Matteo Pedrini, direttore di ALTIS Graduate School of Sustainable Management | ESG News

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Pedrini (Altis): I manager della sostenibilità devono essere promotori di cambiamento

Quello di manager della sostenibilità è un ruolo complesso, articolato, che richiede da un lato competenze tecniche verticali, dall’altro una comprensione più alta dei macro-fenomeni sociali e ambientali che avranno un impatto sul futuro dell’azienda. Il tutto affiancato da doti strategiche, di leadership e di negoziazione. Come acquisire e sviluppare nel tempo questo mix così eterogeneo di competenze, mantenendole in linea con le tante novità tecnologiche e normative? Da oltre vent’anni ALTIS, la scuola di management sostenibile dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, propone un’offerta formativa per executive articolata attorno ai temi della sostenibilità. Corsi che si articolano su quattro aree – master, corsi di formazione, workout e board induction – per andare incontro alle molteplici esigenze di un settore che sta vivendo una rapida maturazione e, quindi, richiede figure professionali specializzate che non esistevano fino a pochi anni fa. Ne abbiamo parlato con Matteo Pedrini, direttore di ALTIS Graduate School of Sustainable Management. 

Con la crescente importanza della sostenibilità per le aziende, i manager devono diventare dei game changer. Quali competenze è chiamato a sviluppare un leader aziendale per integrare la sostenibilità nelle strategie aziendali?

Chi si occupa di sostenibilità oggi è sempre più chiamato a svolgere il ruolo di agente di cambiamento all’interno delle organizzazioni in cui opera. I manager della sostenibilità devono essere promotori e facilitatori di un rapido cambiamento verso modelli di business sempre più sostenibili. Perché ciò possa avvenire è necessario che abbiano competenze nella comprensione dei macrofenomeni sociali e ambientali che caratterizzeranno il futuro delle aziende e la capacità di identificare le azioni che per un’organizzazione oggi sono necessarie per poter affrontare con successo tali cambiamenti nel tempo. A fianco di questa capacità strategica, le competenze di leadership e negoziazione sono prerequisiti importanti. Infatti, per poter intraprendere con successo un percorso di cambiamento come quello richiesto dalla sostenibilità, è sempre più necessario essere in grado di generare consenso attorno a tale cambiamento e operare per far convergere in tale direzione gli sforzi di differenti unità organizzative.

Il cambiamento non riguarda certo solo i ruoli apicali. Quali sono i profili manageriali più richiesti dalle aziende per guidare l’implementazione delle politiche di sostenibilità e ESG?

Ad oggi il mercato delle professioni degli aspetti ESG è molto vivace. Questa vivacità è legata all’improvvisa accelerazione che le politiche europee e il mondo della finanza hanno avuto negli ultimi anni. In questo momento, le aziende cercano figure di top e middle management esperte di aspetti ESG da affiancare alle figure apicali dell’azienda nella pianificazione e gestione di una transizione sostenibile. Queste figure sono poco presenti sul mercato, perché essere un top-middle manager della sostenibilità oggi significa aver investito su questi temi quando ancora erano considerati da molti come marginali e non pienamente compresi dalla maggioranza dei manager. In aggiunta, le aziende si stanno dotando di esperti in grado di portare competenze specialistiche attorno a tematiche di particolare rilievo, ad esempio la riduzione delle emissioni. Si registra quindi una crescente richiesta di figure professionali con bagagli tecnici attorno alle tematiche ambientali.

I principi di sostenibilità vengono dunque integrati in tutti i percorsi di leadership e gestione. Verso dove si sta indirizzando la specializzazione delle figure specifiche legate alla sostenibilità all’interno delle aziende?

Il fenomeno della specializzazione lavorativa attorno alla sostenibilità è attualmente ancora in fase di sviluppo. Da qualche anno si comincia a osservare una specializzazione nell’ambito delle unità organizzative dedicate alla sostenibilità prevalentemente attorno a tre figure professionali. Una prima figura è legata alla rendicontazione di sostenibilità e corrisponde allo specialista del bilancio di sostenibilità. Una seconda figura è dedicata alle tematiche sociali e alla gestione dei rating di sostenibilità. Si tratta quindi di una persona dedicata a seguire le tendenze di valutazione da parte delle società esterne rispetto agli aspetti ESG e a rispondere alle richieste di chiarimento ottenute dall’esterno. Una terza figura professionale è quella dedicata alla gestione delle tematiche ambientali e, in questo caso, si tratta di persone con un bagaglio tecnico specifico. Certamente questa tendenza alla specializzazione è un fenomeno irreversibile e potrà portare nel tempo alla nascita di nuove professioni connesse alla sostenibilità. Pensiamo ad esempio all’avvento delle tematiche legate alla diversity, equity and inclusion che ha portato in alcune aziende a identificare figure professionali dedicate, collocate nell’ambito della funzione sostenibilità.

