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Settore automotive

InfluenceMap: come le lobby automobilistiche minacciano la transizione ai veicoli elettrici

Le lobby del settore automobilistico stanno mettendo il bastone tra le ruote alla transizione verso i veicoli elettrici e di conseguenza ponendo a rischio gli obiettivi climatici globali. A dirlo è il think tank InfluenceMap nello studio Automakers and Climate Policy Advocacy: A Global Analysis, che combina una nuova analisi dell’impegno politico di 15 delle più grandi case automobilistiche del mondo (in termini di vendite) in sette regioni chiave, con un’altra sull’S&P Global Mobility February 2024 Light Vehicle Production Forecast, dove vengono fatte previsioni sulla produzione dei veicoli elettrici delle case automobilistiche.

InfluenceMap ha anche assegnato un voto alle 15 case automobilistiche analizzate, e 10 di loro hanno ottenuto una D o D+, il che indica che il loro sostegno alla transizione non è allineata con gli obiettivi basati sulla scienza. Toyota è quella che più contrasta il modello di elettrificazione del settore automobilistico, mentre Tesla, una delle poche nata proprio sul modello della vettura con ricarica, è la migliore con un punteggio paso a B. Anche altre case automobilistiche hanno dimostrato un impegno positivo in materia di politica climatica, tra cui Ford che si è espressa contro il Regno Unito che ritarda l’eliminazione graduale dell’ICE al 2035.

Nel report, InfluenceMap analizza 15 tra le più grandi case automobilistiche del mondo, 8 principali associazioni dell’automotive e un approfondimento sull’impegno aziendale su cinque politiche climatiche chiave in Europa, Stati Uniti e Australia. Esaminiamo di seguito i risultati principali del report.

H2: Trasporto stradale: emissioni GHG in aumento, ma calano le vendite di auto tradizionali 

I trasporti sono la terza fonte di emissioni di gas serra (GHG) a livello globale, soprattutto per quanto riguarda il settore del trasporto stradale, le cui emissioni sono aumentate del 15% dal 2010 al 2019. Nel 2022, i trasporti stradali erano responsabili del 10% delle emissioni globali di CO2 legate all’energia.  Ridurre rapidamente gli impatti climatici del settore è quindi essenziale per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi.

La necessità di decarbonizzare rapidamente il settore automobilistico ha innescato importanti sforzi normativi per promuovere veicoli a basso consumo di carburante e a zero emissioni, portando le vendite di veicoli elettrici a batteria (BEV) a livello globale dal 3% nel 2020 all’11% nel 2023. 

Al contrario, le vendite di auto con motore a combustione hanno raggiunto il picco nel 2017 e da allora sono diminuite ogni anno. Tuttavia, sottolinea InfluenceMap, per allinearsi allo scenario Net Zero Emissions entro il 2050 dell’IEA (International Energy Agency) che prevede che il 66% delle nuove vendite globali di veicoli leggeri dovrà essere di tipo elettrico entro il 2030, la quota di mercato globale dei veicoli elettrici deve continuare ad aumentare rapidamente.

A peggiorare la situazione il fatto che i veicoli con motore a combustione interna sono la tecnologia di veicoli leggeri ancora più diffusa e che i veicoli privati sono responsabili di oltre il 25% del consumo globale di petrolio (2022), soprattutto a causa della maggiore diffusione di auto più pesanti e meno efficienti come i SUV. Questi, infatti, rappresentavano il 46% delle vendite globali nel 2022, contribuendo alle emissioni con quasi 1 miliardi di tonnellate di CO2

Se si guarda al contesto europeo, osserva il think tank, si nota che auto e furgoni rappresentano il 13% delle emissioni totali di gas serra, con i trasporti che rappresentano il 29% di tutte le emissioni dell’UE nel 2022, rispetto a solo il 17% nel 1990. E le previsioni non indicano un futuro più roseo: secondo una recente ricerca, infatti, le emissioni dei trasporti rischiano di aumentare fino al 44% delle emissioni totali di gas serra dell’UE entro il 2030. Una situazione analoga si registra negli Stati Uniti, dove il settore dei trasporti è oggi quello che contribuisce maggiormente alle emissioni GHG.

