crediti di carbonio carbonsink azione climatica | ESG News

Salone CSR

Crediti di carbonio: come usarli nella strategia di decarbonizzazione

Azzerare le emissioni prodotte da un’azienda e dalla catena del valore lungo cui opera è un compito arduo e richiede tempo. Ad oggi, anche l’impresa più virtuosa e impegnata in un percorso di decarbonizzazione concreto delle proprie attività non riesce a eliminarle del tutto. Ed è proprio in questo spazio che si inseriscono i crediti di carbonio, uno strumento che permette di compensare le emissioni inevitabili o residue, ossia quelle che un’impresa non è capace o non può ancora tagliare. Dal 2019 ad oggi, il mercato volontario dei crediti di carbonio (VCM -Voluntary Carbon Market) è cresciuto del 600% rivelandosi quindi un’opzione sempre più presa in considerazione dalle organizzazioni impegnate nel raggiungimento dei target net zero. Sono stati questi i temi al centro dell’evento Finanziamento dell’azione climatica come elemento strategico per le aziende proposto da Carbonsink, leader nel supporto all’azione climatica aziendale e del settore di crediti di carbonio, nella cornice del Salone della CSR e dell’innovazione sociale.

L’incontro, a cui hanno preso parte Stefano Di Tillo, Head of Portfolio Management and Carbon Offset Market Hera, Filippo Gavarini, Green Energy Specialist Andriani, Ilaria Mantegazza Key Account Manager Carbonsink e Silvia Mazzanti Sustainability Manager Save The Duck, è stato moderato da Alessandra Frangi, fondatrice e CEO di Esgnews, la quale ha aperto con una riflessione sull’esigenza di accelerare l’impegno delle aziende nella lotta contro il riscaldamento globale, visto il disallineamento rispetto agli accordi di Parigi.

Ma quali sono gli strumenti che le aziende possono utilizzare? La Mantegazza ha ricordato quale dovrebbe essere il piano di azione di un’azienda che intende ridurre il proprio impatto climatico. In primo luogo, è necessario misurare le proprie emissioni, poi porsi obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione e infine pianificare azioni per raggiungerli. Una volta individuate e implementate le soluzioni che permettono di percorrere la propria traiettoria verso il raggiungimento di emissioni quanto più possibile vicino allo zero, bisogna considerare le emissioni residue o non riducibili. Queste ultime possono essere compensate grazie ai crediti di carbonio, quindi al finanziamento di progetti di mitigazione al cambiamento climatico che contribuiscono a ridurre, evitare o rimuovere la quantità di emissioni ancora emanata in modo tale da evitare un aumento netto delle emissioni di GHG in atmosfera a livello globale. Saranno quindi programmi di protezione della biodiversità e delle foreste nella zona tropicale del Pianeta oppure attività di riforestazione, “l’unico strumento in questo momento per dare valore ad un albero in piedi piuttosto che abbattuto” commenta la Key Account Manager di Carbonsink. Ma riguardano anche progetti legati alla costruzione di impianti di energie rinnovabili o di sostegno a comunità locali.

Crediti di carbonio: escamotage per non intervenire direttamente sulle proprie emissioni?

Sono spesso numerose le critiche di chi teme che i crediti di carbonio possano essere un escamotage per non intervenire direttamente sulla riduzione delle proprie emissioni e quindi una mera operazione di greenwashing.  Al riguardo la Key Account Manager di Carbonsink ha citato un recente studio di Trove che testimonia, in realtà, il trend contrario: chi utilizza meccanismi di compensazione riduce di più del doppio le proprie emissioni. “È come si usa lo strumento che fa la differenza, non lo strumento in sé” dichiara Mantegazza che pone anche l’attenzione sul fenomeno opposto al greenwashing, ovvero il greenhushing: la tendenza a non comunicare i propri obiettivi per paura dello scrutinio pubblico. Quest’ultimo fenomeno è molto dannoso, in quanto la comunicazione aziendale è importantissima, sia internamente, che esternamente per stimolare la competizione e le partnership.

