Gubelli - Altis | ESGnews

Intervista a Stella Gubelli, ALTIS Advisory

ALTIS Advisory: il partner di riferimento per percorsi di sostenibilità di valore

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Misurabilità e coerenza con il proprio modello di business sono i due pilastri necessari per l’adozione di un solido approccio ESG. Questa è una delle indicazioni che emergono dall’intervista a ESGnews di Stella Gubelli, amministratore delegato di ALTIS Advisory, società di consulenza nata come spin-off dell’Università Cattolica e che supporta le aziende nel loro percorso di sostenibilità, con un’attività di consulenza forte del consolidato legame con il mondo accademico. 

Il processo di trasformazione delle imprese verso una dimensione più sostenibile sta vivendo una fase critica dal momento che le aziende non possono più limitarsi ad essere sostenibili (attività che richiede comunque un grande impegno), ma devono anche dimostrare di esserlo. Come? La risposta non è sempre facile e per le aziende, soprattutto quelle di minori dimensioni, la sensazione, spesso rilevata dai consulenti di ALTIS Advisory, è che si sentano accerchiate dalle richieste in termini di sostenibilità da parte di numerosi stakeholders: finanziatori, clienti, fornitori e soprattutto gli enti normativi (con la loro prolifica attività). Per contrastare questa saturazione operative, il ruolo di una società di consulenza è quello di guidare le pmi facendo in modo che la sostenibilità non sia affrontata in maniera formalistica, ma entri nel modus operandi e in qualche maniera sia metabolizzato nelle regole e policy aziendali. Obiettivo a cui mira ALTIS Advisory con lo strumento di assessment dedicato A4ESG.

Ci può descrivere il percorso di ALTIS Advisory a due anni dalla nascita?

ALTIS Advisory srl SB ha vissuto nella nuova veste di spin-off universitario due anni di grande fermento. Sotto il profilo delle attività si è ampliata l’offerta di servizi, con l’obiettivo di anticipare le emergenti richieste provenienti dal mercato. Per esempio, abbiamo potenziato l’offerta di servizi nell’ambito dell’environmental impact e verticalizzato alcuni servizi per specifici contesti settoriali.

Congiuntamente si è investito nella strutturazione di una governance in linea con le migliori prassi esistenti: l’azienda si è dotata, volontariamente, di un modello organizzativo, di gestione e controllo ex. D. Lgs 231/2001, di una procedura whistleblowing, ha aderito al Global Compact e ai Women’s Empowerment Principles, volti a promuovere una condizione paritaria per le donne nel mondo del lavoro. 

In ultimo, si è avviato il percorso di certificazione sulla parità di genere (NI PdR 125:2022) che contiamo di ottenere entro il 2024. Inoltre, ad aprile 2023 abbiamo pubblicato il nostro primo Report di impatto che, in linea con le prescrizioni normative sulla trasparenza delle società benefit, rendiconta le attività, gli output e gli impatti generati verso i principali stakeholder.

Quali sono le aree di attività che vi hanno visto maggiormente impegnati?

I progetti più numerosi riguardano il supporto alle imprese per disegnare percorsi orientati all’integrazione della sostenibilità nel modello di business, percorsi che richiedono la strutturazione di un’adeguata governance, la definizione di obiettivi di medio-lungo periodo, l’implementazione di un processo di monitoraggio e rendicontazione degli impatti generati, l’avvio e gestione di iniziative coerenti con gli scopi condivisi. Sono progetti di ampio respiro che ci consentono di porci come il partner di riferimento in tema di sostenibilità e di entrare in pieno nelle dinamiche decisionali dell’impresa. L’obiettivo non è mai “cambiare l’impresa”, ma valorizzare le sue specificità e supportarla nell’incanalare risorse ed energie verso percorsi orientati alla generazione di impatti positivi, per gli stakeholder e per il business.

La profonda esperienza maturata nella consulenza in ambito sostenibilità, ci ha consentito inoltre di qualificarci come ESG advisor per i fondi di investimento che intendono integrare la valutazione delle dimensioni sociale, ambientale e di governance nei processi di investimento. In tale contesto il nostro ruolo è di valutare il profilo di sostenibilità dell’impresa target e di proporre, di concerto con l’investitore, un piano di miglioramento di medio periodo, che sia coerente con gli obiettivi dell’investitore, ma anche fattibile e in linea con le peculiarità dell’impresa. Si tratta quindi di attività di “due diligence” che richiede altresì un approccio orientato al dialogo e al coinvolgimento delle parti interessate.

