Le big del petrolio spendono all’anno circa 750 milioni di dollari per le attività di comunicazione legate al clima. La maggior parte delle dichiarazioni pubbliche (60%) riguarda il proprio sostegno o coinvolgimento negli sforzi per la transizione del mix energetico, ma solo il 12% del CAPEX per il 2022 è dedicato ad attività a “basse emissioni di carbonio”, mentre la produzione di petrolio e gas sembra destinata ad aumentare fino al 2026 rispetto al 2021. È quanto emerge dall’indagine Big Oil’s Real Agenda on Climate Change 2022 condotta dal think tank sul clima InfluenceMap.
Lo studio ha analizzato i canali di comunicazione pubblica delle “supermajors” del petrolio ossia Shell, BP, TotalEnergies, Chevron ed ExxonMobil per individuare le affermazioni più importanti fatte dalle aziende. L’analisi ha identificato diverse strategie di messaggistica volte a sottolineare le azioni positive delle società in materia di cambiamento climatico, nonché diverse narrazioni a sostegno del ruolo del petrolio e del gas nel mix energetico.
Sulle 3.421 affermazioni del 2021 osservate su canali mediatici, siti web aziendali, social media e siti web secondari concepiti come blog o destinati a scopi di divulgazione, il 60% conteneva almeno un riferimento “green”, mentre solo il 23% promuoveva il petrolio e il gas (e un altro 23% non conteneva affermazioni pertinenti a nessuno dei due).
Nessuna delle aziende valutate ha però reso note le strategie alla base delle proprie affermazioni sulla lotta al cambiamento climatico, né tantomeno le risorse dedicate alle attività correlate. Utilizzando stime dei costi basate sul numero di addetti alla comunicazione e ai media impiegati dalle cinque big del petrolio, l’analisi di InfluenceMap evidenzia che queste spendono cumulativamente circa 750 milioni di dollari all’anno per le attività di comunicazione legate al clima. Si tratta di una stima prudente delle risorse totali destinate alle attività di PR e marketing al riguardo, poiché non include le spese di agenzie esterne per le PR, il marketing e la pubblicità.
Tanta comunicazione a favore della lotta al cambiamento climatico a cui però non corrispondono altrettanti investimenti “a basse emissioni, ma al contrario l’impegno professato e i costi per comunicarlo sembrano non essere allineati alle attività di lobbying delle company”.
L’analisi ha infatti rilevato che nessuna delle società ha allineato le proprie attività di impegno per le politiche climatiche agli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Mentre Shell, TotalEnergies e BP hanno ottenuto un punteggio C-, indicando un mix di attività di advocacy a favore e contro il clima, ExxonMobil e Chevron hanno ottenuto rispettivamente un punteggio D e D-, indicando un impegno politico prevalentemente oppositivo.
E non solo. La ricerca ha anche riscontrato che tutte le supermajor, ad eccezione di TotalEnergies, si sono impegnate direttamente con i politici per sostenere le politiche che incoraggiano lo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e di gas nel 2021-22. La ricerca ha anche trovato prove che tutte le cinque aziende, tranne Chevron, hanno esercitato pressioni sui politici per diluire le politiche incentrate sulle energie rinnovabili chiedendo l’inclusione del gas fossile.
D’altro canto le company analizzate mantengono una fitta rete di associazioni industriali a livello globale, molto attive nell’opporsi alle politiche climatiche allineate a Parigi, tra cui American Petroleum Institute (F), FuelsEurope (D), Canadian Association of Petroleum Producers (E) e Australian Petroleum Production & Exploration Association (E+).
Nel 2021-22, questa rete di associazioni industriali ha esercitato pressioni contro le politiche climatiche a livello globale, attraverso una varietà di mezzi che includono l’impegno diretto con i leader politici, l’uso dei tribunali per impedire l’azione sul clima e vaste campagne di disinformazione che si sono svolte sui social media. L’opposizione riguarda numerose politiche, tra cui la regolamentazione del metano, la determinazione del prezzo del carbonio, le politiche per promuovere l’elettrificazione dei trasporti e degli edifici e le politiche di transizione del mix energetico dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili.