Matteo Tanteri Snam | ESG News

Interviste

Tanteri (Snam): obiettivo net zero al 2050, massima attenzione a natura e biodiversità

Net zero al 2050 e carbon neutrality al 2040. Sono questi gli obiettivi di decarbonizzazione di Snam, sui quali è stata la prima società al mondo a ricevere un assesment da Moody’s. Ma l’azienda energetica, che opera nelle infrastrutture per il trasporto, stoccaggio e rigassificazione del gas in Italia, guarda più avanti. Quello della decarbonizzazione è considerato oramai un percorso ineludibile e assodato che non può prescindere dalla preservazione della natura e della biodiversità, tenendo ben presenti le esigenze delle persone delle comunità dove opera il gruppo, ma anche dei dipendenti. È questa la visione di Matteo Tanteri, Director Sustainability & social impact di Snam, che sottolinea come oramai la sostenibilità non sia un tema a sé per il gruppo di San Donato, ma sia completamente integrata nella strategia dell’azienda, che si è data il compito di promuovere l’evoluzione del settore energetico verso fonti più sostenibili garantendo al contempo la sicurezza delle infrastrutture.

Non a caso, Snam ha scelto come responsabile della sostenibilità proprio Tanteri, che porta alla funzione ESG un bagaglio di esperienza nelle strategie del gruppo per essersi occupato per anni del business development e delle attività estere del gruppo e avere contribuito a iniziative, come l’acquisizione di TAP, gli albori del biometano e della mobilità sostenibile, che hanno ridefinito lo sviluppo strategico di Snam.

“Il concetto di sostenibilità come solo elemento non finanziario è ormai superato: fa pienamente parte della strategia delle aziende ed è una scelta indispensabile per il futuro di molti processi di business e per garantire la continuità nel medio lungo periodo” osserva Tanteri in questa intervista a ESGnews.

A fine gennaio avete presentato il nuovo piano strategico al 2027. Quali sono gli obiettivi di sostenibilità di Snam per i prossimi anni?

Nel piano al 2027 la sostenibilità è completamente integrata nelle operazioni del gruppo Snam e organizzata su sette pilastri ossia sviluppo di un’infrastruttura multi-molecola, transizione verde, neutralità carbonica, biodiversità e rigenerazione, persone, comunità locali e transformative innovation. La sostenibilità permea la nostra strategia di lungo periodo e il modo più concreto per continuare a creare valore.

L’aggiornamento della nostra strategia di sostenibilità, prima molto legata al tema della decarbonizzazione e al raggiungimento dei target net zero, è frutto di un anno di lavoro in cui abbiamo deciso di ripartire dall’individuazione delle leve caratteristiche di Snam che permetteranno al gruppo di generare valore anche in futuro e dunque garantiranno la business continuity nel medio lungo periodo. L’approccio a cui siamo giunti è di tipo “all-round” in cui i temi ESG sono incorporati a 360 gradi nella strategia aziendale e includono gli impatti, i rischi e le opportunità in relazione a tutti gli stakeholder, sia interni sia esterni.

Questo implica la necessità di una visione ad ampio raggio. Quindi, per esempio, nella creazione di valore non può non rientrare il rapporto che il gruppo riesce a instaurare con le proprie persone e la comunità dove opera. Abbiamo dunque fissato target migliorativi per il nostro engagement index che valuta lo stato di coinvolgimento delle persone di Snam e aumentato gli investimenti, pari a 1,2 miliardi di euro, a supporto della transizione energetica.

E sul fronte della biodiversità?

Quando si parla di ambiente, poi, non si può assicurare solo un impegno sul fronte della riduzione delle emissioni di gas serra, ma anche in ambito di biodiversità e rigenerazione territoriale. E da questo punto di vista Snam è stato il primo operatore infrastrutturale globale ad aver aderito al Corporate Engagement Program di SBTN (Science Based Target for Nature), completando una prima analisi quantitativa sulle attività operative che ha evidenziato come l’approccio di preservazione e rigenerazione attualmente adottato per le attività di costruzione e manutenzione sia già allineato ai principi di rispetto della natura. Entro il 2027 il gruppo si è ora impegnato a generare, secondo le linee guida del framework di SBTN, un impatto sulla natura da neutrale a positivo.

