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Agenda 2030 obiettivo 9

Obiettivo 9: Costruire un’infrastruttura sostenibile, promuovere l’industrializzazione inclusiva e innovativa

“Costruire un’infrastruttura resiliente, promuovere una industrializzazione inclusiva e sostenibile e favorire l’innovazione”. Sono queste le finalità promosse dall’obiettivo numero 9 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, una serie di impegni sottoscritti il 25 settembre 2015 dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite per trovare soluzioni comuni alle grandi sfide del Pianeta, quali l’estrema povertà, il cambiamento climatico, le disuguaglianze e il diritto alla salute.

In totale l’Agenda comprende 17 obiettivi (i cosiddetti Sustainable Development Goals, o SDGs), scomposti in 169 targetche i Paesi firmatari si sono impegnati a raggiungere entro il 2030 per migliorare lo sviluppo dell’umanità, tenendo conto in egual misura delle dimensioni economiche, sociali e ambientali.

I primi SDG affrontano le grandi questioni che affliggono il Pianeta, come la povertà estrema, la fame, la salute, l’istruzione di qualità e la parità di genere. L’SDG 9, focalizzandosi sul sostegno dell’innovazione, sull’accesso alla conoscenza e alla ricerca e sulla costruzione e messa a punto delle infrastrutture necessarie per uno sviluppo economico, si può considerare come un obiettivo trasversale e abilitante rispetto agli altri.

Nello specifico, l’industrializzazione è collegata all’SDG 8 (lavoro dignitoso e crescita economica) e all’SDG 11 (città e comunità sostenibili), mentre l’innovazione e lo sviluppo di nuove competenze aiuterà a realizzare l’SDG 2 (porre fine alla fame), l’SDG 6 (acqua pulita e servizi igienici) e l’SDG 7 (energia accessibile e pulita).

Come afferma l’UNRIC (Centro Informazioni Regionale delle Nazioni Unite), “senza tecnologia e innovazione, non vi sarà industrializzazione, e senza industrializzazione non vi sarà sviluppo”. 

Obiettivo 9: La Spiegazione

Circa 2,6 miliardi di persone nei Paesi in via di sviluppo incontrano ostacoli all’accesso continuo all’elettricità e tra 1 e 1,5 miliardi non possiedono servizi di telefonia affidabili. Inoltre, 2,5 miliardi di persone non godono di servizi sanitari e quasi 800 milioni, di cui la maggior parte residente in Africa subsahariana e Asia meridionale, non hanno accesso all’acqua.

Occorrono reti elettriche, telefoniche e internet, strade, ferrovie, ma anche canali per l’acqua e tubature. Gli investimenti nelle infrastrutture sono un passo necessario per permettere a una grande parte della popolazione mondiale di accedere alle condizioni minime per potere godere dei propri diritti fondamentali. L’obiettivo 9, che mira a costruire un’infrastruttura resiliente, a promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile favorendo la ricerca scientifica e tecnologica, rappresenta il presupposto per garantire la crescita economica, creare posti di lavoro e promuovere il benessere

Inoltre, dovrà essere favorito l’accesso ai servizi finanziari, compresi i crediti a condizioni vantaggiose, anche alle persone che vivono in zone isolate del pianeta o alle imprese di piccole dimensioni, aiutando un’integrazione con i servizi globali su cui poggiano aziende e operatori dei Paesi più avanzati.

Se in un primo tempo l’SDG 9 era soprattutto focalizzato a ridurre il gap dei Paesi in via di sviluppo con quelli più industrializzati, l’emergere della crisi climatica, con la necessità di accelerare il processo di transizione verso un’economia a basse emissioni per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi di mantenere il riscaldamento climatico entro 1,5 gradi centigradi, ha reso necessaria una forte spinta agli investimenti in infrastrutture e innovazione anche da parte delle economie più sviluppate.

Per realizzare gli obiettivi di decarbonizzazione saranno necessari investimenti record. Secondo le stime di McKinsey capitale investito in asset fisici dovrebbe ammontare a circa 275 trilioni di dollari, pari al 7,5% del PIL globale, entro il 2050, circa 9,2 trilioni di dollari l’anno, che corrisponde a un aumento di 3,5 trilioni di dollari rispetto all’attuale livello di spesa annuale, come conseguenza del passaggio dalle attività ad alte emissioni a quelle a emissioni ridotte.

Quali sono i traguardi dell’Obiettivo 9

L’SDG 9 comprende otto traguardi, i cui progressi sono misurati da dodici indicatori. I primi cinque target puntano a risultati diretti, mentre gli altri servono a creare un contesto favorevole.

Il primo target, cioè “sviluppare infrastrutture di qualità, affidabili, sostenibili e resilienti, per sostenere lo sviluppo economico e il benessere umano, con particolare attenzione alla possibilità di accesso equo per tutti”, ha come indicatori di performance la percentuale della popolazione rurale che vive entro 2 chilometri da una strada che sia accessibile durante tutte le stagioni, oltre al volume di passeggeri e merci, per modalità di trasporto. Al secondo, che si riferisce alla promozione di un’industrializzazione inclusiva e sostenibile, sono associati l’indicatore che misura il valore aggiunto manifatturiero in proporzione al PIL e pro capite e l’occupazione manifatturiera su quella totale. 

Per misurare il terzo target, “aumentare l’accesso delle piccole imprese industriali e di altro tipo, in particolare nei paesi in via di sviluppo, ai servizi finanziari”, gli indicatori di riferimento sono la percentuale delle piccole industrie sul valore aggiunto totale dell’industria e la percentuale di piccole industrie con un debito o una linea di credito. Il target 9.4, che prevede che siano aggiornate le infrastrutture e ammodernate le industrie per renderle sostenibili entro il 2030, con una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e una maggiore adozione di tecnologie e processi industriali puliti ed ecologici, ha come indicatore l’emissione di CO2 per unità di valore aggiunto.