Il vero problema è però che le stesse case automobilistiche contribuiscono in modo diretto e importante alla crisi climatica. Ad esempio, Toyota, la più grande casa automobilistica del mondo nel 2022, ha rivelato nel suo Sustainability Data Book del febbraio 2024 che le sue emissioni Scope 3 nel 2022 erano pari a 575 milioni di tonnellate di CO2, rendendo il gruppo potenzialmente responsabile di circa l’1,5% di tutte le emissioni globali di carbonio di quell’anno. 

H2: Normative climatiche sui veicoli leggeri

Tra il 2022 e il 2024 i leader politici globali hanno accelerato le strategie climatiche volte a decarbonizzare il settore automobilistico, con oltre 20 governi che hanno stabilito politiche di eliminazione graduale del 100% dei veicoli a combustione. Tra queste, rientra la nuova legge europea che impone che venga interrotta la produzione di motori a benzina e diesel a partire dal 2035.

H2: La strategia climatica delle case automobilistiche e delle associazioni

Analizzando l’impegno in materia di politica climatica di 15 delle maggiori case automobilistiche del mondo, InfluenceMap osserva che il mancato sostegno dell’industria automobilistica rimane un ostacolo fondamentale allo sviluppo della strategia climatica globale e all’aumento della produzione di veicoli elettrici. Le case automobilistiche considerate nel report sono BMW Group, Ford Motor, General Motors, Hyundai Motor, Honda Motor, Mazda, Mercedes-Benz Group, Nissan, Renault, Suzuki Motor, Tata Motors, Toyota Motor, Tesla e Volkswagen Group. Allo stesso tempo, il think tank analizza in questo rapporto anche le otto principali associazioni dell’automotive, anch’esse in prima linea nell’ostacolare le politiche climatiche che “colpiscono” il settore. Le associazioni in questione sono Alliance for Automotive Innovation, European Automobile Manufacturers Association, Federal Chamber of Automotive Industries, German Association of the Automotive Industry, Japan Automobile Manufacturers Association, Korea Automobile & Mobility Association, Society of Indian Automotive Manufacturers e Society of Motor Manufacturers and Traders.

Le case automobilistiche globali, sottolinea InfluenceMap, possono influenzare notevolmente le politiche climatiche necessarie per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi per il trasporto stradale e, proprio per questo, il fatto che la maggior parte di loro si oppone a questo progresso indica che c’è un forte disallineamento tra il tracciato segnato dagli scienziati per contrastare il cambiamento climatico e l’impegno di queste aziende. Dieci delle 15 case automobilistiche analizzate, infatti, rientrano in una fascia di prestazione D o D+. La Toyota, con il punteggio D, ha il punteggio più basso a causa del suo ruolo di guida dell’opposizione alle normative sul clima in più regioni. 

Nel complesso, però, nonostante le case automobilistiche, per difendere interessi economici o perché impreparate a rispondere all’aumento della domanda di veicoli elettrici, spesso si oppongano allo sforzo globale per contrastare il climate change, InfluenceMap ha anche individuato un certo sostegno agli incentivi per i veicoli elettrici. L’esempio di questa tendenza è Tesla che, con il punteggio più alto (pari a B), nel 2023-2024 ha sostenuto attivamente le norme sul clima in Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Canada e nel Regno Unito. Anche BMW e Mercedes-Benz rappresentano un esempio positivo, soprattutto in termini di produzione di veicoli elettrici.

Per quanto riguarda le associazioni dell’industria automobilistica, InfluenceMap evidenzia come siano degli strumenti di cui le aziende del settore si servono per contrastare le ambiziose norme sul clima a livello globale. Ad esempio, negli Stati Uniti, l’Alliance for Automotive Innovation si è opposta agli standard sul risparmio di carburante e sulle emissioni di gas serra per i veicoli leggeri. Tutto questo ha portato alcune società, tra cui Tesla, ma anche Polestar di Volvo Cars, ad abbandonare alcune associazioni, in questo caso la Federal Chamber of Automotive Industries.   

Infine, un’altra nota dolente riferita dal think tank, che riguarda le policy interne alle aziende analizzate, è che le informazioni fornite dalle case automobilistiche sul loro impegno in materia di politica climaticastanno migliorando ma non soddisfano ancora le aspettative degli investitori