Hera: Carbon Credits integrati nel piano strategico aziendale

L’ingresso sul mercato dei crediti di carbonio di Hera è avvenuto nel 2018 e da subito la multiutility, seguita da Carbonsink, ha colto “le opportunità, ma anche le sfide che lo strumento presentava”. In azienda, afferma Di Tillo, c’è ampio consenso sul fatto che i carbon credits siano parte di una strategia climatica molto più ampia e per questo sono integrati nella strategia globale di gruppo che prevede moti altri progetti “removal” per raggiungere i target di riduzione al 2030 delle emissioni (-37% rispetto ai livelli del 2019).

Le iniziative intraprese da Hera, racconta l’Head of Portfolio Management and Carbon Offset, partono dalla riduzione dei consumi e dall’utilizzo dell’IA per individuare le inefficienze, e arrivano alle iniziative industriali sul territorio fino alle offerte rivolte ai clienti finali. ”Siamo stati tra i primi a proporre offerte “green” nel loro portfolio” dichiara Di Tillio, “tali offerte consentono al cliente di aver una maggiore sensibilità del proprio consumo, incentivando comportamenti virtuosi”.

Andriani: considerare l’ambiente tra gli stakeholder

Anche per Andriani, leader nella produzione di pasta gluten free che ha scommesso su prodotti naturalmente privi di glutine a favore di un’alimentazione consapevole nel cuore della Nurgia pugliese, i crediti di carbonio devono essere usati come strumento, con consapevolezza e cautela e “dovrebbero essere la ciliegina sulla torta, quasi l’ultima istanza, dopo azioni concrete di riduzione delle emissioni” commenta Gavarini. Il percorso di decarbonizzazione che Andriani ha sviluppato e implementa viene definito dal Green Energy Specialist “iterativo”. Il primo step è l’analisi e il monitoraggio della propria carbon footprint, ossia la mappatura dell’impatto dell’azienda in termini di emissioni di gas serra, che viene numericamente trasformato in tonnellate di CO2 equivalente. Il passo successivo consiste nell’implementare azioni che abbattano l’impronta di carbonio e che riguardano, in primis, l’efficientamento energetico, l’installazione di impianti di rinnovabili e l’autoproduzione di energia.

Il segreto del successo dei programmi di sostenibilità ambientale, secondo Gavarini è quello di considerare l’ambiente come uno stakeholder, in quanto anch’esso fornitore di servizi essenziali. Ed è questo un approccio che dovrebbero attuare tutti per vincere la sfida climatica globale.

Inoltre, proporre un modello di business innovativo e sostenibile significa per Andriani, passare da un sistema di produzione giusto ed equo che permette di “anticipare le aspettative dei nostri stakeholder, mettendoci alla prova da diversi punti di vista: i consumatori cercano di fare scelte sempre più sostenibili e consapevoli, perciò è necessario offrire prodotti sostenibili e il mondo a causa degli impatti del cambiamento climatico, sta cambiando e il settore agroalimentare deve mettersi al sicuro dagli eventi climatici estremi” dichiara Gavarini.

Viene alla luce quindi una visione olistica del business, perseguita anche nella scelta dei progetti di offset, community based, coerenti con la strategia aziendale: progetti allineati con i valori aziendali, come il finanziamento di stufe ad alta efficienza nei paesi africani, che permettono una riduzione di CO2 e un impatto positivo. Non bisogna dimenticare inoltre come il lavorare sulla filiera per la just transition abbia un impatto maggiore che il semplice utilizzo dei crediti.

Save The Duck: crediti di carbonio e ingaggio dei fornitori

Silvia Mazzanti di Save The Duck ha le idee chiare: un brand vegano e animal cruelty free non può non avere a cuore anche il pianeta e gli esseri umani. Il percorso di decarbonizzazione di Save The Duck è iniziato nel 2018 con l’analisi delle emissioni scope 1 e 2, fino ad arrivare negli ultimi anni a porre sempre maggiore enfasi e studio anche su quelle scope 3. La maggior parte delle emissioni della società (99%) appartengono infatti a quest’ultima categoria. “Di queste”, specifica la Mazzanti, “l’80% è dovuto a chi produce, il 19% dai consumatori che usano e indossano i capi”. Anche per Save The Duck i crediti di carbonio entrano in gioco nella strategia di decarbonizzazione lungo tutta la catena del valore in un’ottica di interdipendenza con i fornitori e quindi di coinvolgimento degli stessi.