindi un’attribuzione e vendita di crediti di carbonio maggiore rispetto all’impatto reale in termini di riduzione, evitamento e stoccaggio delle emissioni climalteranti).
Uno dei vostri progetti più conosciuti è Foresta Italia, la Campagna forestale nazionale lanciata insieme a Coldiretti e PEFC Italia. Che risultati avete avuto?
Foresta Italia è la nostra Campagna forestale lanciata nel 2022, che però mette a frutto la nostra esperienza di 10 anni di attività forestali in Italia. La Campagna, che vuole valorizzare gli ecosistemi forestali delle Penisola, è strutturata su cinque azioni che comprendono le attività di forestazione e di riforestazione, la gestione forestale (quindi di miglioramento delle foreste esistenti), la certificazione forestale (che va a certificare le foreste mature e la qualità del modo in cui sono gestite), acqua per le foreste (che affronta il problema della distribuzione anomala delle piogge, causata dagli impatti del cambiamento climatico) e infine azioni legate alla promozione della biodiversità (quindi creazione di foreste che hanno la primaria funzione di aumentare la biodiversità, usando criteri specifici a tale scopo).
Nel primo anno di Foresta Italia abbiamo piantato 60mila alberi. I risultati ottenuti ci pongono come prima campagna nazionale per dimensione e ampiezza del settore privato.
Cosa è emerso della situazione delle foreste in Italia?
Il tema vero oggi è quello della scarsità idrica. Come la scienza climatica aveva preannunciato, le fasce temperate del pianeta stanno subendo una progressiva tropicalizzazione del clima che comporta, tra l’altro, una distribuzione delle piogge caratterizzata da momenti piovosi ad alta intensità e di breve durata, alternata a lunghi periodi di siccità Questo significa che è necessario garantire una serie di irrigazioni extra alle piante per superare i periodi di stress idrico, sempre più frequenti anche d’inverno. L’anno scorso, per esempio, abbiamo dovuto iniziare a bagnare le piante da Febbraio: non era mai successo prima.
Nell’ambito delle attività di forestazione o di riforestazione, la grande differenza è legata alla cura e manutenzione delle foreste in una fase post impianto. Sono purtroppo numerosi i casi di progetti di piantagione di alberi e boschi a cui non segue un monitoraggio e una contestuale manutenzione forestale, sia in ambito privato che pubblico, con conseguenze forestali spiacevoli. Dentro la Campagna Foresta Italia abbiamo invece adottato un protocollo per le azioni manutentive che devono essere garantite, monitorando i progressi e controllando l’effettivo stato di salute di alberi e arbusti nelle varie aree forestali.
Parlando invece di gestione forestale di foreste mature, si tratta di un tema molto importante e che interessa tutto il nostro territorio nazionale, ricco di foreste adulte. Ad oggi il 40% del suolo nazionale è infatti coperto da foreste, ma solo circa il 10% di questo è gestito in maniera sostenibile e certificata. In Italia stiamo assistendo ad un aumento della superficie forestale che sta avvenendo però in maniera spontanea, spesso legato all’abbandono di territori e delle pratiche agricole o pastorizie. Questo fa sì che tali “nuove” foreste crescano in maniera “disordinata” con densità molto fitte, in forte competizione per le risorse, pertanto più sensibili ad agenti atmosferici come il vento o la neve bagnata. Inoltre, sono foreste vicine ad aree abitate, quindi, rappresentano un rischio da non sottovalutare, anche in riferimento al rischio incendi.
Potrebbe fare degli esempi di progetti che rientrano nella cornice di Foresta Italia?
Il più recente è “Think Forestry’” con Intesa Sanpaolo, dentro il quale supportiamo il più grande gruppo bancario italiano in attività di forestazione e di tutela del capitale naturale italiano. È un progetto che ha preso il via a novembre 2023, dentro il quale Rete Clima fornirà supporto a tutte le imprese clienti che aderiranno all’iniziativa. Rientra infatti nel Piano d’Impresa 2022-2025 in cui Intesa Sanpaolo si è impegnata a sostenere la decarbonizzazione del sistema economico e favorire la sostenibilità ambientale.
Con il progetto “Bosco Ferrari”, invece, stiamo accompagnando Ferrari nella creazione di boschi sul suolo locale (partendo dall’area di Maranello ed estendendo poi le attività in tutto il modenese), con una azione forestale anche su aree sottratte alla criminalità. È un esempio evidente di come una istanza ambientale può essere coniugata ad una sociale e di come contribuire a questo tipo di iniziative può significare un ritorno e restituzione alla comunità dei luoghi in cui si opera.
Di recente avete lanciato il Programma Climate Plus. In cosa consiste?
Climate Plus è un percorso che si struttura su un’analisi dell’impronta carbonica, sulla sua riduzione e sulla compensazione tramite progetti esteri, con l’aggiunta del sostegno a progetti nazionali afferenti a Foresta Italia. Abbiamo pensato all’integrazione della Campagna nazionale dentro al percorso di decarbonizzazione quale elemento di valorizzazione del percorso ESG dell’azienda, non solo e non tanto in termini climatici (le emissioni residue sono infatti compensate da progetti di sviluppo internazionali, opportunamente certificati), bensì attraverso la concretezza dell’impegno sostenibile che si traduce in attività di riqualificazione del territorio nazionale. Dove, grazie appunto agli interventi NBS (Nature Based Solution) previsti dalla Campagna Foresta Italia, viene generato un “plus” ambientale, ecosistemico e climatico sul territorio nazionale.