Climate Change

COP27: cos’è e perché è importante

Dopo Berlino, Kyoto, Stoccolma, Rio, Bali, Parigi, Katowice e l’ultima di Glasgow, nel 2022 la COP27 è arrivata a Sharm El-Sheikh, in Egitto. Un ritorno in Africa dopo la COP 22 del 2016 in Marocco e quella del 2011 a Durban in Sud Africa. La scelta dell’Africa come Paese ospitante cade in un momento importante in cui si affronteranno diversi nodi delicati del rapporto tra le nazioni industrializzate e quelle più indietro nello sviluppo, ma che spesso subiscono le conseguenze più pesanti del cambiamento climatico.

Alla COP 27 è prevista la presenza di duecento nazioni, migliaia di delegati di governi, istituzioni internazionali e ONG, ma anche scienziati e giornalisti, che dal 6 al 18 novembre si incontreranno in Egitto per cercare di concordare su delle proposte concrete su come attuare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi (COP21) del 2015 e gli impegni della comunità internazionale per fronteggiare il cambiamento climatico. 

Cos’è la COP 27

La COP (Conferenza delle Parti) è il più importante incontro globale delle nazioni mondiali per affrontare il tema del cambiamento climatico. La prima Conferenza sull’ambiente si è tenuta nel giugno del 1992 a Rio de Janeiro, in Brasile. In quell’occasione le Nazioni Unite hanno invitato i leader presenti a firmare una convenzione sul clima che avrebbe impegnato ciascun paese a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. L’accordo approvato, denominato UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) ovvero Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, è entrato in vigore il 21 marzo 1994, è stato poi negli anni ratificato da 195 Paesi (denominati come “Parti della Convenzione”). 

L’UNFCCC è un passo fondamentale nelle negoziazioni internazionali volte a combattere i cambiamenti climatici, dato che ha contribuito al riconoscimento del problema del cambiamento climatico e delle influenze negative delle attività antropogeniche sul clima. 

Da allora ogni anno si tiene una Conferenza delle Parti (COP), tappe che hanno segnato il percorso che via via ha fissato gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, stabilendo che fossero i Paesi sviluppati a doversene occupare. Altro importante obiettivo della Convenzione è quello di supportare dal punto di vista finanziario i Paesi in via di sviluppo per la lotta al cambiamento climatico, nonché di monitorare le emissioni dei Paesi sviluppati annualmente. 

Tra le COP più significative, quella di Kyoto del 1997 e quella di Parigi del 2015 nella quale è stato raggiunto l’accordo di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto di 2ºC rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5ºC.

Perché la COP è importante 

Secondo l’ultimo rapporto dell’UNFCC, gli attuali impegni climatici fissati dai 195 Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi potrebbero portare a un riscaldamento globale di circa 2,5 gradi Celsius entro la fine del secolo rispetto ai livelli preindustriali. Tuttavia, secondo l’Accordo di Parigi, l’innalzamento delle temperature globali dovrebbe mantenersi al di sotto dei 2 gradi, possibilmente entro 1,5 gradi. 

Il rapporto, inoltre, rivela che gli attuali impegni porteranno ad un aumento delle emissioni di gas serra del 10,6% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010. Si tratta di un miglioramento rispetto alle valutazioni fatte lo scorso anno, secondo le quali i Paesi erano destinati a una crescita delle emissioni del 13,7% entro il 2030.

Tuttavia, sebbene vi sia qualche segnale positivo rispetto allo scorso anno, il rapporto mostra comunque che le emissioni non stanno seguendo il percorso di riduzione ritenuto necessario dagli scienziati per questo decennio. 

Per questo motivo, l’aumento degli impegni di decarbonizzazione dei singoli Paesi (Ndc, Nationally determined contributions) sarà uno dei temi centrali della COP 27 di Sharm el-Sheik.

I temi più importanti della COP27

I negoziati di Sharm el-Sheik seguiranno delle linee d’azione precise relative a cinque temi principali:

  • La natura: non è possibile mantenere l’obiettivo dell’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi senza intervenire per limitare la deforestazione, senza trasformare i sistemi alimentari e quelli di sfruttamento del suolo e senza proteggere gli ecosistemi oceanici. Rispetto a questo tema è molto rilevante menzionare la Conferenza delle Nazioni Unite sulla Biodiversità COP15, dove i Paesi partecipanti hanno preso degli impegni per costruire un quadro globale a tutela della biodiversità;
  • Il cibo: si tratta di un tema estremamente importante, dal momento che i sistemi globali di uso di cibo, terra e oceani rappresentano più del 12% del PIL globale e oltre il 40% dei posti di lavoro del mondo;
  • L’acqua: il cambiamento climatico sta incidendo fortemente sugli eventi estremi connessi all’acqua, come le inondazioni e la siccità. Per questo bisogna agire quanto prima per tutelare la più importante risorsa per la vita (umana e non);
  • La decarbonizzazione: la riduzione delle emissioni è uno dei temi portanti delle COP che si sono susseguite negli anni ed è estremamente rilevante per il raggiungimento degli obiettivi climatici;
  • L’adattamento climatico: mai stato così necessario, dato l’aumento degli impatti disastrosi dei cambiamenti climatici che stanno aumentando di intensità e di frequenza (si pensi alle alluvioni del Pakistan di fine agosto 2022).

I quattro obiettivi della COP27

Gli obiettivi principali che i Paesi partecipanti intendono raggiungere alla COP27 sono quattro:

  • Mitigazione: tutte le parti, soprattutto quelle in grado di “farlo e di dare l’esempio”, sono esortate a intraprendere insieme “azioni audaci e immediate” e a ridurre le emissioni per limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C;
  • Adattamento: gli eventi meteorologici estremi (ondate di calore, inondazioni e incendi) sono diventati una realtà quotidiana. Per questo, i Paesi coinvolti dovranno garantire che la COP27 compia i “progressi assolutamente necessari” verso il miglioramento della resilienza ai cambiamenti climatici. L’obiettivo globale sull’adattamento è stato uno dei risultati significativi della COP26, ma la COP27 deve essere l’occasione per compiere i progressi cruciali necessari e sollecitare tutte le parti a dimostrare la volontà politica necessaria ai progressi verso il rafforzamento della resilienza e l’assistenza alle comunità più vulnerabili;
  • Finanza: alla COP27 bisognerebbe compiere progressi significativi sulla questione cruciale dei finanziamenti per il clima, compresi i 100 miliardi di dollari all’anno promessi dai Paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo. Gli impegni e le promesse esistenti, annunciati a partire da Copenaghen e Cancun, passando per Parigi e fino a Glasgow, necessitano di un follow-up per chiarire i passi in avanti da compiere;
  • Collaborazione: Rafforzare e facilitare l’accordo nei negoziati è della massima importanza per la Presidenza della COP27 per raggiungere risultati tangibili in modo equilibrato. L’avanzamento del partenariato e della collaborazione contribuirà a realizzare i quattro obiettivi e a garantire che il mondo adotti un modello economico più resiliente e sostenibile, in cui gli esseri umani siano al centro dei colloqui sul clima. Dal momento che i negoziati delle Nazioni Unite si basano sul consenso, per raggiungere un accordo è necessaria “una partecipazione inclusiva e attiva di tutte le parti interessate”. 

Da dove si parte

“Non abbiamo ancora una roadmap credibile per gli 1,5 gradi”. E’ quanto affermato dal rappresentante del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP). C’è ancora molta strada da fare, dunque, perché, sebbene esista un accordo, non c’è ancora una chiara roadmap per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi come previsto dall’Accordo di Parigi. 

Nonostante le evidenti lacune, alcuni passi in avanti sono stati fatti alla COP26 di Glasgow del 2021, dove sono stati menzionati per la prima volta i combustibili fossili, con i Paesi partecipanti che hanno concordato i propri piani di riduzione delle emissioni di carbonio. 

Tuttavia, ad un anno dalla Conferenza di Glasgow, molti dei Paesi firmatari non hanno ancora dei piani allineati con quanto stabilito dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) per mantenere la temperatura al di sotto dei +1,5 gradi Celsius. Sembrerebbe, infatti, che al momento siano solo 24 su 195 le nazioni con piani climatici aggiornati, nonostante le promesse fatte lo scorso anno. 

Un altro tema discusso alla COP26 è quello della deforestazione, rispetto al quale 137 leader mondiali che rappresentano il 91% della copertura forestale globale si erano impegnati a fermare la perdita di foreste entro il 2030. Inoltre, un numero significativo di aziende e banche aveva promesso di realizzare catene di approvvigionamento prive di deforestazione entro il 2025, ma si tratta solo di un impegno volontario senza sanzioni in caso di mancato rispetto delle promesse.

