UE regolamento lavoro forzato | ESGnews

Diritti del lavoratore

UE: no all’importazione dei prodotti frutto del lavoro forzato

Nel mirino della UE le aziende che utilizzano il lavoro forzato. Dalla fine dello scorso anno sono in vigore nuove misure per il controllo della catena di fornitura che impediscono l’importazione di prodotti sospetti derivati dal lavoro forzato e tra due anni saranno rafforzate.

Dal 13 dicembre 2024 è entrato in vigore il regolamento che vieta l’immissione, l’esportazione e la vendita, fisica e online, di tutti prodotti, fabbricati sul territorio UE e non, ottenuti con il lavoro formato nel mercato europeo, con provenienza da qualsiasi settore merceologico e in qualsiasi fase della produzione, fabbricazione, raccolta o estrazione.

Dal 14 dicembre 2027, le autorità degli Stati membri interverranno per l’identificazione e la rimozione dal mercato dell’Unione Europea i prodotti sospetti, con la Commissione europea che, alla luce della situazione attuale, presenterà un punto unico delle informazioni riguardanti le violazioni del divieto, con una banca dati che permette di individuare i settori e le aree geografiche più colpite dal fenomeno. Le aziende in Italia e nell’Unione Europea avranno modo di segnalare eventuali casi attraverso un punto unico istituito dalla Commissione.

Sulla base di questi dati, l’autorità competente può avviare un’indagine preliminare in caso di sospetto nella realizzazione del prodotto attraverso le informazioni e le prove raccolte, che costituiscono un sospetto fondato di violazione del divieto. Il passaggio successivo è una procedura formale nei confronti dell’operatore economico, che in caso in conferma della violazione avvierà il processo di divieto dell’immissione dei prodotti e della loro esportazione, ordinando il ritiro e lo smaltimento dei prodotti già in mercato. Il contributo delle imprese deriva, in questo senso, dalla raccolta di prove documentali che dimostrino il rispetto delle normative, tra cui l’evidenza di contratti, le certificazioni di fornitori e i report di audit per attestare la tracciabilità della filiera.

La violazione del regolamento porta inoltre le società coinvolte a danni reputazionali, in quanto verrebbero messe in discussione le pratiche di diritto fondamentale del rispetto della dignità umana e dei diritti ai lavoratori. La perdita di fiducia dei consumatori, degli investitori e dei partner commerciali sarebbe intaccata e diventerebbe irrecuperabile.

Le pratiche di previsione per evitare i rischi di coinvolgimento consistono, da parte degli operatori economici europei, di due diligence che comprendano delle politiche interne e delle linee guida che portino le migliori procedure del settore. L’obiettivo è l’identificazione preventiva del coinvolgimento del lavoro forzato durante la catena produttiva, compreso il ricollocamento delle persone vittime di lavoro forzato in condizioni migliori e favorevoli.

Gli investimenti legati alla conformazione al regolamento avranno vantaggi competitivi, in quanto ridurranno il rischio di violazione delle disposizioni previste dal regolamento e dimostrando sensibilità nei confronti dei consumatori UE rispetto alla sostenibilità, ai diritti umani e dei lavoratori.