Quali sono le maggiori sfide che le aziende si trovano ad affrontare in questa fase in termini di sostenibilità?

In primis credo che la prima difficoltà degli imprenditori oggi, soprattutto di aziende di piccole e medie dimensioni, sia orientarsi nel complesso panorama di sollecitazioni provenienti da interlocutori diversi, quali il sistema bancario, il mondo degli investitori, le richieste informative dei clienti e, in ultimo, il legislatore europeo che negli ultimi anni è stato particolarmente prolifico in tema sostenibilità. L’imprenditore si sente “accerchiato” e sottoposto a pressioni che in un’analisi superficiale paiono incoerenti e disordinate.

Facendo, invece, una valutazione più approfondita, emerge un’aspettativa comune: all’impresa è richiesto di essere in grado di dimostrare di aver avviato un percorso di sostenibilità consapevole e intenzionale, quale condizione per qualificarsi come interlocutore di business affidabile.

Un grande passaggio sarà quello della trasparenza richiesta dalla CSRD. Quali saranno i punti più impegnativi da implementare per le imprese?

L’obbligo di disclosure in tema di sostenibilità, che in Italia è introdotto con il D. Lgs 125/2024, costituisce, a mio avviso, una sollecitazione straordinaria all’avvio di percorsi orientati alla gestione degli impatti sociali e ambientali e alla strutturazione di buone regole di governo in tema ESG. Rappresenta, al contempo, una sfida per le imprese coinvolte, per la maggior parte nuove a questo tipo di trasparenza. Certamente, almeno in un primo momento, la sfida più impegnativa sarà impostare sistemi di monitoraggio che consentano di estrapolare dalle diverse funzioni aziendali dati affidabili e verificabili. Questo sarà possibile solo investendo nella condivisione di una cultura orientata alla “misurabilità della sostenibilità” e nella strutturazione di sistemi di gestione interni. In un secondo step, la sfida sarà dimostrare che un percorso di miglioramento è presente, per far sì che la trasparenza in tema ESG contribuisca alla costruzione di una solida reputazione aziendale.

Un elemento fondamentale per avviare il percorso verso l’incorporazione della sostenibilità è quello di definire governance e policy. Come sta andando sotto questo fronte?

Proprio gli elementi su cui le imprese (italiane) sono più deboli! Deboli perché sino ad ora l’attenzione è stata posta, almeno per questa fascia di imprese, sull’”agire sostenibile”. Oggi l’attenzione è posta al contempo sulla dimostrabilità dell’approccio che, appunto, è conseguito dotandosi di buone regole di governo in tema di sostenibilità, (quali, ad esempio, la costituzione di un comitato di sostenibilità, l’attribuzione di una delega alla sostenibilità) e la formalizzazione di policy che definiscano le regole di gestione di specifici ambiti (ad esempio, policy in tema HR piuttosto che la politica in tema di gestione dei fornitori). Per la nostra esperienza, le imprese sono restie ad approcciare la sostenibilità in modo formalistico, perché ne percepiscono solo i costi e non i benefici. C’è da dire però che, quando le policy sono regole costruite in coerenza con l’idea di business dell’azienda e metabolizzate all’interno dell’organizzazione, sono strumenti di indirizzo realmente efficaci per essa e per gli stakeholder.

Si rivela utile per l’assessment il vostro modello A4ESG?

Il nostro assessment A4ESG nasce con l’obiettivo di costruire un modello di valutazione del profilo di sostenibilità che valorizzare le peculiarità delle imprese di piccole e medie dimensioni. Per tale ragione, l’assessment A4ESG è in grado di tracciare l’orientamento dell’impresa e valorizzare le buone prassi in essere pur non essendo l’azienda dotata di regole formali. L’assessment non restituisce solo una “pagella” (una valutazione di sintesi espressa con un punteggio da 0 a 1.000) ma, grazie alla granularità dell’analisi, anche l’indicazione di un possibile piano di miglioramento, coerente con le caratteristiche dell’impresa e con le aspettative dei principali interlocutori della stessa.