Scenario hot house world | ESG News

Cambiamento climatico

Da cosa è caratterizzato lo scenario hot house world e cosa significa

Il cambiamento climatico ha già un impatto sul sistema economico e finanziario globale, seppure con alcune differenze tra territorio e territorio. Banche centrali e autorità di supervisione non possono ignorarlo. Ma, per poter definire politiche efficaci e mirate, hanno bisogno di dati solidi sulle possibili conseguenze sia del riscaldamento globale in sé, sia delle normative e delle tecnologie adottate per affrontarlo. Per questo hanno unito le forze per istituire il Network for Greening the Financial System (NGFS), una rete di oltre cento banche centrali e autorità di vigilanza finanziaria impegnate sul fronte della promozione della finanza sostenibile e sul ruolo che le istituzioni bancarie devono avere nella lotta al climate change. Il NGFS, con la collaborazione del mondo accademico, ha messo a punto i cosiddetti scenari climatici: cioè proiezioni di come potrà cambiare l’economia in futuro a seconda di quanto saranno incisive le misure intraprese contro il riscaldamento globale.

Cos’è lo scenario hot house world

Nello scenario hot house world, alcuni Stati mettono in atto le proprie politiche climatiche singolarmente; nonostante ciò, gli sforzi globali nel loro insieme sono troppo deboli e non riescono quindi a rallentare il riscaldamento globale.

Risultano dunque piuttosto contenuti i cosiddetti rischi di transizione, cioè quelli dovuti per esempio alla svalutazione di asset legati ai combustibili fossili, all’evoluzione delle normative, al mutare delle preferenze dei consumatori o, ancora, alle possibili controversie legali. Viceversa, sono molto alti i rischi fisici. In questo scenario, infatti, la temperatura media globale cresce almeno di 2,6-3 gradi centigradi entro la fine del secolo, ben oltre la “soglia di sicurezza” che gli scienziati hanno identificato negli 1,5 gradi, e questo porta a impatti drastici e irreversibili, tra cui l’innalzamento del livello dei mari.

Caratteristiche dello scenario hot house world

Hot house world in realtà è la categoria che comprende due scenari più dettagliati: Nationally Determined Contributions (NDCs) prende in considerazione tutti gli obiettivi di riduzione delle emissioni presentati dagli Stati nel quadro dell’Accordo di Parigi, mentre Current Policies è più pessimista e presuppone la prosecuzione solo di quelle politiche che ad oggi sono state già implementate.

In questo secondo caso, per esempio, si stima entro il 2050 una perdita annua del prodotto interno lordo (PIL) pari al 3,1% per via delle ondate di calore, superiore al 4,2% (sempre entro il 2050) per la siccità, di oltre lo 0,6% per le inondazioni fluviali, attorno allo 0,2% per i cicloni tropicali. Tutte queste sono medie globali. Va da sé che, per esempio, Stati come l’India o l’Indonesia siano destinati a subire perdite molto più consistenti per via dei cicloni tropicali, mentre tra le principali minacce in Europa ci sono ondate di calore e siccità.

Quali sono gli altri scenari climatici della NGFS

Gli scenari climatici della NGFS, recentemente aggiornati, sono sette. Dopo aver esaminato i due compresi nella categoria hot house world, ripercorriamo brevemente gli altri.

Orderly

I tre scenari compresi nella categoria orderly sono i più ottimisti, perché ipotizzano che le politiche climatiche siano implementate prontamente per poi diventare progressivamente più stringenti. Nell’ipotesi più ambiziosa, una combinazione di innovazione tecnologica e politiche stringenti porta ad azzerare le emissioni nette entro la metà del secolo (net zero 2050). In alternativa, lo stesso obiettivo può essere raggiunto attraverso cambiamenti comportamentali che riducono i consumi di energia (low demand). Sempre tempestive e progressive, ma leggermente più blande, le politiche ipotizzate dallo scenario below 2°C, per il quale c’è il 67% di probabilità di restare entro i 2 gradi centigradi di aumento della temperatura media globale entro la fine del secolo.

Disorderly

Come si intuisce dal nome, con disorderly si intende una transizione climatica tardiva e scoordinata: nello scenario delayed transition, in particolare, le emissioni annue globali non calano fino al 2030. A quel punto, Stati e territori le introducono in modo differenziato, cosa che alla fine porta comunque a un contenimento del riscaldamento globale attorno agli 1,6 gradi, ma a fronte di rischi di transizione ben più elevati rispetto agli scenari orderly.

Too little, too late

Nello scenario fragmented world, che rientra nel quadro ribattezzato come too little, too late, ciascuno Stato agisce per conto proprio. Dove le politiche sono drastiche, i rischi di transizione si impennano. Considerato però che l’azione per il clima è efficace soltanto se è globale e coesa, i rischi fisici aumentano ovunque.

Questi scenari non vanno intesi come premonizioni, bensì come strumenti. Utilizzando i tool messi a disposizione dal Network for Greening the Financial System, si possono per esempio calcolare le possibili perdite economiche che un singolo Stato potrebbe subire da qui al 2100 in ciascuna delle condizioni considerate. Dati del genere diventano dunque un valido ausilio per le banche centrali e le altre autorità chiamate ad accertare la solidità del sistema economico e finanziario nel suo insieme