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McKinsey: le aziende devono adeguare la loro catena del valore per un futuro sostenibile

Le aziende di beni di consumo stanno fissando ambiziosi obiettivi di sostenibilità, ma per raggiungerli sono necessari cambiamenti lungo l’intera catena del valore, con una tabella di marcia concreta. È quanto emerge dal report “How to prepare for a sustainable future along the value chain” pubblicato da McKinsey & Company

L’emergenza legata al Covid-19 non ha eclissato la necessità di creare un’economia più sostenibile dal momento che sono sempre più frequenti le evidenze del cambiamento climatico. Per questo, lo scorso autunno i responsabili decisionali del mondo si sono incontrati a Glasgow in occasione della COP26. Anche se il dibattito si è concentrato principalmente sui principali produttori di emissioni, come l’industria energetica, dell’acciaio e delle costruzioni, anche il settore dei beni di consumo è stato chiamato in causa. 

Secondo i ricercatori di McKinsey, un’azienda non può guardare unicamente alla propria creazione di valore, ma è fondamentale intervenire anche sulla propria catena di fornitura, che genera spesso costi ambientali di gran lunga maggiori rispetto alle operazioni interne. Secondo il report, la catena di fornitura è responsabile per più dell’80% delle emissioni di gas serra e per più del 90% dell’impatto su aria, terra, acqua, biodiversità e risorse geologiche.

Per McKinsey, l’industria dei beni di consumo sta affrontando un’enorme sfida ambientale: se intende raggiungere gli attuali obiettivi climatici dell’UE, dovrà più che dimezzare dimezzare le sue emissioni di gas serra entro il 2030. Quindi, un cambiamento di pensiero è necessario, con nuovi modelli di business, soprattutto quelli relativi all’economia circolare.

Crescente pressione e crescenti opportunità

Nel Report McKinsey sottolinea che, al di là degli obiettivi climatici che sono stati fissati, i requisiti normativi per l’economia stanno diventano più rigorosi, ad esempio tramite iniziative come la “tassa sulla plastica”. Il Green Deal dell’Unione Europea, in particolare, impone che tutti gli imballaggi UE siano riutilizzati o riciclati entro il 2030. Il Piano d’azione per l’economia circolare, inoltre, prevede che i prodotti abbiano lunghi cicli di vita e che siano “riparabili” (“diritto alla riparazione”).

Tuttavia, secondo Mckinsey, la pressione non proviene solo dal fronte normativo: altri stakeholder, infatti, stanno chiedendo sempre più sostenibilità alle aziende o stabiliscono nuovi standard per pratiche commerciali sostenibili.

  • I consumatori: secondo i ricercatori, i consumatori di oggi rappresentano un altro punto di pressione, poiché non vedono più i prodotti sostenibili come una semplice alternativa, ma come un fattore che incide sulle loro scelte di acquisto. Pur non riuscendo sempre ad essere coerenti nei propri acquisti, rispetto a quanto affermano nei sondaggi, i consumatori stanno decisamente cambiando le proprie abitudini abitudini a favore di un minore impatto ambientale.
  • I lavoratori: secondo la ricerca, la sostenibilità è già uno dei criteri principali nelle scelte dei datori di lavoro sotto i 34 anni: inoltre, in tutte le fasce d’età, tre dipendenti su quattro vorrebbero che la loro azienda ponesse una maggiore enfasi sulle questioni ambientali e sociali.
  • Gli investitori: il settore finanziario è già più avanti rispetto all’economia reale in tema di sostenibilità. Secondo quanto riportato da McKinsey, un sondaggio tra i responsabili delle decisioni di più di 40 società d’investimento (tra cui BlackRock, Vanguard e State Street) mostra che una mentalità orientata all’ESG è già un elemento parte integrante delle decisioni d’investimento. Le crescenti richieste di sostenibilità derivano in parte dalla gestione del rischio degli investitori e in parte dalla crescente incidenza di prestiti legati a criteri di sostenibilità. Inoltre, i fondi orientati alla sostenibilità sono più resistenti, come dimostrano gli studi: in media, il 77% dei fondi ESG creati dieci anni fa continuano ad esistere oggi, mentre solo il 46% dei fondi tradizionali sono sopravvissuti nello stesso periodo.
  • I nuovi operatori del mercato: le start-up “verdi” stanno guadagnando sempre più quote di mercato nei segmenti dei beni di consumo, ad esempio nel mercato delle calzature, dove la start-up californiana e neozelandese Allbirds ha fatto un ingresso di successo, o nel segmento alimentare, dove i prodotti a base di proteine vegetali (tra gli altri) stanno guadagnando sempre più popolarità.

Secondo il Green Startup Monitor 2021, tre quarti delle nuove aziende fondate in Germania considerano il loro impatto ambientale e sociale come rilevanti per la loro strategia. 

Alla luce di tutto questo, quindi, secondo McKinsey c’è bisogno di una strategia di sostenibilità e, soprattutto, di una mappa per implementare la strategia in un contesto in rapida trasformazione.Ma “a che punto sono attualmente le aziende nei loro sforzi per rendere le loro operazioni più sostenibili?”, si legge nel report. Le agenzie di rating come Standard and Poor’s (S&P) cercano di rispondere a questa domanda in modo sistematico facendo riferimento ad una serie di criteri di sostenibilità. Come mostra il punteggio ESG dei principali fornitori di beni di consumo, l’industria ha una buona performance media (Figura 1). Nella dimensione sociale in particolare, il settore dei beni di consumo si sta muovendo rapidamente.

Nella figura di seguito emerge che quasi tutte le aziende di beni di consumo stanno fissando obiettivi ambiziosi in una serie di aree, dalla riduzione delle emissioni, al riciclaggio, all’approvvigionamento sostenibile e all’uso dell’acqua.

In conclusione, secondo McKinsey, la sostenibilità deve essere vista ormai come una trasformazione delle operazioni aziendali in tutta l’intera catena di fornitura. In questo contesto, sono cruciali quattro elementi: la valutazione realistica e la predisposizione di piani concreti, la governance, l’implementazione e la trasparenza.