Tra le novità, avete aggiornato i target di riduzione delle emissioni e puntate a raggiungere il net zero entro il 2050. Quali sono le principali azioni che avete previsto per raggiungere tale obiettivo?

Abbiamo confermato il piano per raggiungere la neutralità carbonica al 2040 nell’ambito delle nostre operations e aggiunto il net zero al 2050 per tutte le emissioni, incluse le Scope 3. Il piano prevede target intermedi di riduzione, allineati alla metodologia generica Science Based Target initiative (SBTi). In particolare, abbiamo l’obiettivo di un taglio del 25% delle emissioni Scope 1 e 2 dei business regolati entro il 2027, rispetto ai valori del 2022, grazie anche a una riduzione del 64,5% delle emissioni di gas naturale entro il 2027 rispetto ai valori del 2015, in accordo al protocollo Oil & Gas Methane Partnership initiative dell’UNEP (OGMP). Nel 2023 Snam ha già raggiunto il -55% rispetto al 2015, in anticipo di 3 anni rispetto alla deadline raccomandata dalle Nazioni Unite.

Quest’anno abbiamo inoltre aggiornato i target e spostato la baseline di rifermento per la riduzione delle emissioni al 2022, una scelta legata alla pubblicazione, a inizio febbraio, del nuovo framework per la finanza sostenibile, finalizzato al raggiungimento del target dell’85% di finanza sostenibile nel 2027, avendo il gruppo già centrato con tre anni in anticipo, come annunciato in occasione della presentazione dei risultati 2023, l’obiettivo dell’80% di finanza sostenibile, originariamente previsto per il 2026. Un impegno che ha portato anche alla prima emissione di un green bond da mezzo miliardo, lo scorso mese di febbraio.

Gli obiettivi sulle emissioni Scope 1 e 2 sono in linea con quelli già esistenti e prevedono il raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2040. Nel 2023 abbiamo registrato una riduzione di tali emissioni del 10% rispetto al 2022, quindi alla nuova baseline, mentre del 16% rispetto a quella vecchia, al 2018. Inoltre, Snam ha fissato nuovi target nel medio termine, dopo il -25% al 2027, segue il -40% al 2030 e il -50% al 2032.

C’è stato poi un passo avanti per quanto riguarda le emissioni Scope 3, ossia quelle relative alle nostre associate estere e alla supply chain. Prima avevamo obiettivi in valore assoluto per le associate e di intensità relativa, invece, per la supply chain. Ma quando si parla di intensità relativa c’è il rischio che se aumentano i capex, aumentino anche le emissioni assolute aumentino. Abbiamo quindi deciso di stabilire tutti gli obiettivi di riduzione in valore assoluto e pari al -30% entro il 2030 e -35% al 2032.

Inoltre, a tali obiettivi è stato aggiunto un nuovo impegno di lungo termine, ossia raggiungere il net zero su tutte le emissioni, incluse quindi anche le Scope 3, entro il 2050.

I vostri obiettivi al 2040 non includono le emissioni Scope 3. Per quali ragioni e qual è il peso delle emissioni Scope 3 sul totale?

Nel caso di Snam le emissioni Scope 3 del business regolato sono circa il 50% del totale, per lo più derivanti dalla nostra supply chain e dalle nostre associate.

Con la nuova strategia abbiamo fissato degli obiettivi molto stringenti al 2030 e 2032 in valore assoluto, tra i primi del nostro settore, e l’obiettivo del net zero al 2050. Progressivamente vedremo come si evolve questo dato che dipende anche dal livello di decarbonizzazione del Paese, una proxy immediata anche della nostra value chain. Si tratta comunque di obiettivi d’avanguardia se pensiamo che in altre aree del mondo assistiamo anche ad una inversione di tendenza, con società che potrebbero non essere più obbligate a fare disclosure di questi dati.