Il 9.5 punta a “rafforzare la ricerca scientifica, aggiornare le capacità tecnologiche dei settori industriali in tutti i Paesi, in particolare gli emergenti, includendo, entro il 2030, l’incoraggiamento dell’innovazione e l’aumento del numero di addetti alla ricerca e allo sviluppo per milione di persone e la spesa pubblica e privata per la ricerca e lo sviluppo”. Gli indicatori sono rappresentati dalle spese di ricerca e sviluppo in proporzione al PIL e i ricercatori per milione di abitanti.

Il target 9.a, che vuole facilitare lo sviluppo di infrastrutture sostenibili e resistenti nei Paesi in via di sviluppo attraverso un maggiore sostegno finanziario, tecnologico e tecnico, viene misurato monitorando il totale degli aiuti internazionali ufficiali alle infrastrutture. La percentuale del valore aggiunto dell’industria a media e alta tecnologia sul valore aggiunto totale è l’indicatore che serve per misurare il target 9.b, “sostenere lo sviluppo tecnologico interno, la ricerca e l’innovazione nei Paesi in via di sviluppo, anche assicurando un ambiente politico favorevole, tra l’altro, alla diversificazione industriale e all’aggiunta di valore ai prodotti di base”. Infine, il target 9.c, che è riferito all’aumento dell’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e alla fornitura di un accesso universale ed economico a internet nei paesi meno sviluppati entro il 2020, viene misurato tramite la percentuale di popolazione coperta da una rete mobile, in base alla tecnologia.

Gli attuali progressi dell’Obiettivo 9

Nel Mondo

Ci sono ancora molti passi in avanti da compiere per quanto riguarda infrastrutture, industrializzazione e innovazione. A oggi, per esempio, solo il 54% della popolazione mondiale ha accesso a internet, ma nei Paesi meno sviluppati la percentuale scende drasticamente, al 19%. Inoltre, il 16% della popolazione globale non dispone di reti mobili, dati che mostrano come il raggiungimento dell’obiettivo 9 ancora non sia vicino.

Fonte: The SDG Index and Dashboards 2021

Il Report dell’UNIDO (United Nations Industrial Development Organization) Statistical Indicators of Inclusive and Sustainable Industrialization, fornisce un’analisi dei progressi registrati dal 2000, cercando di comprendere quanto sia probabile che l’obiettivo venga raggiunto entro il 2030.

La pandemia globale COVID-19 ha inevitabilmente avuto un impatto immediato negativo sui progressi degli indicatori dell’SDG9, ma nel medio termine la portata delle conseguenze potrebbe stemperarsi. 

Il rapporto UNIDO evidenzia che si sta stringendo il gap tra i Paesi industrializzati e le economie emergenti. I primi continuano a dominare l’industria manifatturiera globale, ma la loro quota relativa in termini di produzione globale è gradualmente diminuita nell’ultimo decennio, scendendo al 50,5% nel 2020 dal 60,3% del 2010. La Cina, invece, ha visto una continua crescita della propria posizione, salendo al 31,7% della produzione globale. 

I Paesi in via di sviluppo hanno un potenziale considerevole da aggiungere alla produzione e al PIL globale: nel 2017, la quota globale del valore manifatturiero nel PIL aggiunto è aumentata significativamente grazie alla rapida crescita della produzione in Asia. L’industria manifatturiera rappresenta una delle principali fonti d’impiego, fornendo circa 470 milioni di posti di lavoro nel mondo – pari al 16% delle 2,9 miliardi di unità della forza lavoro. 

Guardando alla situazione dei Paesi meno sviluppati, è evidente che il progresso rimane molto diverso: mentre i Paesi asiatici sono pronti a raddoppiare la loro quota di manifattura nel PIL come richiesto dal traguardo 9.2, i Paesi africani meno sviluppati sono ancora fermi, nonostante alcune eccezioni trainate dal boom delle materie prime e dagli afflussi di capitale estero. 

Altro tema che riguarda gran parte delle economie emergenti è il ritardo nel processo di riduzione delle emissioni di CO2. L’urgenza del problema e la necessità di trovare soluzioni in tempi rapidi rendono un po’ obsoleta la dicotomia tra paesi a basso reddito per i quali la priorità è sostenere il processo di industrializzazione e quelli a medio e alto reddito che debbono focalizzarsi sulla transizione e la sostenibilità ambientale.

Sarebbe necessario un serio impegno politico a livello nazionale e sovranazionale per fornire un sostegno anche economico permettendo l’introduzione di politiche non incentrate esclusivamente sulla crescita economica, ma anche sulla trasformazione strutturale e da un uso efficiente delle fonti naturali e dell’energia per mitigare l’impatto dell’espansione della produzione sull’ambiente.

In Italia

Per quanto riguarda la performance dell’Italia, stando ai dati diffusi dall’ASviS nel Rapporto 2020 e dall’Istat nel Rapporto SDGs 2021, il Paese è peggiorato rispetto all’SDG 9. Gli aspetti più critici sono: la riduzione del valore aggiunto per abitante dell’industria manifatturiera, che nel 2020 è stata determinata dalle misure di contenimento della pandemia; nel 2019, l’intensità di R&S rispetto al PIL registrata in Italia è stata dell’1,45%, un valore ancora lontano dalla media europea che si attesta al 2,2%. Per questo è necessario intraprendere subito il cammino verso una transizione ecologica “giusta”, capace di generare nuova occupazione e sviluppo economico e sociale, ricorrendo in modo coerente alle risorse dell’Ue e a quelle nazionali per rilanciare il Paese in un’ottica di sostenibilità economica, sociale e ambientale.