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Rischi di transizione

BCE: la svolta green penalizzarà la produttività nel breve, ma fermarsi non si può

Il passaggio a un’economia green non sarà tutto rose e fiori. La fase di transizione a un modo di produrre decarbonizzato potrà infatti avere nel breve termine pesanti effetti sulla produttività delle imprese. Parola della BCE. Certo, sottolinea l’istituto centrale europeo nel report The impact of recent shocks and ongoing structural changes on euro area productivity growth, molto dipenderà da come questa trasformazione verrà attuata e attraverso quali misure di politica economica, ma l’effetto potrà arrivare a mangiarsi un terzo della crescita di produttività nei prossimi cinque anni. E peserà soprattutto sulle piccole imprese. Significa che bisogna porre un freno al green deal? Niente affatto, non è questa la conclusione di Francoforte. Anzi più le imprese sono forzate a rispettare alcuni limiti di inquinamento, sotto una regia attenta del policy maker, che per esempio punti ad agevolare le spese di ricerca e sviluppo, più si constata un aumento del numero di brevetti che costituiscono il propulsore dell’innovazione, tanto attesa per la svolta green.

“La transizione verso un’economia più verde sta modificando i prezzi relativi dei fattori produttivi e influenzando le decisioni di produzione e investimento delle imprese, con conseguenze sulla loro produttività”. Si legge nel report della BCE dove la banca, oltre ad analizzare gli effetti di pandemia e digitalizzazione, approfondisce gli impatti della transizione verso un modello economico sostenibile sulla produttività delle imprese. Tuttavia, pur avendo degli effetti negativi nel breve-medio termine, “data la necessità di adattamento dei processi produttivi, l’innovazione verde potrebbe migliorare le prospettive di produttività a lungo termine”, chiarisce da subito la BCE. 

Quello della banca europea non è dunque un monito a rallentare la transizione, ma piuttosto a osservare con attenzione tutti i suoi effetti sulla produttività economica dell’eurozona, al fine di scongiurare una transizione “disordinata” che penalizzerebbe le aziende dell’UE. L’invito della BCE ai policy maker è quindi a procedere in maniera cauta e, appunto, ordinata per migliorare sia la produttività delle imprese sia l’innovazione complessiva. “Politiche ambientali più rigorose innescheranno una nuova ondata di innovazione verde e nuove tecnologie ambientali che aumenteranno la crescita della produttività a lungo termine”, si legge a conclusione dell’analisi della banca.

Transizione verde: sfida alla produttività se “disordinata”

Una transizione che la BCE definisce “disordinata”, ovvero con aziende più inquinanti che devono affrontare costi aziendali più elevati per investire in tecnologie di mitigazione del carbonio e allo stesso tempo prezzi più alti che possono comportare un notevole aumento dei costi di produzione delle imprese meno inquinanti, ridurrebbe la produttività aggregata nel lungo termine. “Il capitale verde richiede sviluppo tecnologico e investimenti, che di per sé è un processo graduale che dipende dalla disponibilità delle risorse. Il ritmo della transizione è quindi importante”, si legge nel report. Se i prezzi del carbonio aumentano in modo graduale e prevedibile, seguendo cioè un modello di “transizione ordinata”, il capitale obsoleto può essere sostituito con nuovo capitale sostenibile una volta deprezzato. Al contrario, se lo sforzo di investimento è incerto e le politiche di transizione imprevedibili, i prezzi del carbonio dovranno aumentare drasticamente per raggiungere la neutralità del carbonio, causando perdite sostanziali di capitale, produzione e produttività a lungo termine. Quindi, secondo la BCE, la transizione non va frenata, ma va attuata in modo ordinato

I canali attraverso i quali le politiche di transizione possono avere un certo impatto sulla produttività nel breve e medio termine possono essere la riduzione della flessibilità con cui operano le imprese, o l’inefficienza delle nuove tecnologie sostenibili, o ancora gli investimenti nell’innovazione sostenibile potrebbe sottrarre risorse ad altri investimenti volti a migliorare la produttività. L’altra faccia della medaglia è però che maggiori investimenti nelle tecnologie verdi e nell’innovazione potrebbero avere un impatto positivo sulla crescita della produttività aggregata nel lungo termine

C’è un altro aspetto che la BCE sottopone all’attenzione dei lettori che non va trascurato quando si fa il bilancio degli effetti negativi e positivi della transizione: secondo la banca, infatti, potrebbe esserci un problema di misurazione nei cambiamenti osservati nella produttività aziendale. “Le tecnologie ad alta intensità di carbonio attualmente sottovalutano il loro impatto sui cambiamenti climatici nei calcoli sulla produttività. Questo perché il degrado ambientale e l’aumento del rischio di disastri legati al clima non sono inclusi come costi nei quadri contabili tradizionali. Pertanto, la tecnologia verde che evita questi costi non contabilizzati può solo apparire meno produttiva”, scrive la BCE. Allo stesso modo, il capitale introdotto esclusivamente per ridurre le emissioni di carbonio non ha un risultato misurato. Se l’abbattimento delle emissioni di carbonio viene ottenuto aggiungendo una fase (ad esempio la cattura del carbonio) al processo di produzione esistente, vi è, per definizione, la necessità di più capitale e input per raggiungere lo stesso risultato misurato. E la valutazione della produttività che si usa attualmente in base al PIL per dipendente o per ora lavorata non è in grado di cogliere i vantaggi legati all’uso e allo sviluppo della tecnologia green. 