Il lavoro che stiamo facendo è su più fronti: culturale, con la spinta alla trasparenza dei nostri stakeholder e la raccolta dati ma anche a supporto alle nostre associate per definire dei propri piani di decarbonizzazione (che ormai tutte hanno). Grazie a questo impegno, infatti, abbiamo ridotto nel 2023 le nostre emissioni relative alle Scope 3 del 4% rispetto il 2022.

Come avete definito i vostri obiettivi di decarbonizzazione?

A oggi, manca una metodologia specifica per il settore dell’oil&gas dello Science Based Target (SBTi), il principale ente che definisce le metodologie di calcolo delle emissioni, maggiormente riconosciuta da autorità e investitori. In attesa di maggiore chiarezza abbiamo fissato gli obiettivi utilizzando la metodologia generale sia per le emissioni Scope 1 e 2 che per le emissioni Scope 3.

Manca invece un metodo condiviso sulla contabilizzazione delle emissioni finali del gas naturale di proprietà di terzi che un operatore trasporta. Società come Snam, infatti, non sono proprietarie del gas che trasportano e non hanno dunque alcun controllo diretto sulle sue fonti e sui suoi usi, operando inoltre in un mercato regolato. L’impegno di Snam nella riduzione delle emissioni, dunque, è realizzato attraverso infrastrutture e connessioni sicure insieme alla promozione della diffusione di molecole verdi che potranno essere trasportate proprio grazie alla rete diffusa e costantemente potenziata del gruppo.

È chiaro che è un tema molto significativo perché, per dare degli ordini di grandezza, tali emissioni sono 100 volte maggiori di quelle di Snam.

Per questa ragione, Moody’s, da cui abbiamo recentemente ricevuto il Net Zero assessment, ha convenuto di non considerare questo impatto all’interno della sua valutazione sugli obiettivi e l’ambizione del gruppo, specialmente in assenza di un quadro regolatorio che disciplina questo ambito, su cui al momento anche l’SBTi sembrerebbe più propensa a non considerarle.

Siete stati la prima azienda ad aver ricevuto il Net Zero assessment da parte di Moody’s. In cosa consiste e quali benefici vi porta?

Si tratta di una decisione innovativa, nata dal fatto che per gli investitori riveste molta importanza la presenza di una certificazione riguardante gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra di una società. Nel caso di Snam, dal momento che non esiste una metodologia specifica SBTi sulle riduzioni delle emissioni nel settore oil and gas, abbiamo colto l’occasione di questo nuovo strumento di Moody’s per dimostrare il nostro impegno e far valutare i nostri sforzi in maniera indipendente.

Nel dettaglio, l’agenzia internazionale valuta la capacità di un’azienda di raggiungere il net zero, considerando la solidità dei piani di decarbonizzazione e la governance della società. Per quanto riguarda Snam, Moody’s ha rilevato la coerenza del piano e, soprattutto, il fatto che tutta la strategia di decarbonizzazione si basa su tecnologie già disponibili sul mercato, testate e scalabili.

Inoltre, Moody’s ha ritenuto ulteriore elemento di credibilità per gli obiettivi net zero anche la centralità nell’implementazione delle tecnologie di decarbonizzazione nel business plan del gruppo, al cui sviluppo sono legati investimenti con previsti ritorni economici.

C’è inoltre da aggiungere che Snam si pone a livelli di eccellenza sul fronte certificazioni e rating di sostenibilità: il gruppo è per il terzo anno consecutivo al vertice della “A LIST” di CDP (ex Carbon Disclosure Project), relativa alle azioni sul clima, puntando ad ottenere una valutazione altrettanto alta anche sulla supply chain. Infine, sempre a fine gennaio, anche Sustainalytics ha aggiornato il rating di valutazione sulla capacità di gestione dei rischi ESG di un’azienda e Snam è stata la prima a livello globale, su 96, del sottosettore gas utility.

Di recente avete pubblicato i risultati dell’iniziativa lanciata a maggio Call4partnerSustainable Supply Chain. Quali sono stati gli esiti più significativi e in che modo Snam concretizza il suo impegno per una catena del valore sostenibile?