Per quanto riguarda i finanziamenti per il clima, invece, i Paesi più ricchi hanno stabilito di fornire 100 miliardi di dollari all’anno per contribuire a finanziare la riduzione delle emissioni nei Paesi più poveri entro il 2023. Accanto a questo, i Paesi più industrializzati si sono anche impegnati a raddoppiare il livello dei finanziamenti concessi ai Paesi per aiutarli ad adattarsi al riscaldamento climatico entro il 2025, rispetto ai livelli di finanziamento del 2019. Tuttavia, è bene segnalare, che anche rispetto a questo aspetto c’è ancora molta strada da fare, dal momento che non è stato ancora raggiunto un accordo su un piano per l’erogazione di questi finanziamenti. La COP27 dovrebbe essere decisiva su questo punto, dal momento che l’argomento del sostengo finanziario rientra tra i suoi obiettivi principali. 

Chi sarà presente

L’Europa sarà decisamente presente alla COP27, con gran parte dei capi di Stato e di governo che si recheranno a Sharm el-Sheik: tra gli altri il francese Emmanuel Macron, il tedesco Olaf Scholz, lo spagnolo Pedro Sánchez e due neopresidenti, il britannico Rishi Sunak e la premier italiana Giorgia Meloni. Joe Biden Lula saranno assenti all’apertura: il primo arriverà l’11 novembre, dopo le elezioni di mid-term negli Stati Uniti, mentre il secondo giungerà nella seconda settimana. 

Ad essere fortemente presenti anche i Paesi africani, che in questa COP puntano a far valere i propri diritti, mentre, senza suscitare troppe sorprese vista l’invasione russa dell’Ucraina, Vladimir Putin non parteciperà ai negoziati. 

Tuttavia, sono altre due le assenze che suscitano preoccupazione e sgomento: quella del presidente cinese e quella di Narendra Modi, premier indiano. La scelta di Xi Jinping è indicativa dal momento che la Cina è il maggior inquinatore al mondo con 10 miliardi di tonnellate di CO2 emesse ogni anno (28% del totale). Anche l’assenza di Modi non è un segnale positivo, dato che l’India è il terzo Paese che inquina di più, con 2,6 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno e anche perché il governo di Nuova Delhi è quello che chiede il numero maggiore di finanziamenti per la lotta al cambiamento climatico. 

Previsto per la seconda settimana anche l’arrivo di Lula, neo-eletto e non ancora in carica presidente brasiliano, che ha promesso di proteggere l’Amazzonia, ribaltando le posizioni del predecessore Bolsonaro, negazionista climatico alla Trump. 

Cosa chiedono i Paesi emergenti

Sono due le questioni che stanno più a cuore ai Paesi meno sviluppati: la finanza dell’adattamento e il principio “Loss and Damage”.

Il governo egiziano ha richiesto di porre il tema della finanza climatica al centro della COP27, dal momento che per realizzare l’adattamento al cambiamento climatico i Paesi in via di sviluppo devono investire circa 340 miliardi all’anno. Alla COP15 di Copenaghen del 2009, i Paesi più ricchi si erano già impegnati a fornire alle nazioni più povere 100 miliardi di dollari all’anno, ma ancora oggi non sono stati recapitati tutti i finanziamenti promessi (i flussi destinati all’adattamento sono arrivati a 29 miliardi di dollari nel 2020 e i Paesi avanzati si sono impegnati alla COP26 a raggiungere solo 40 miliardi entro il 2025). L’urgenza di realizzare le promesse fatte per sostenere i Paesi più poveri è evidente, dato che senza queste risorse è improbabile che riescano ad andare avanti nel proprio percorso di adattamento e di lotta ai cambiamenti climatici. 

L’altro tema, quello del “Loss and Damage”, invece, riguarda l’annosa questione del compensare e pagare per i danni al clima già provocati dai Paesi industrializzati. I Paesi che oggi inquinano di più, come Cina e India (ed è forse qui che risiede la ragione della loro assenza alla Conferenza), sottolineano come i Paesi più sviluppati debbano prendersi le proprie responsabilità economiche tramite un risarcimento per l’inquinamento che hanno provocato per raggiungere il loro attuale livello di industrializzazione.

In particolare, a giugno, la Coalizione dei 55 Paesi più vulnerabili del mondo, ha calcolato di aver perso dal 2000 ad oggi almeno 525 miliardi di dollari a causa di eventi estremi. Al momento sia Stati Uniti che Europa si sono opposti all’istituzione di un fondo destinato al risarcimento dei danni, ma è da vedere se alla COP27 verranno introdotte novità a riguardo.