A livello di executive education, quali percorsi formativi offrite per i professionisti con esperienza?

Da oltre vent’anni ALTIS è la scuola di management sostenibile dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con un’offerta formativa per executive articolata attorno ai temi della sostenibilità. Questa offerta si articola in quattro aree: master, corsi di formazione, workout e board induction. Tutti i master erogati da ALTIS hanno un nesso con le tematiche di sostenibilità e, con riferimento al mondo executive, segnalerei in particolare tre percorsi. Il primo è un master dedicato allo sviluppo di competenze che permettano alla sostenibilità di essere un motore di innovazione (EMIIM, Executive Master in Innovability Management). Un secondo master è dedicato allo sviluppo di competenze di management e sostenibilità nell’ambito delle aziende del terzo settore (EMTESIS, Executive Master in terzo Settore e Impresa sociale). Recentemente abbiamo lanciato in collaborazione con ALTEMS, l’alta scuola di management sanitario della nostra università, un master per lo sviluppo di figure professionali della sostenibilità all’interno delle aziende in ambito sanitario (EMASS, Master in Management per la Sostenibilità in Sanità). A fianco di questi master abbiamo dei corsi di formazione dedicati allo sviluppo delle competenze di sostenibilità proprio per i professionisti. Un primo percorso ha proprio il nome “Professione e sostenibilità”, è giunto alla ventiduesima edizione e ha formato una buona parte dei professionisti di sostenibilità in Italia. Questo è il percorso ideale per chi assume (o è interessato ad assumere) la responsabilità di sustainability manager in un’impresa. Un secondo percorso è dedicato allo sviluppo dei professionisti della sostenibilità all’interno del mondo cooperativo andando a formare la figura del “Cooperative sustainability manager”, per cui il corso assume lo stesso titolo. Abbiamo poi i cosiddetti workout, che consistono di singole giornate laboratoriali in cui i professionisti della sostenibilità possono approfondire tematiche di frontiera, confrontarsi con colleghi e rispondere alle proprie esigenze di aggiornamento. Da ultimo abbiamo le board induction, percorsi di formazione altamente concentrati che rispondo alle esigenze di sviluppo di competenze da parte dei membri dei board.

Quali sono le principali esigenze formative in ambito ESG che riscontrate tra i manager e i dirigenti nelle aziende che stanno affrontando la transizione sostenibile?

È difficile identificare quali siano le principali esigenze formative in ambito ESG perché queste variano significativamente in funzione dello stadio di integrazione della sostenibilità all’interno dell’organizzazione e delle priorità strategiche definite. Questa è la ragione per cui il portafoglio di offerta formativa di ALTIS è particolarmente articolato. Si va infatti da situazioni in cui le aziende si avvicinano per la prima volta ai temi della sostenibilità, e hanno quindi bisogno di sviluppo di competenze sia di alfabetizzazione sia di modalità di gestione della sostenibilità all’interno dell’organizzazione, sino a situazioni più evolute in cui le richieste di formazione sono strettamente tecniche e focalizzate sulle tematiche di frontiera, quali ad esempio la conduzione di un’analisi di doppia materialità, i processi di presentazione della CSDDD o ancora le modalità di misurazione degli impatti Scope 3. 

In aula incontra scettici per cui la sostenibilità è solo un mucchio di regole e non una strada per una miglior competitività?

In aula incontriamo persone che hanno differenti opinioni rispetto alla sostenibilità. Questa diversità rappresenta un concreto elemento di valore aggiunto per lo sviluppo di competenze. Persone scettiche rispetto alla dimensione competitiva della sostenibilità presentano infatti un’accentuata capacità critica che permette di avviare interessanti dialoghi e confronti all’interno del contesto d’aula. Certamente sono sempre meno coloro che reputano la sostenibilità un aspetto superfluo dell’organizzazione. Allo stesso tempo si sta prefigurando uno scenario per cui incontriamo persone che concepiscono sempre più gli aspetti sociali e ambientali come rischi che l’organizzazione deve gestire e, quindi, la sostenibilità come un impegno in compliance rispetto alle normative cogenti. Altre persone vedono nella sostenibilità un cambiamento sistemico del mercato e reputano la capacità dell’azienda di intercettare tale cambiamento sistemico come fondamentale per il successo competitivo dell’azienda nel medio lungo periodo. Non esiste una visione corretta per definizione, in quanto entrambe hanno fondamento. Ragione per cui il confronto è un elemento fondamentale per lo sviluppo di una sempre maggiore consapevolezza attorno alla sostenibilità in azienda.