I vantaggi delle politiche di transizione: dalla crescita della produttività delle imprese all’innovazione

Un potenziale aspetto positivo della transizione che la BCE riscontra nella ricerca è che un aumento degli investimenti in innovazioni e tecnologie verdi potrebbe incrementare la crescita della produttività nel medio e lungo termine. Questa è nota come “ipotesi di Porter”, che a seconda di come viene interpretata ha diverse accezioni. Nella versione più rigorosa, l’aumento della severità della regolamentazione ambientale incrementa la produttività complessiva, mentre in quella più “debole” una regolamentazione ambientale progettata in modo ottimale stimola l’innovazione. C’è poi una terza versione che la BCE definisce “ristretta”, che prevede che gli strumenti basati sul mercato siano più efficaci nel promuovere l’innovazione rispetto alle politiche di controllo. 

Per testare l’ipotesi di Porter, la BCE utilizza i dati a livello aziendale di sei paesi dell’area dell’euro, tra cui l’Italia (oltre a Germania, Francia, Spagna, Portogallo e Belgio). I dati mostrano che la crescita della produttività delle aziende altamente inquinanti diminuisce man mano che la politica ambientale diventa più rigorosa. Secondo la banca europea, un inasprimento della regolamentazione con una deviazione standard riduce la crescita della produttività (Total Factor Productivity, TFP) di circa un terzo in cinque anni. Tuttavia, gli impatti sono diversi a seconda del tipo di politica implementata. Le politiche di sostegno tecnologico (sussidi verdi alla ricerca e sviluppo) hanno solo un effetto negativo a breve termine in un periodo di transizione prima di stimolare la crescita della produttività. Al contrario, le politiche di mercato – ad esempio il sistema di scambio di quote di emissioni o le tasse – hanno effetti persistenti e negativi, anche se quantitativamente piccoli. “Al contrario, gli strumenti non di mercato, come i limiti alle emissioni, riducono maggiormente la crescita della TFP nell’orizzonte di cinque anni”, aggiunge la BCE.

Una caratteristica positiva delle politiche ambientali più rigorose osservata dalla banca di Francoforte è che esse aumentano la quantità di richieste di brevetti verdi da parte delle aziende inquinanti (come si vede nel grafico di seguito nella figura a). Inoltre, l’aumento degli investimenti nell’innovazione verde non esclude altri tipi di innovazioni, come dimostra l’impatto non significativo di politiche più stringenti su altre domande di brevetti non verdi (figura b). Questi risultati confermano la versione debole dell’ipotesi di Porter, secondo la quale una politica ambientale rigorosa può aumentare l’innovazione complessiva.

Cambiamento nelle richieste di brevetti verdi e non verdi da parte di aziende inquinanti dopo l’inasprimento della politica ambientale

Fonte: BCE.
Politiche di transizione e riallocazione delle risorse

La riallocazione delle risorse guidata dal clima può influenzare anche la crescita della produttività aggregata. La riallocazione sostenibile consiste nel trasferimento dell’attività economica dalle imprese più inquinanti verso quelle meno inquinanti. Il suo impatto sulla produttività aggregata dipende dalla produttività dei settori e delle imprese ad alta intensità di carbonio rispetto a quella delle loro controparti più verdi.

Inoltre, dato che l’intensità di carbonio a livello di impresa e la produttività del lavoro non sono necessariamente correlate, la riallocazione della produzione dalle imprese ad alta intensità di carbonio a quelle a bassa intensità non porta necessariamente ad un aumento della produttività. Le informazioni a livello di impresa provenienti dal sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (ETS) per il periodo 2005-2020 mostrano che nella maggior parte dei settori, le imprese più efficienti in termini di carbonio sono anche quelle più produttive. Agli attuali livelli di produttività a livello di impresa, la riallocazione della produzione verso imprese più verdi si tradurrà in un aumento della crescita della produttività del lavoro in tali settori, a parità di tutte le altre condizioni. Tuttavia, per altri settori, come quello del legno, della carta e dei metalli ferrosi, è vero il contrario e la riallocazione porterà a una riduzione della produttività (come si osserva nel riquadro a del grafico).

Riallocazione delle risorse e produttività del lavoro

Fonte: BCE. Le aziende considerate dalla BCE sono quelle incluse nell’EU ETS. I settori in cui la barra blu supera la linea gialla beneficeranno di una riallocazione guidata dal carbonio poiché le aziende a minore intensità di carbonio sono le più produttive. Per i settori che non oltrepassano la linea gialla avviene il contrario.