Da anni Snam ha un programma interno di open-innovation, Snaminnova, legato al pillar dell’innovazione, che lo scorso anno è stato interamente dedicato alla sostenibilità. Il progetto, che di solito si rivolge ai dipendenti di Snam, nell’ultima edizione ha aperto la “call4idea” anche ai fornitori, attuali e potenziali del gruppo, alla ricerca di idee per rendere la supply chain più sostenibile. In totale hanno partecipato 86 fornitori di cui 20 nuovi, con i quali Snam non aveva in essere alcun rapporto commerciale.

Per raggiungere l’obiettivo della creazione di una catena di approvvigionamento sempre più sostenibile è importante riuscire a coinvolgere l’ecosistema dei fornitori. Se pensiamo alla decarbonizzazione della supply chain, ci rendiamo conto che è un’enorme sfida in quanto non è sotto il nostro diretto controllo ma, nonostante questa intrinseca complessità, lavoriamo in ogni occasione per promuovere un’evoluzione sostenibile dell’intera catena di valore in cui operiamo.

Ritiene efficaci le iniziative di sistema sulle catene di fornitura?

La trasformazione del sistema produttivo necessita di una collaborazione e di un’azione su più piani congiunti. A partire dalle nuove normative europee, in primo luogo la CSRD, che avranno un forte impatto sulle catene di fornitura e richiederanno alle aziende, per essere conformi alla regolamentazione, di adeguarsi sul fronte della trasparenza e sulla capacità di reperimento dei dati. Proprio per questo, Snam invita i propri fornitori a sottoporsi alle valutazioni di CDP (ex Carbon Disclosure Project) e ad entrare in Open-es, la piattaforma di sistema che potrà incentivare e supportare le aziende nella loro capacità di risposta richieste sul fronte della sostenibilità, aumentando la consapevolezza sui propri punti di forza e aree di miglioramento. Riuscire ad aver un unico punto di contatto che standardizzi le informazioni e i risultati che è necessario predisporre costituisce sicuramente un vantaggio.

Quanto, infine, al nostro rapporto diretto con i fornitori, abbiamo inserito i fattori ESG come criteri premianti di selezione e valutazione di fornitori e collaboratori. Per l’impegno messo in campo, dunque, Snam è stata confermata leader anche per il 2023 nel Suppliers Engagement Rating (SER) dell’ex Carbon Disclosure Project, che valuta le aziende per il coinvolgimento dei fornitori nel contrasto al cambiamento climatico, ottenendo il punteggio “A”.

Quanto investite nella transizione energetica? E come?

Il nuovo piano strategico 2023-2027 prevede 11,5 miliardi di investimenti per quello che noi definiamo la nostra mission: la creazione e rafforzamento di “un’infrastruttura multi-molecola al servizio della transizione energetica. Di questi, 1,2 miliardi di euro sono focalizzati sui business della transizione energetica, ossia biometano (400 milioni di euro), tecnologia CCS – Carbon Capture and Storage (350 milioni di euro), idrogeno (100 milioni di euro) ed efficienza energetica (300 milioni di euro).

A tale cifra si devono aggiungere tutti gli investimenti in tecnologie e miglioramenti dei processi che hanno un effetto di spinta e supporto anche indiretto per la transizione energetica incusi nei 10,3 miliardi di euro destinati allo sviluppo sostenibile delle infrastrutture. In particolare, 7,4 miliardi sono dedicati al trasporto del gas, compresi gli investimenti relativi al potenziamento della Dorsale Adriatica, la sostituzione di circa 900 km di rete, la costruzione di stazioni di compressione dual fuel (alimentate anche da energia elettrica rinnovabile) e le nuove interconnessioni tra impianti di biometano e la rete di Snam. Senza considerare poi il potenziale di trasporto dell’idrogeno su cui Snam sta operando come abilitatore in Europa e in Italia, attraverso progetti come il SoutH2 Corridor e il riadattamento e il continuo ammodernamento della rete che contribuiranno nel prossimo futuro a rendere il sistema energetico nazionale pronto all’utilizzo dell’idrogeno.